Damaso - Daniele - Daniele Comboni - Diego - Dionigi - Domenico Guzman - Domenico Loricato - Domenico Savio - Domenico di Sora - Donato - Dorotea - Edith Stein - Edoardo - Edvige - Elena - Eleuterio Papa - Eligio - Elisabetta d'Ungheria - Elisabetta del Portogallo - Elizabeth Seton - Enrico II di Baviera - Erasmo - Ermelinda - Eucherio di Lione - Eufrasia di Costantinopoli - Eulalia - Eugenio - Eurosia - Eusebio - Eustochia - Eutichio Vescovo - Eutizio
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(Roma, 305 c.a - Roma, 384)
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(II secolo a.C.)
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Nabucodònosor re di Babilonia ordinò ad Asfenàz, capo dei suoi funzionari di corte, di condurgli giovani israeliti di stirpe reale o di famiglia nobile, senza difetti, di bell'aspetto, dotati di ogni scienza, educati, intelligenti e tali da poter stare nella reggia, per essere istruiti nella scrittura e nella lingua dei Caldei.Fra di loro vi erano alcuni Giudei: Daniele, Anania, Misaele e Azaria; Dio concesse a questi quattro giovani di conoscere e comprendere ogni scrittura e ogni sapienza e rese Daniele interprete di visioni e di sogni. Nel secondo anno del suo regno, Nabucodònosor fece un sogno e il suo animo ne fu tanto agitato da non poter più dormire. Allora il re ordinò che fossero chiamati i maghi, gli astrologi, gli incantatori e i caldei a spiegargli il sogno. Questi vennero e si presentarono al re. Rimasero però allibiti dalla sua richiesta: Non solo dovevano spiegarglielo, ma glielo dovevano anche raccontare! Da bravi ciarlatani, si rifiutarono di fare ciò che era possibile soltanto agli dèi la cui dimora è lontano dagli uomini. Per questo vennero condannati tutti a morte, e salvati da Daniele che, dopo un sogno rivelatore, si recò dal re a soddisfare la richiesta che nessuno aveva potuto esaudire: gli raccontò il sogno: "Tu stavi osservando, o re, ed ecco una statua, una statua enorme, di straordinario splendore, si ergeva davanti a te con terribile aspetto. Aveva la testa d'oro puro, il petto e le braccia d'argento, il ventre e le cosce di bronzo, le gambe di ferro e i piedi in parte di ferro e in parte di creta. Mentre stavi guardando, una pietra si staccò dal monte, ma non per mano di uomo, e andò a battere contro i piedi della statua, che erano di ferro e di argilla, e li frantumò. Allora si frantumarono anche il ferro, l'argilla, il bronzo, l'argento e l'oro e divennero come la pula sulle aie d'estate; il vento li portò via senza lasciar traccia, mentre la pietra, che aveva colpito la statua, divenne una grande montagna che riempì tutta quella regione" e gliene diede la spiegazione: "Tu o re, sei il re dei re; a te il Dio del cielo ha concesso il regno, la potenza, la forza e la gloria. A te ha concesso il dominio sui figli dell'uomo, sugli animali selvatici, sugli uccelli del cielo; tu li domini tutti: tu sei la testa d'oro. Dopo di te sorgerà un altro regno, inferiore al tuo; poi un terzo regno, quello di bronzo, che dominerà su tutta la terra. Vi sarà poi un quarto regno, duro come il ferro. Come il ferro spezza e frantuma tutto, così quel regno spezzerà e frantumerà tutto. Come hai visto, i piedi e le dita erano in parte di argilla da vasaio e in parte di ferro: ciò significa che il regno sarà diviso, ma avrà la durezza del ferro unito all'argilla. Se le dita dei piedi erano in parte di ferro e in parte di argilla, ciò significa che una parte del regno sarà forte e l'altra fragile. Il fatto d'aver visto il ferro mescolato all'argilla significa che le due parti si uniranno per via di matrimoni, ma non potranno diventare una cosa sola, come il ferro non si amalgama con l'argilla. Al tempo di questi re, il Dio del cielo farà sorgere un regno che non sarà mai distrutto e non sarà trasmesso ad altro popolo: stritolerà e annienterà tutti gli altri regni, mentre esso durerà per sempre. Questo significa quella pietra che tu hai visto staccarsi dal monte, non per mano di uomo, e che ha stritolato il ferro, il bronzo, l'argilla, l'argento e l'oro. Il Dio grande ha rivelato al re quello che avverrà da questo tempo in poi. Il sogno è vero e degna di fede ne è la spiegazione".Allora il re Nabucodònosor piegò la faccia a terra, si prostrò davanti a Daniele e ordinò che gli si offrissero sacrifici e incensi. Quindi rivolto a Daniele gli disse: "Certo, il vostro Dio è il Dio degli dèi, il Signore dei re e il rivelatore dei misteri, poiché tu hai potuto svelare questo mistero". Il re esaltò Daniele e gli fece molti preziosi regali, lo costituì governatore di tutta la provincia di Babilonia e capo di tutti i saggi di Babilonia; su richiesta di Daniele, il re fece amministratori della provincia di Babilonia, Sadràch, Mesàch e Abdènego. Daniele rimase alla corte del re. San Daniele è più conosciuto per l'episodio della "fossa dei leoni", nella quale fu gettato, uscendone indenne, e per aver spiegato il significato della scritta apparsa su un muro durante un banchetto in casa di Balthasar. Molte delle profezie da lui riferite, ammonivano il popolo troppo spesso sordo alla parola di Dio. E' santo Patrono dei minatori.
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(Limone sul Garda, 15 marzo 1831 - Khartoum, 10 ottobre 1881)
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Daniele Comboni , figlio di Luigi e Domenica, braccianti,
è unico sopravvissuto di otto fratelli.
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(San Nicolas del Puerto, ? - Alcalà de Henares, 1463)
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San Diego nacque in una terra della Diocesi di Siviglia nelle Spagna, e fin dalla sua tenera età per schivare i pericoli che s'incontrano in mezzo al mondo, si ritirò in un luogo solitario per menarvi una vita nascosta e penitente. Per imitare più da vicino il Divino Maestro vestì l'abito di Frate laico tra i Minori Osservanti di San Francesco; e riunendo in sé stesso il concentrato di tutte le virtù cristiane e religiose, benché fosse uomo semplice e illetterato, era ripieno di quella celeste sapienza, nemica della sapienza carnale e terrena, che non viene da Dio, ma dal mondo. Destinato perciò dai suoi Superiori Guardiano d'un Convento della sua Religione nelle Isole Canarie, vi esercitò in modo particolare la sua ardente carità e il suo fervido zelo, adoperandosi per la conversione di molti abitanti di quell'isola che giacevano sepolti nelle tenebre dell'infedeltà. Si distinse per l'opera di assistenza agli infermi, e per questo gli fu affidata la direzione dell' ospedale "Ara Coeli". Portatosi a Roma in occasione del Giubileo nel 1450, vi si trattenne tre mesi; e ritornato in Spagna nel Convento di Alcalà de Henares rese lo spirito al Signore, il quale si degnò e in vita e dopo morte illustrare il suo servo fedele con l’operazione di molti miracoli. Fu elevato alla gloria degli altari nel 1588. (Da Francesco Pegna)
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(Grecia ? III sec. - Roma, 26 dicembre 268)
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Dionigi o Dionisio fu Papa dal 259 al 268. Predecessore: Papa Sisto II.
Successore: Papa Felice I.
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(Calaruega, 1170 - Bologna, 1221)
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Nato da Felice e Giovanna de Aza, fu istruito da uno zio arciprete. Continuò gli studi a Palencia, quindi divenne sacerdote. Lo accolse la Cattedrale di Osma, che seguiva la Regola di sant' Agostino, dove diventò sottopriore. Nel 1203 accompagnò il vescovo di Osma in missione diplomatica in Danimarca, e non tornò più in patria. Con il conte di Montfort ed il vescovo di Tolosa, combatté gli eretici albigesi, cercando di convertirli. Fondatore dell'Ordine Religioso dei Canonici Predicatori, detti frati domenicani, nel 1206, si recò varie volte a Roma per ottenerne il riconoscimento ufficiale, e la carica di "Maestro del Sacro Palazzo". A lui si deve l'istituzione del Santo Rosario. Il 3 luglio 1234, papa Gregorio IX lo elevò alla gloria degli altari. E' il santo patrono degli astronomi.
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(X sec.)
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S. Domenico a sua insaputa fu ordinato Sacerdote a pagamento per opera dei suoi genitori; i quali con regali fatti al Vescovo ottennero che il loro figliuolo fosse promosso al Sacerdozio. Ma subito ch'egli seppe il fallo che avevano commesso i suoi genitori, n'ebbe tale orrore, che decise di non esercitare più l'uffizio di Sacerdote, e di abbandonare il secolo. Ritiratosi dunque nell'eremo, e postosi sotto la direzione d'un buon Religioso, intraprese un'austerissima maniera di vivere, e si conservò vergine, fino alla morte. Castigava la sua carne con continui digiuni, con frequenti e severe discipline, e con altre sorti di gravissime mortificazioni. S'acquistò il cognome di Loricato, perché a fine di maltrattare il suo corpo con volontarie penitenze, portò per molti anni una corazza di ferro su la nuda carne con indicibile suo dolore. Anche nell'estrema sua vecchiaia, per grazia singolare del Signore, si conservò fervente e stabile ne' suoi primi rigori per effetto dei quali essendo travagliato da gravi dolori di capo e di stomaco, terminò santamente i suoi giorni, e andò a ricevere l'eterna ricompensa. (Da S. Pier Damiani).
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(Riva di Chieri, 2 aprile 1842 - Mondonio, 9 marzo 1857)
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Domenico
Savio, nacque a Riva di Chieri il 2 aprile del 1842.
Fu il
secondo di ben dieci fratelli, figli del fabbro Carlo, e di Brigida Gaiato,
sarta. Il piccolo Domenico venne battezzato nella chiesa dell’Assunta in Riva
il giorno stesso.
Nel 1848 Domenico iniziò le scuole e nella chiesa
parrocchiale ricevette la prima Comunione aprile 1849. Proprio in tale
occasione, sintetizzò quattro propositi ben precisi: “Mi confesserò
molto sovente e farò la Comunione tutte le volte che il confessore me ne darà
il permesso. Voglio santificare i
giorni festivi. I miei amici saranno Gesù e Maria. La morte ma non peccati”.
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(Foligno, 951 - Sora, 1031)
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San Domenico di Sora, (Foligno, 951 - Sora, 22 gennaio
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(Nicomedia, 332 ca. - Arezzo, 7 agosto 362)
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Donato era originario di Nicomedia, residenza dei vari imperatori romani del tempo. La storia afferma che in tenera età, Donato venne portato a Roma dove fu educato e fatto chierico per mezzo del Sacerdote Pimenio. Durante gli studi, conobbe il suo compagno Giulio Costanzo Giuliano, fratello dell'imperatore Costantino. Divennero amici, ma Giulio, dopo essere stato fatto imperatore nel 354 d.C., rinnegò la sua fede e accusò tutti i cristiani di essere la causa della decadenza dell'impero romano. Giulio chiese la restituzione di tutti i beni che il fratello Costantino aveva elargito alla popolazione cristiana e, riaprendo i templi pagani, avviò la persecuzione contro i cristiani. Con la persecuzione Donato fu costretto a scappare da Roma rifugiandosi nella città di Arezzo, dove venne accolto dal monaco Ilariano. Donato venne subito avviato alla vita della preghiera e della penitenza facendo da portavoce della Chiesa in mezzo al popolo di Arezzo. Tra di esso compì conversioni e prodigi, come quello di far riacquistare la vista ad una cieca di nome Siriana oppure quella di liberare dal demonio il figlio del Prefetto. Un fatto importante si verificò quando un esattore delle tasse affidò il suo denaro alla moglie Eufrosina per custodirlo, ma quest'ultima, dopo aver nascosto il denaro, morì e l'esattore non riuscì più a trovarlo. Donato intervenne nel riportarne alla vita la moglie e nel recuperare il denaro smarrito. Venne nominato sacerdote dal Vescovo Satiro e, alla sua morte chiamato, dal Papa Giulio I, a sostituirlo. Nel suo operato di Vescovo si incontrano avvenimenti importanti, come la conversione di molti pagani delle campagne, i nuovi prodigi e la sua popolarità tra la gente della città di Arezzo. Durante una celebrazione eucaristica, nel momento della Comunione, irruppe nella Chiesa un gruppo di pagani che gettò a terra il calice che conteneva il vino sacro distribuito dal diacono Antimo, mandandolo in mille pezzi. Donato, dopo un intensa preghiera, si inginocchiò, raccolse tutti i pezzi del calice, e lo ricostruì. Purtroppo il calice era privo di un notevole pezzo sul fondo della coppa, ma continuava a svolgere la sua funzione di raccoglitore del sangue di Cristo. Per questo avvenimento, si convertirono alla Chiesa ben 79 pagani. Il governatore della città di Arezzo, ordinò l'arresto di Donato e del suo monaco-maestro, Ilariano. Il giorno seguente, Quadraziano, cercò di far rinnegare la fede in Cristo a Donato, ma egli non accettò e viene ripetutamente percosso con delle pietre al volto. Un mese dopo questo evento, Quadraziano fece giustiziare i due religiosi; il monaco Ilariano nella città di Ostia il 16 luglio, mentre il Vescovo di Arezzo, venne giustiziato con la decapitazione, il 7 agosto del 362 d.C. all'età di 30 anni circa. Donato venne riposto in un feretro fuori dalle mura della città. Solo al termine della costruzione della Cattedrale di Arezzo, iniziata nel 1278 e terminata solo nel 1510, il feretro di Donato venne posto nell'arcata trecentesca realizzata da Giovanni Fetti, aretino, e Betto di Francesco, fiorentino. Sintesi da: http://www.arezzoweb.it
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(Cesarea di Cappadocia, ? - morì nel 303)
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S. Dorotea Vergine Cristiana, fu presa in Cesarea di Cappadocia sua patria , e condotta a Saprizio Presidente, il quale la consegnò alle due sorelle Crista e Callista, che avevano rinnegata la propria fede per paura dei tormenti, affinché l'inducessero col loro cattivo esempio, e con le loro esortazioni a far lo stesso. Ma furono loro ad essere convertite da Dorotea, ed avendo riaffermata la loro fede furono subito martirizzate. Essendo poi la Santa a sua volta torturata, tutta allegra diceva , che presto avrebbe incontrato il suo Sposo nel Paradiso: indi rivolta al tiranno con invitta costanza, così gli disse: invano spendi tempo, mentre ti affatichi per indurmi ai tuoi voleri sacrileghi. Non sacrificherò agli idoli, perché io sono Cristiana; e non prenderò marito su questa terra, perché sono Sposa di Gesù. Essendo poi stata decapitata, mandò, benché la stagione fosse freddissima , fiori e frutti di paradiso, per mezzo di un Angelo, a Teofilo Avvocato, che glieli aveva chiesti per irriderla , mentre ella era condotta al luogo del supplizio. Veduto questo miracolo, si convertì e seguì la Santa per la strada del martirio. (Dai Bollandisti).
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(Wroclaw, 12 ottobre 1891 - Auschwitz, 9 agosto 1942)
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Edith Stein (conosciuta anche come Santa Teresa Benedetta della Croce) fu filosofa, monaca Carmelitana e martire ad Auschwitz. |
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(Islip, 1003 - Westminster, 1066)
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S. Edoardo Re d'Inghilterra supplicato dai sudditi di ammogliarsi, si sposò con S. Editta vergine, e conservando la verginità nel matrimonio, divenne padre dei poveri, e figliuolo dei Romano Pontefice, a cui fece tributario il suo regno. Portò sulle proprie spalle dal suo palazzo alla Chiesa di S. Pietro un povero storpiato , che per i meriti del pio Re recuperò la salute. Ascoltando un giorno la santa Messa, vide Gesù Cristo, che gli diede la benedizione. Non negò mai cosa, che, chiesta gli fosse per amor di S. Giovanni Evangelista suo particolare avvocato, anzi diede per elemosina allo stesso Santo, apparsogli in forma di povero pellegrino, un prezioso anello, che gli fu poi rimandato dal medesimo per mezzo di due pellegrini, con l’avviso della sua vicina morte. Egli fece sapere a tutto il regno, che s'avvicinava il fine di sua vita, per essere aiutato dalle orazioni dei buoni sudditi. Predisse con spirito profetico le grandi calamità, che sovrastavano l'Inghilterra in pena dei peccati di quei popoli. Finalmente morì vergine incontaminato: e dopo la sua morte il Signore rese illustre con ripetuti miracoli il suo sepolcro. (Da S. Falredo).
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(Moravia, date incerte: tra il 1174 e il 1243)
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S. Edvige o Edwige nacque di regia stirpe nella Moravia, e unì allo splendore della nascita una singolare innocenza e purezza di costumi. Per ubbidire al genitore acconsentì al matrimonio, che poi contrasse con Enrico Duca di Polonia e di Slesia. Era sopra modo vigilante nell'allevare i suoi figliuoli nei sentimenti della Religione; e vi riuscì con tanta felicità, che tutti furono molto affezionati al servizio di Dio. Non minore fu la sua applicazione nel regolare tutti quelli della sua corte, dalla quale bandì tutti quei vizi che purtroppo regnano in tali luoghi. Rimasta vedova, abbandonate subito le fastosità del secolo, vestì l'abito consimile a quello delle Religiose Cistercensi nel Monastero da lei fondato; senza però obbligarsi ai soliti voti, per potere più facilmente esercitare le opere di carità , e aiutare i poveri e particolarmente gli ammalati nei loro bisogni. Fra essi i suoi prediletti erano i lebbrosi, nei quali specialmente contemplava Gesù Cristo che per amore verso di noi si ricoprì della lebbra dei nostri peccati. In varie dure prove, a cui fa esposta, si conformò sempre con intrepida fortezza alla volontà dei Signore, che andò in fine a benedire in eterno nel cielo. (Dal Surio).
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(Drepanum, 255 circa - Nicomedia, 330 circa)
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(Nicolopoli, ? - Roma, 189)
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Eleuterio, Papa, all'incirca dal 175 al 189. É il primo papa riconoscibile dagli storici.
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(VIII secolo)
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S.
Eligio nacque nel distretto di Límoges nelle Gallie; ed essendo stato dai
suoi genitori affidato ad un orefice valente nella sua professione, sotto
questo bravo maestro riuscì un artefice si eccellente, che il Re Clotario II
lo prese sotto la sua protezione, e l'ammise anche alla sua più intima
confidenza. Persuaso poi lo stesso Re, che un uomo di sì gran talento,
e
di si rara probità fosse atto a cose maggiori che a lavorare metalli,
risolse di valersene per i negozi dello Stato. Ma il Santo temendo che la sua
salute spirituale corresse troppi pericoli in mezzo a questi onori, si diede a menare una
vita più devota e più umile di quanto sin allora non avesse fatto. Dopo la
morte dei Re Clotario seguitò a star con il medesimo uffizio nella corte; ma
essendo vacante il Vescovado di Nojon e di Turnè, dai Vescovi fu eletto
S.
Eligio;
il quale collocato sul candeliere della Chiesa fece risplender con maggior
copia di raggi le sue virtù, e i doni singolari di cui
il Signore l'aveva adornato. Finalmente all’età di 70 anni
licenziatosi dai suoi fratelli ecclesiastici con un tenerissimo abbraccio per andarsene
alla patria celeste, placidamente rese la sua beata anima a Dio.
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(Presburgo, 1207 - Marburgo, 17 novembre 1231)
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(Aragona, 1271 - Estremoz, 1336)
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S.
Elisabetta Regina di Portogallo
nella sua fanciullezza fu modesta, e sopra modo affezionata all’acquisto
delle cristiane virtù. Congiunta in matrimonio con Dionisio Re di Portogallo,
seppe servire perfettamente Dio senza disgustare il marito. Dotata di mirabile
attrattiva dalla natura, fu poi anche favorita dal Signore del dono di
conciliare gli animi disuniti; onde rappacificò Ferdinando Re di Castiglia
con Giacomo Re d' Aragona suo Padre; e trattò più volte, felicemente gli
accordi di pace fra il Principe Alfonso suo figliuolo, ed il Re, Padre del
giovane, suo marito. Nell' ultima infermità del medesimo, fece ogni diligenza
per curarlo nel corpo; ma vedendolo perduto, procurò con orazioni ed
elemosine di aiutarlo a ben morire. Dopo la morte di lui , volle per devozione
impiegare la sua vedovanza pellegrinando a Compostella, per visitare il
sepolcro di S. Giacomo. Vendé tutte le sue gioie e vesti preziose, per
adornare le Chiese e gli Altari. Morì questa S. Regina nel viaggio che faceva
per concludere la pace fra i due Re di Portogallo , e di Castiglia, l'uno suo
figliuolo, e l'altro suo nipote.
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(New York, 28 agosto 1774 - Emmitsburg, 4 gennaio 1821)
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Nacque da famiglia protestante e in quella religione osservava i doveri e adempiva con fervore le pratiche di pietà. |
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(Ratisbona, 972 - Roma, 1024)
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Sant’ Enrico, Figlio di Enrico Duca di Baviera, e di Gisela figlia di Corrado Re di Borgogna, fu educato con tutta la diligenza da San Volfango Vescovo di Ratisbona. Corrispose egli alla buona educazione ricevuta; e succeduto al suo genitore nel governo della Baviera, e poi eletto Re dei Romani e Imperatore, mostrò in tutta la sua vita come possano accoppiarsi con la grandezza e lo splendore del trono la Santità, e la religione. Unitosi in matrimonio con Santa Cunegonda figlia del Conte di Lussemburgo, vissero questi due SS. coniugi in un perfetto celibato. Il demonio tentò di turbare l'unione che fra di essi passava, facendo nascere dei sospetti nel cuore di Enrico verso Cunegonda; ma la santità di questa dileguò ben presto i sospetti del consorte, e deluse le insidie del nemico infernale. Fra le altre virtù del Santo Imperatore, spiccò il sommo rispetto che egli aveva per i Ministri del Santuario, nella persona dei quali venerava lo stesso Gesù Cristo: e non disdegnò un giorno di prostrarsi alla presenza di molti Vescovi dei suoi Stati adunati in un Consigio. In premio delle sue virtù il Signore lo benedisse anche nelle sue imprese, e lo chiamò in fine all'eterno regno dei cieli. (Dai Bollandisti).
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(Antiochia, ? - Formia, 303 circa)
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Sant'Erasmo nacque in Siria e fu fatto vescovo di Formia. Quando l'imperatore Diocleziano scatenò la persecuzione contro i cristiani era già vescovo e si nascose per sette anni in una caverna del monte Libano. Ritornato in città fu arrestato e condotto al tribunale del l'imperatore che con lusinghe e tormenti cercò di convincerlo ad offrire sacrifici agli dei; ma Erasmo rimase saldo nella fede e fu rinchiuso in carcere. Liberato miracolosamente, si recò nell'Illiria dove in sette anni convertì quattrocentomila persone. Arrestato ancora una volta per ordine di Massimiano, fu condotto a Sirmio dove abbatté la statua di un idolo e convertì altre quattrocentomila persone, molte delle quali furono immediatamente dopo uccise, mentre Erasmo fu torturato orribilmente. Si narra che i carnefici che lo martirizzarono estraessero dal suo corpo gli intestini utilizzando un verricello. Rinchiuso morente in carcere, fu liberato dall'Arcangelo Michele che lo condusse a Formia, dove sette giorni dopo morì serenamente. Fu molto venerato nel medioevo. Le sue spoglie riposano a Gaeta. S. Gregorio Magno alla fine del sec. VI, scrivendo al Vescovo Bacauda di Formia, attesta che il corpo del santo era conservato in quella chiesa. Nell'842, dopo che Formia era stata distrutta dai Saraceni, le sue reliquie vennero trasferite a Gaeta e nascoste in un pilastro della chiesa di S. Maria, dove furono rinvenute nel 917 dal Vescovo Bono. Fu allora che Erasmo venne proclamato Santo patrono di Formia e di Gaeta, e furono anche coniate monete con la sua effigie. E' invocato dai marinai (con il nome di S. Elmo), dalle partorienti e nei casi di malattie o dolori dello stomaco. (Dall'Enciclopedia Cattolica).
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(Lovanio, 550 - Brabante 595)
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S. Ermelinda (Linda) nacque d'illustri genitori nel Brabante; e nell'età sua più tenera ebbe in costume di fuggire la compagnia di quelle fanciulle, che conosceva dedite alle vanità del mondo. Trovava tutta la sua consolazione in trattare e parlare con Dio, al quale indirizzava spesso con gran fervore quei versetti dei Salmi, che esprimono i desideri dell'anima amante di unirsi al sommo Bene; e specialmente quello del Salmo 51. "L'anima mia ha un' ardente sete per abbeverarsi in Dio fonte viva: Oh quando mi sarà dato di comparire alla presenza del Signore!". Mossa da questi ed altri suoi pii sentimenti consacrò al Signore con voto la sua verginità, mostrandosi sempre costante contro due impuri giovani, che le tramavano insidie. Fu avvisata una notte da un Angelo del Cielo a fuggirsene sollecitamente altrove, perché uno di quei meschini aveva deciso di rapirla. Subito ella ubbidì, e portatasi in una terra detta Maldrie, ivi solitaria visse con grande austerità sino al giorno della sua morte; e dopo molti anni si compiacque Iddio di rendere illustre la sua memoria coi dono di molti e segnalati prodigi che si operarono al suo sepolcro. (Dal Surio).
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(? - Albi, 505)
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S. Eugenio fu innalzato alla Cattedra Episcopale di Cartagine nell'Africa al tempo che quelle province erano sotto il dominio dei Vandali, che professavano l'Arianesimo. Quanto le sublimi sue virtù lo resero venerabile presso i Cattolici, altrettanto gli eccitarono contro l'invidia degli Ariani, e specialmente di Ulderico Re dei Vandali; il quale perseguitando i Cattolici, particolarmente se la prese contro il S. Vescovo. Né le parole però, né i castighi usati dall'empio Re poterono mai scuotere la costanza di Eugenio; il quale con cuore di Apostolo, mentre animava i fedeli, resisteva all'empietà degli eretici. Il Signore lo volle glorificare col restituire la vista ad un cieco al solo tocco delle sue mani; ma un tal prodigio invece di persuadere della sua santità e virtù i suoi nemici, li inasprì maggiormente; onde essi vedendolo costante nella Fede, in difesa della quale si era egli protestato risoluto di perder la vita, lo cacciarono in esilio nelle Gallie, ove terminò la sua gloriosa carriera nella città d' Albi; ed il suo sepolcro fu rivelato con molti miracoli, ottenuti per sua intercessione. (Da S. Vittore Vitense).
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(Lione, 380 ca., 449 o 450)
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(Costantinopoli, ? - 412)
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(Mérida, III - IV sec.)
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S. Eulalia nacque in Mérida dì nobili genitori cristiani, e fin dall'infanzia mostrò un grande amore alla verginità, e un totale aborrimento ai giochi, agli ornamenti, e ai passatempi propri dell'età puerile. Ardeva di tanto zelo per la gloria di Dio, e tanto bramava di dar la propria vita per Gesù Cristo, che nell'età di soli 12 anni guidata da particolare impulso dello spirito di Dio fuggì di notte tempo dalla casa paterna, e andò a presentarsi animosamente al tribunale del governatore della città, rinfacciandogli il furore, col quale quegli si sforzava di far perire le anime, obbligandole a rinunziare al loro unico e vero Dio. Irritato perciò il governatore ordinò ai carnefici di straziarla con ogni genere di tormenti; ed avendole da prima lacerato con unghie di ferro i fianchi e il petto, fino a scoprire le ossa, aggiunsero a questo tormento quello delle fiaccole ardenti, che le furono applicate ai laceri fianchi, allo stomaco, e al petto; ed essendosi la fiamma attaccata ai capelli ch'erano sparsi sul collo e sulle spalle, le salì sulla faccia, ed entrandole in bocca la soffogò; e cosi la Santa riportò la gloriosa palma del martirio. (Dal Ruinart). |
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(Boemia, 864 - Spagna 880)
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Secondo la tradizione Santa
Eurosia nacque nell’anno 864 dalla nobile famiglia del duca di Boemia,
il suo nome era Dobroslava il cui equivalente greco è Eurosia; rimasta
quasi subito orfana di entrambi i genitori, venne accolta dal nuovo duca
Boriboy e dalla sua giovane moglie Ludmilla, questi la trattarono come
vera figlia e si prodigarono per il diffondersi della religione
cristiana in tutta quella regione, così anche Dobroslava venne
battezzata ed assunse il nome greco di Eurosia. Furono quelli anni di
pace e di fede e la giovane Eurosia si distinse per bontà ed altruismo,
ma purtroppo un gruppo di cechi-boeri pagani presero il potere e
costrinsero la famiglia ducale all’esilio, esilio che durò ben poco
grazie soprattutto all’opera del grande San Metodio, il duca e la sua
famiglia poterono rientrare trionfalmente in Boemia. Nell’anno 880 San
Metodio si recò a Roma da Papa Giovanni VII, questi era impegnato in un
difficile caso, trovare una degna sposa per il figlio del conte spagnolo
d’Aragona, Fortun Jimenez, era questi erede al trono di Aragona e
Navarra impegnato nella lotta contro gli invasori arabi saraceni; Il
Papa chiese aiuto a San Metodio, il quale senza dubbio alcuno indicò la
giovane principessa Eurosia, quindi ritornò in Boemia con una ambasciata
aragonese e raccolse l’accettazione del duca e di Santa Eurosia, la
quale lasciò il proposito di dedicarsi totalmente a Cristo, vedendo
nell’intervento del Papa un supremo disegno della volontà di Dio. Iniziò
così il viaggio verso la Spagna, era l’anno 880, arrivati però ai
Pirenei, era necessario valicarli per incontrare il suo sposo nella
cittadina di Jaca, tuttavia tutta questa zona subì improvvisamente una
feroce invasione di saraceni capitanati dal rinnegato Aben Lupo, questi
ucciso l’ambasciatore che doveva annunziare l’arrivo di Eurosia, e
saputo del matrimonio col principe aragonese, si mese in animo di
catturarla e trattenerla con sé. |
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(Sardegna, 283 circa - Vercelli, 371)
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Sant’ Eusebio nacque nell'Isola di Sardegna. Fu allevato dalla madre nella città di Roma, ove si era stabilita, e fu aggregato al Clero di quella Chiesa. Portatosi a Vercelli si conquistò talmente la stima e l’amore di tutti, che essendo vacante la Cattedra Episcopale di quella città fu, per unanime consenso e del Clero e del popolo, eletto a governare quella Chiesa. Fu egli il primo nell'Occidente, che unisse insieme gli esercizi della vita monastica con le funzioni clericali. Combattè generosamente in Italia per la difesa della Divinità di Gesù Cristo contro gli eretici Ariani, sostenuti dalla potenza dell'Imperatore Costanzo. Fu perciò relegato in Scitopoli nella Palestina, di cui era Vescovo un certo Patrofilo, uno dei capi dell' eresia Ariana. Soffrì da questi perfidi eretici le catene, ed altri innumerevoli mali; onde ha meritato il glorioso titolo di Martire, benché non finisse la vita di morte violenta. Nell'anno 363 ritornò alla sua Chiesa, e rimise piede in Italia, dove fu ricevuto con giubilo universale come un trionfatore. Si crede che vivesse fino all'anno 370, in cui pieno di meriti, e carico di corone se ne volò al Cielo. (Dal Tillemont).
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(Roma, IV sec.)
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S. Eustochia Vergine Romana era figlia dell'illustre S. Paola. Ella abbracciò lo stato della verginità per le esortazioni di S. Marcella, da cui fu ammaestrata nella pietà. Ma sopra tutto sommamente contribuirono alla santificazione d'Eustochia le istruzioni di S. Girolamo, suo direttore e padre spirituale. Si approfittò Eustochia degli eccellenti documenti, che non meno colla viva voce , che in iscritto insegnò ad essa il S. Dottore ; ed ebbe il coraggio di porsi sotto dei piedi tutto ciò che il mondo ha di più grande , per abbracciare una povertà generale, e menare una vita penitente, affine di conservare la sua innocenza. Seguì perciò la sua Madre S. Paola nella Palestina , e vi passò quasi 30 anni nella pratica dei consigli evangelici, sempre diretta da S. Girolamo , il quale viveva ritirato in un monastero d'uomini vicino al suo. Studiò sotto di lui la Sacra Scrittura, e divenne in questo studio eccellente. Dopo la morte della sua Madre fu obbligala ad incaricarsi della condotta del Monastero di Betlemme; ed essendo stata provata da Dio col fuoco della tribolazione, andò in cielo a ricevere la ricompensa dei suoi travagli, e della sua perseveranza. (Da S. Girolamo).
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(Theium, 512 - 5 aprile 582)
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San'Eutichio
nacque in Frigia nel 512. Fu Patriarca di Costantinopoli a due riprese, tra il 552 e il 565
e poi tra il 577 e il 582. |
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(VI sec.)
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Secondo la Passio Eutizio sarebbe stato presbitero di Ferento. Un giorno mentre stava ritornando da Faleria dopo aver celebrato la messa in onore dei morti Gratiliano e Felicissima, sarebbe stato arrestato dai soldati del tribuno Massimo al tempo dell'imperatore Claudio e, malgrado il vescovo locale Dionisio avesse voluto liberarlo, fu torturato e decapitato. Un'altra versione ci dice che Eutizio fu martirizzato sotto l'imperatore Diocleziano.
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