SantiD-E 

Damaso - Daniele - Daniele Comboni - Diego - Dionigi - Domenico GuzmanDomenico Loricato - Domenico Savio - Domenico di Sora Donato Dorotea -  

Edith Stein - Edoardo - Edvige - Elena - Eleuterio Papa - EligioElisabetta d'Ungheria  - Elisabetta del Portogallo - Elizabeth Seton - Enrico II di Baviera - Erasmo - Ermelinda - Eucherio di Lione - Eufrasia di Costantinopoli - Eulalia - Eugenio - Eurosia - Eusebio - Eustochia - Eutichio Vescovo - Eutizio

 

San Damaso Papa

(Roma, 305 c.a  - Roma, 384)

 


S. Damaso fu ammesso ancor giovanetto all'ordine di lettore tra il Clero della Chiesa di S. Lorenzo, e quivi fu allevato nella pietà e nella scienza delle divine Scritture. Dopo la morte del Papa Liberio, a cui si mantenne sempre unito, fu dalla maggiore e più sana parte del Clero e del popolo eletto per successore di lui nel Pontificato; ma la sua elezione fu turbata dall'ambizione d'un Diacono per nome Orsino, o Orsicino, il quale non potendo soffrire che a lui fosse stato preferito S. Damaso, si fece eleggere Papa da una truppa di sediziosi. Turbò qualche tempo la Chiesa questo scisma, ma ritornati all'ubbidienza del S. Pontefice quelli che avevano seguite le parti dell'Antipapa, furono da esso accolti con molta dolcezza e benignità. Si applicò quindi con ogni studio a provvedere ai bisogni della Chiesa universale e ad estirpare le eresie che infestavano il campo del Signore; e nell'anno 384, ottantesimo di sua età, andò a godere la ricompensa che Iddio ha promessa ai suoi fedeli servi nel cielo. (Dal Tillemont).

 

San Daniele

(II secolo a.C.)

 

Nabucodònosor re di Babilonia ordinò ad Asfenàz, capo dei suoi funzionari di corte, di condurgli giovani israeliti di stirpe reale o di famiglia nobile, senza difetti, di bell'aspetto, dotati di ogni scienza, educati, intelligenti e tali da poter stare nella reggia, per essere istruiti nella scrittura e nella lingua dei Caldei.Fra di loro vi erano alcuni Giudei: Daniele, Anania, Misaele e Azaria; Dio concesse a questi quattro giovani di conoscere e comprendere ogni scrittura e ogni sapienza e rese Daniele interprete di visioni e di sogni. Nel secondo anno del suo regno, Nabucodònosor fece un sogno e il suo animo ne fu tanto agitato da non poter più dormire. Allora il re ordinò che fossero chiamati i maghi, gli astrologi, gli incantatori e i caldei a spiegargli il sogno. Questi vennero e si presentarono al re. Rimasero però allibiti dalla sua richiesta: Non solo dovevano spiegarglielo, ma glielo dovevano anche raccontare! Da bravi ciarlatani, si rifiutarono di fare ciò che era possibile soltanto agli dèi la cui dimora è lontano dagli uomini. Per questo vennero condannati tutti a morte, e salvati da Daniele che, dopo un sogno rivelatore, si recò dal re a soddisfare la richiesta che nessuno aveva potuto esaudire: gli raccontò il sogno:  "Tu stavi osservando, o re, ed ecco una statua, una statua enorme, di straordinario splendore, si ergeva davanti a te con terribile aspetto. Aveva la testa d'oro puro, il petto e le braccia d'argento, il ventre e le cosce di bronzo, le gambe di ferro e i piedi in parte di ferro e in parte di creta. Mentre stavi guardando, una pietra si staccò dal monte, ma non per mano di uomo, e andò a battere contro i piedi della statua, che erano di ferro e di argilla, e li frantumò. Allora si frantumarono anche il ferro, l'argilla, il bronzo, l'argento e l'oro e divennero come la pula sulle aie d'estate; il vento li portò via senza lasciar traccia, mentre la pietra, che aveva colpito la statua, divenne una grande montagna che riempì tutta quella regione" e gliene diede la spiegazione: "Tu o re, sei il re dei re; a te il Dio del cielo ha concesso il regno, la potenza, la forza e la gloria. A te ha concesso il dominio sui figli dell'uomo, sugli animali selvatici, sugli uccelli del cielo; tu li domini tutti: tu sei la testa d'oro. Dopo di te sorgerà un altro regno, inferiore al tuo; poi un terzo regno, quello di bronzo, che dominerà su tutta la terra. Vi sarà poi un quarto regno, duro come il ferro. Come il ferro spezza e frantuma tutto, così quel regno spezzerà e frantumerà tutto. Come hai visto, i piedi e le dita erano in parte di argilla da vasaio e in parte di ferro: ciò significa che il regno sarà diviso, ma avrà la durezza del ferro unito all'argilla. Se le dita dei piedi erano in parte di ferro e in parte di argilla, ciò significa che una parte del regno sarà forte e l'altra fragile. Il fatto d'aver visto il ferro mescolato all'argilla significa che le due parti si uniranno per via di matrimoni, ma non potranno diventare una cosa sola, come il ferro non si amalgama con l'argilla. Al tempo di questi re, il Dio del cielo farà sorgere un regno che non sarà mai distrutto e non sarà trasmesso ad altro popolo: stritolerà e annienterà tutti gli altri regni, mentre esso durerà per sempre. Questo significa quella pietra che tu hai visto staccarsi dal monte, non per mano di uomo, e che ha stritolato il ferro, il bronzo, l'argilla, l'argento e l'oro. Il Dio grande ha rivelato al re quello che avverrà da questo tempo in poi. Il sogno è vero e degna di fede ne è la spiegazione".Allora il re Nabucodònosor piegò la faccia a terra, si prostrò davanti a Daniele e ordinò che gli si offrissero sacrifici e incensi. Quindi rivolto a Daniele gli disse: "Certo, il vostro Dio è il Dio degli dèi, il Signore dei re e il rivelatore dei misteri, poiché tu hai potuto svelare questo mistero". Il re esaltò Daniele e gli fece molti preziosi regali, lo costituì governatore di tutta la provincia di Babilonia e capo di tutti i saggi di Babilonia; su richiesta di Daniele, il re fece amministratori della provincia di Babilonia, Sadràch, Mesàch e Abdènego. Daniele rimase alla corte del re. San Daniele è più conosciuto per l'episodio della "fossa dei leoni", nella quale fu gettato, uscendone indenne, e per aver spiegato il significato della scritta apparsa su un muro durante un banchetto in casa di Balthasar. Molte delle profezie da lui riferite, ammonivano il popolo troppo spesso sordo alla parola di Dio. E' santo Patrono dei minatori. 

 

San Daniele Comboni

(Limone sul Garda, 15 marzo 1831 - Khartoum, 10 ottobre 1881)

 

Daniele Comboni , figlio di Luigi e Domenica, braccianti, è unico sopravvissuto di otto fratelli.
Il 20 febbraio 1843 giunge a Verona ed entra in un istituto per ragazzi con poche possibilità finanziarie, fondato da don Nicola Mazza. Fu Mazza a infondere in Comboni l’amore per l’Africa e per le missioni e proprio in questo periodo ebbe la vocazione al sacerdozio, infatti nel 1849 giura davanti a Mazza di dedicare tutta la sua vita all’africa sub-sahariana. Cinque anni dopo completa gli studi di filosofia e teologia e viene ordinato sacerdote. Nel 1857 parte per il suo primo viaggio nell’Africa centrale, con altri 5 compagni.
Rientrato da solo in Italia dal momento che i suoi compagni erano morti, non si dà per vinto ma arriva a coniare il suo motto “Nigrizia o morte”. Nel 1864 infine, ancora in Italia, a Roma, concepisce il “Piano per la rigenerazione dell’Africa”, sintetizzabile nella frase "Salvare l'Africa con l'Africa”. Comboni aveva capito che l’Africa non era una bambina che doveva solo attendere che gli altri facessero qualcosa per lei, ma aveva un’illimitata fiducia nelle capacità umane e religiose dei popoli Africani. Lo scopo era di fondare scuole in luoghi con clima agevole sia per europei che per africani, dove formare medici, insegnanti, preti e suore africani.
Il primo giugno 1867 fondò un istituto di missionari che poi prenderanno il nome di Comboniani e nel 1872 un istituto di suore. Nel 1870 partecipa al Concilio Vaticano I, dove presenta una petizione a favore dell'evangelizzazione dell'Africa Centrale (Postulatum pro Nigris Africæ Centralis). Nel 1872 il papa decise di affidare ai Comboniani la missione dell’Africa centrale e nel '77 diventò vescovo di quella zona. Combattè contro la schiavitù fino alla morte, avvenuta nel 1881, a soli 50 anni.
È stato canonizzato da Giovanni Paolo II il 5 ottobre 2003. Viene commemorato il 10 ottobre.
(Da Wikipedia, l'enciclopedia libera).

 

San Diego

(San Nicolas del Puerto, ? - Alcalà de Henares, 1463)

 

San Diego nacque in una terra della Diocesi di Siviglia nelle Spagna, e fin dalla sua tenera età per schivare i pericoli che s'incontrano in mezzo al mondo, si ritirò in un luogo solitario per menarvi una vita nascosta e penitente. Per imitare più da vicino il Divino Maestro vestì l'abito di Frate laico tra i Minori Osservanti di San Francesco; e riunendo in sé stesso il concentrato di tutte le virtù cristiane e religiose, benché fosse uomo semplice e illetterato, era ripieno di quella celeste sapienza, nemica della sapienza carnale e terrena, che non viene da Dio, ma dal mondo. Destinato perciò dai suoi Superiori Guardiano d'un Convento della sua Religione nelle Isole Canarie, vi esercitò in modo particolare la sua ardente carità e il suo fervido zelo,  adoperandosi per la conversione di molti abitanti di quell'isola che giacevano sepolti nelle tenebre dell'infedeltà. Si distinse per l'opera di assistenza agli infermi, e per questo gli fu affidata la direzione dell' ospedale "Ara Coeli". Portatosi a Roma in occasione del Giubileo nel 1450, vi si trattenne tre mesi; e ritornato in Spagna nel Convento di Alcalà de Henares rese lo spirito al Signore, il quale si degnò e in vita e dopo morte illustrare il suo servo fedele con l’operazione di molti miracoli. Fu elevato alla gloria degli altari nel 1588.  (Da Francesco Pegna) 

 

San Dionigi

(Grecia ? III sec. - Roma,  26 dicembre 268)

 

 

Dionigi o Dionisio fu Papa dal 259 al 268. Predecessore: Papa Sisto II.  Successore: Papa Felice I. 
Potrebbe essere nato in Grecia, ma la notizia non è stata verificata. A Dionigi, che venne eletto Papa nel 259 dopo le persecuzioni dell'Imperatore Valeriano I, toccò il compito di riorganizzare la chiesa romana, che era caduta in grave disordine. Alle proteste di alcuni fedeli di Alessandria d'Egitto, egli chiese al vescovo di tale città, anch'egli chiamato Dionigi, spiegazioni riguardanti la sua dottrina.
Papa Dionigi inviò grosse quantità di denaro alle chiese della Cappadocia, che erano state devastate dai saccheggiatori Goti, per ricostruirle e per pagare il riscatto di coloro i quali erano tenuti in ostaggio. Portò ordine nella chiesa e procurò la pace dopo che l'Imperatore Gallieno emanò l'editto di tolleranza. Dionigi è il primo Papa a non essere indicato come martire. Morì il 26 dicembre 268.   
(Da Wikipedia, l'enciclopedia libera).

 

San Domenico Guzman

(Calaruega, 1170 - Bologna, 1221) 

 

 

Nato da Felice e Giovanna de Aza, fu istruito da uno zio arciprete. Continuò gli studi a Palencia, quindi divenne sacerdote. Lo accolse la Cattedrale di Osma, che seguiva la Regola di sant' Agostino, dove diventò sottopriore. Nel 1203 accompagnò il vescovo di Osma in missione diplomatica in Danimarca, e non tornò più in patria. Con il conte di Montfort ed il vescovo di Tolosa, combatté gli eretici albigesi, cercando di convertirli. Fondatore dell'Ordine Religioso dei Canonici Predicatori, detti frati domenicani, nel 1206, si recò varie volte a Roma per ottenerne il riconoscimento ufficiale, e la carica di "Maestro del Sacro Palazzo". A lui si deve l'istituzione del Santo Rosario. Il 3 luglio 1234, papa Gregorio IX lo elevò alla gloria degli altari. E' il santo patrono degli astronomi.

 

San Domenico Loricato

(X sec.)

 


S. Domenico a sua insaputa fu ordinato Sacerdote a pagamento per opera dei suoi genitori; i quali con regali fatti al Vescovo ottennero che il loro figliuolo fosse promosso al Sacerdozio. Ma subito ch'egli seppe il fallo che avevano commesso i suoi genitori, n'ebbe tale orrore, che decise di non esercitare più l'uffizio di Sacerdote, e di abbandonare il secolo. Ritiratosi dunque nell'eremo, e postosi sotto la direzione d'un buon Religioso, intraprese un'austerissima maniera di vivere, e si conservò vergine, fino alla morte. Castigava la sua carne con continui digiuni, con frequenti e severe discipline, e con altre sorti di gravissime mortificazioni. S'acquistò il cognome di Loricato, perché a fine di maltrattare il suo corpo con volontarie penitenze, portò per molti anni una corazza di ferro su la nuda carne con indicibile suo dolore. Anche nell'estrema sua vecchiaia, per grazia singolare del Signore, si conservò fervente e stabile ne' suoi primi rigori per effetto dei quali essendo travagliato da gravi dolori di capo e di stomaco, terminò santamente i suoi giorni, e andò a ricevere l'eterna ricompensa.  (Da S. Pier Damiani).

 

San Domenico Savio

(Riva di Chieri, 2 aprile 1842 - Mondonio, 9 marzo 1857)

 

Domenico Savio, nacque a Riva di Chieri il 2 aprile del 1842. Fu il secondo di ben dieci fratelli, figli del fabbro Carlo, e di Brigida Gaiato, sarta. Il piccolo Domenico venne battezzato nella chiesa dell’Assunta in Riva il giorno stesso. Nel 1848 Domenico iniziò le scuole e nella chiesa parrocchiale ricevette la prima Comunione aprile 1849. Proprio in tale occasione,  sintetizzò quattro propositi ben precisi: “Mi confesserò molto sovente e farò la Comunione tutte le volte che il confessore me ne darà il permesso. Voglio santificare i giorni festivi. I miei amici saranno Gesù e Maria. La morte ma non peccati”.
 A dieci anni, per evitare la punizione ad un suo compagno di scuola, si attribuì la colpa per una trasgressione non commessa, giustificando con queste parole il suo gesto al maestro: «Quel mio compagno, dati i precedenti, sarebbe stato cacciato di scuola. io invece potevo sperare nel perdono». A dodici anni pregò Don Bosco di accoglierlo come suo allievo nel collegio di Torino, per compiere i suoi studi secondari. Don Bosco lo accettò con entusiasmo, avendo subito capito che quel ragazzo aveva “ buona stoffa per confezionare un bell’abito al Signore ”.   Egli studiava e lavorava con molto impegno e tanta gioia, imitando il suo Maestro Don Bosco, il quale realizzava in Domenico la più completa attuazione del suo metodo pedagogico: il metodo preventivo.      Un giorno Domenico disse a Don Bosco: « Se non mi faccio santo, nella mia vita non avrò realizzato un bel niente. Ma che ci vuole per diventarlo? ».  E Don Bosco prontamente rispose: « Più coraggio che anni ». Una volta si portò fra due ragazzi che si tiravano pietre e disse: «La prima pietra tiratela a me».   Egli avrebbe voluto farsi sacerdote e seguire l’esempio del suo Maestro – Don Bosco – nell’insegnamento e nella guida dei giovani, ma la cattiva salute lo colpì tanto presto che dovette lasciare il collegio di Torino, per tornare a casa sua e morirvi, a soli 15 anni. Ai compagni che lo salutavano alla partenza per il suo paese, disse:   «Ci rivedremo dove saremo per sempre col Signore». Domenica Savio visse nella pienezza della grazia di Dio, da perfetto cristiano. Egli rappresenta, oggi più che mai, un perfetto modello da imitare, cui dovrebbero ispirarsi tutti i giovani studenti. È tutt’altro che difficile capire questo modello di comportamento: compiere con gioia il proprio dovere, amare ed aiutare il prossimo con tutte le proprie forze e non commettere mai peccati. Tutto qua! Un ragazzo di soli 15 anni difficilmente avrebbe potuto elaborare grandi strumenti filosofici! Del resto anche il testamento spirituale di Don Bosco non richiede grandi sforzi mentali per essere compreso. Come sempre, le cose semplici sono quelle più vere e più efficaci. Presagendo la morte imminente,
il 9 marzo 1857, Domenico chiese al padre di recitare con lui le ultime preghiere. Poi gli rivolse l’ultimo saluto: «Addio caro papà: il prevosto aveva ancora qualcos'altro da dirmi; io non posso più ricordarmi... Oh, che bella cosa io vedo mai! ». Dichiarato eroe delle virtù cristiane il 9 luglio 1933, il venerabile pontefice Pio XII  beatificò Domenico Savio il 5 marzo 1950 e, in seguito al riconoscimento di altri due miracoli avvenuti per sua intercessione, lo canonizzò il 12 giugno 1954. Domenico, quasi quindicenne, divenne così il più giovane santo cattolico non martire. E’ patrono dei pueri cantores, nonché dei chierichetti, entrambe mansioni liturgiche che svolse attivamente. Altrettanto nota è la sua speciale protezione nei confronti delle gestanti, tramite il segno del cosiddetto “abitino”, in ricordo del miracolo con cui il santo salvò la vita di una sua sorellina che doveva nascere.

 

San Domenico di Sora 

(Foligno, 951 - Sora, 1031)

 

San Domenico di Sora, (Foligno, 951 - Sora, 22 gennaio 
1031) abate benedettino, fu un riformatore della vita monastica a cavallo tra X e XI secolo. Nacque a Foligno nel 951 e fu affidato sin da bimbo ai monaci di San Silvestro. Poi divenne benedettino e sacerdote desiderando condurre una vita eremitica, ma dovunque andasse accorreva molta gente. Così si spostò in diversi luoghi, fondando vari monasteri. Edificò il primo monastero di San Salvatore su un monte presso Scandriglia (Rieti) e ne divenne abate. Poi in Abruzzo San Pietro del Lago e San Pietro di Avellana. A Trisulti, presso Collepardo (Frosinone), fondò il cenobio di San Bartolomeo. Grazie a una donazione del conte Pietro Rainerio, signore di Sora, fondò il monastero che porta il suo nome dove morì nel 1031 e dove è sepolto. Dopo la sua morte si verificarono molti miracoli, per cui egli è invocato contro la febbre e l'idrofobia, contro la grandine e le tempeste, contro i morsi dei serpenti (per aver trasformato dei pesci in rettili, allo scopo di mettere alla prova i confratelli).Venerato a Sora e nel Frusinate. A Cocullo (L'Aquila), dove vi è uno dei monasteri che egli fece edificare, la statua è portata in processione coperta di rettili.

 

San Donato

(Nicomedia, 332 ca. - Arezzo, 7 agosto 362)

 

Donato era originario di Nicomedia, residenza dei vari imperatori romani del tempo. La storia afferma che in tenera età, Donato venne portato a Roma dove fu educato e fatto chierico per mezzo del Sacerdote Pimenio. Durante gli studi, conobbe il suo compagno Giulio Costanzo Giuliano, fratello dell'imperatore Costantino. Divennero amici, ma Giulio, dopo essere stato fatto imperatore nel 354 d.C., rinnegò la sua fede e accusò tutti i cristiani di essere la causa della decadenza dell'impero romano. Giulio chiese la restituzione di tutti i beni che il fratello Costantino aveva elargito alla popolazione cristiana e, riaprendo i templi pagani, avviò la persecuzione contro i cristiani. Con la persecuzione Donato fu costretto a scappare da Roma rifugiandosi nella città di Arezzo, dove venne accolto dal monaco Ilariano. Donato venne subito avviato alla vita della preghiera e della penitenza facendo da portavoce della Chiesa in mezzo al popolo di Arezzo. Tra di esso compì conversioni e prodigi, come quello di far riacquistare la vista ad una cieca di nome Siriana oppure quella di liberare dal demonio il figlio del Prefetto. Un fatto importante si verificò quando un esattore delle tasse affidò il suo denaro alla moglie Eufrosina per custodirlo, ma quest'ultima, dopo aver nascosto il denaro, morì e l'esattore non riuscì più a trovarlo. Donato intervenne nel riportarne alla vita la moglie e nel recuperare il denaro smarrito. Venne nominato sacerdote dal Vescovo Satiro e, alla sua morte chiamato, dal Papa Giulio I, a sostituirlo. Nel suo operato di Vescovo si incontrano avvenimenti importanti, come la conversione di molti pagani delle campagne, i nuovi prodigi e la sua popolarità tra la gente della città di Arezzo. Durante una celebrazione eucaristica, nel momento della Comunione, irruppe nella Chiesa un gruppo di pagani che gettò a terra il calice che conteneva il vino sacro distribuito dal diacono Antimo, mandandolo in mille pezzi. Donato, dopo un intensa preghiera, si inginocchiò, raccolse tutti i pezzi del calice, e lo ricostruì. Purtroppo il calice era privo di un notevole pezzo sul fondo della coppa, ma continuava a svolgere la sua funzione di raccoglitore del sangue di Cristo. Per questo avvenimento, si convertirono alla Chiesa ben 79 pagani. Il governatore della città di Arezzo, ordinò l'arresto di Donato e del suo monaco-maestro, Ilariano. Il giorno seguente, Quadraziano, cercò di far rinnegare la fede in Cristo a Donato, ma egli non accettò e viene ripetutamente percosso con delle pietre al volto. Un mese dopo questo evento, Quadraziano fece giustiziare i due religiosi; il monaco Ilariano nella città di Ostia il 16 luglio, mentre il Vescovo di Arezzo, venne giustiziato con la decapitazione, il 7 agosto del 362 d.C. all'età di 30 anni circa. Donato venne riposto in un feretro fuori dalle mura della città. Solo al termine della costruzione della Cattedrale di Arezzo, iniziata nel 1278 e terminata solo nel 1510, il feretro di Donato venne posto nell'arcata trecentesca realizzata da Giovanni Fetti, aretino, e Betto di Francesco, fiorentino. Sintesi da: http://www.arezzoweb.it 

 

Santa Dorotea

(Cesarea di Cappadocia, ? - morì nel 303)

 

S. Dorotea Vergine Cristiana, fu presa in Cesarea di Cappadocia sua patria , e condotta a Saprizio Presidente, il quale la consegnò alle due sorelle Crista e Callista, che avevano rinnegata la propria fede per paura dei tormenti, affinché l'inducessero col loro cattivo esempio, e con le loro esortazioni a far lo stesso. Ma furono loro ad essere convertite da Dorotea, ed avendo riaffermata la loro fede furono subito martirizzate. Essendo poi la Santa a sua volta torturata, tutta allegra diceva , che presto avrebbe incontrato il suo Sposo nel Paradiso: indi rivolta al tiranno con invitta costanza, così gli disse: invano spendi tempo, mentre ti affatichi per indurmi ai tuoi voleri sacrileghi. Non sacrificherò agli idoli, perché io sono Cristiana; e non prenderò marito su questa terra, perché sono Sposa di Gesù. Essendo poi stata decapitata, mandò, benché la stagione fosse freddissima , fiori e frutti di paradiso, per mezzo di un Angelo, a Teofilo Avvocato, che glieli aveva chiesti per irriderla , mentre ella era condotta al luogo del supplizio. Veduto questo miracolo, si convertì  e seguì la Santa per la strada del martirio.   (Dai Bollandisti).

 

Santa Edith Stein

 (Wroclaw, 12 ottobre 1891 - Auschwitz, 9 agosto 1942)

 

Edith Stein (conosciuta anche come Santa Teresa Benedetta della Croce) fu filosofa, monaca Carmelitana e martire ad Auschwitz.
Edith nacque a Breslavia (allora città Tedesca, oggi città polacca di Wroclaw), ultima di 11 figli in una famiglia Ebraica ortodossa. Dopo essere entrata nell'ordine carmelitano prese il nome di Teresa Benedetta della Croce e fu canonizzata con questo nome nel 1998, da Papa Giovanni Paolo II.
Nel 1904 rinunciò alla sua fede e divenne atea. Studiò tedesco, filosofia, psicologia e storia alle università di Breslavia, Gottinga e Friburgo. All'Università di Gottinga divenne studente di Edmund Husserl e lo seguì come assistente all'Università di Friburgo. Nel 1916 ottenne il dottorato in filosofia con una dissertazione sotto la guida di Husserl Zum Problem der Einfühlung ("Sul Problema dell'Empatia"), dopodiché divenne membro della facoltà a Friburgo.
Nonostante avesse già avuto contatti con il cattolicesimo, fu solo dopo aver letto l'autobiografia della mistica Santa Teresa d'Avila, durante una vacanza nel 1921, che si convertì. Battezzata il 1 gennaio 1922 a Bad Bergzabern rinunciò al suo posto di assistente di Husserl per andare ad insegnare presso una scuola Domenicana per ragazze a Speyer (1922-1932). Durante questo periodo tradusse il De veritate di San Tommaso d'Aquino in tedesco e familiarizzò con il pensiero filosofico cattolico in generale. Nel 1932 divenne lettore all'Istituto di Pedagogia a Münster, ma le leggi razziali del governo nazista la obbligarono a dimettersi nel 1933.
Il 12 aprile 1933, alcune settimane dopo l'insediamento di Hitler al cancellierato, Edith Stein trova l'ardire di scrivere a Roma per chiedere a Papa Pio XI e al suo segretario di Stato - il cardinale Pacelli, vecchio nunzio apostolico in Germania e futuro Papa Pio XII - di non tacere più e di denunciare le prime persecuzioni contro gli ebrei.
Entrò nel convento Carmelitano a Colonia nel 1934 e prese il nome di Teresa Benedetta della Croce. Lì scrisse il suo libro metafisico Endliches und ewiges Sein ("Essere finito ed infinito") che tenta di combinare le filosofie di Tommaso d'Aquino e Husserl. Per fuggire alla minaccia Nazista, il suo ordine la trasferì al convento Carmelitano di Echt nei Paesi Bassi. Lì scrisse la Kreuzeswissenschaft. Studie über Johannes vom Kreuz ("La Scienza della Croce: Studio su Giovanni della Croce").
Putroppo non era al sicuro neanche in Olanda: la conferenza dei vescovi olandesi il 20 luglio 1942 fece leggere in tutte le chiese del paese un proclama contro il razzismo nazista. In risposta il 26 luglio Adolf Hitler ordinò l'arresto dei convertiti ebraici (che fino a quel momento erano stati risparmiati). Edith e sua sorella Rosa, pure lei convertita, furono catturate e trasportate al campo di concentramento di Auschwitz, dove furono uccise nelle camere a gas il 9 agosto 1942.
Edith Stein fu la prima martire cattolica di origine ebraica ad essere canonizzata. Il 1 maggio 1987 fu beatificata e l'11 ottobre 1998 santificata da Papa Giovanni Paolo II e nominata compatrona d'Europa.
(Da Wikipedia, l'enciclopedia libera).

Sant'Edoardo

  (Islip, 1003 - Westminster, 1066)

 

 

 

 

 

S. Edoardo Re d'Inghilterra supplicato dai sudditi di ammogliarsi, si sposò con S. Editta vergine, e conservando la verginità nel matrimonio, divenne padre dei poveri, e figliuolo dei Romano Pontefice, a cui fece tributario il suo regno. Portò sulle proprie spalle dal suo palazzo alla Chiesa di S. Pietro un povero storpiato , che per i meriti del pio Re recuperò la salute. Ascoltando un giorno la santa Messa, vide Gesù Cristo, che gli diede la benedizione. Non negò mai cosa, che, chiesta gli fosse per amor di S. Giovanni Evangelista suo particolare avvocato, anzi diede per elemosina allo stesso Santo, apparsogli in forma di povero pellegrino, un prezioso anello, che gli fu poi rimandato dal medesimo per mezzo di due pellegrini, con l’avviso della sua vicina morte.  Egli fece sapere a tutto il regno, che s'avvicinava il fine di sua vita, per essere aiutato dalle orazioni dei buoni sudditi. Predisse con spirito profetico le grandi calamità, che sovrastavano l'Inghilterra in pena dei peccati di quei popoli. Finalmente morì vergine incontaminato: e dopo la sua morte il Signore rese illustre con ripetuti miracoli il suo sepolcro.   (Da S. Falredo).

 

Santa Edvige

(Moravia, date incerte: tra il 1174 e il 1243)

 

 

S. Edvige o Edwige nacque di regia stirpe nella Moravia, e unì allo splendore della nascita una singolare  innocenza e purezza di costumi. Per ubbidire al genitore acconsentì al matrimonio, che poi contrasse con Enrico Duca di Polonia e di Slesia. Era sopra modo vigilante nell'allevare i suoi figliuoli nei sentimenti della Religione; e vi riuscì con tanta felicità, che tutti furono molto affezionati al servizio di Dio. Non minore fu la sua applicazione nel regolare tutti quelli della sua corte, dalla quale bandì tutti quei vizi che purtroppo regnano in tali luoghi. Rimasta vedova, abbandonate subito le fastosità del secolo, vestì l'abito consimile a quello delle Religiose Cistercensi nel Monastero da lei fondato; senza però obbligarsi ai soliti voti, per potere più facilmente esercitare le opere di carità , e aiutare i poveri e particolarmente gli ammalati nei loro bisogni. Fra essi i suoi prediletti erano i lebbrosi, nei quali specialmente contemplava Gesù Cristo che per amore verso di noi si ricoprì della lebbra dei nostri peccati. In varie dure prove, a cui fa esposta, si conformò sempre con intrepida fortezza alla volontà dei Signore, che andò in fine a benedire in eterno nel cielo.  (Dal Surio)

 

Sant' Elena

(Drepanum,  255 circa - Nicomedia, 330 circa)

 


L'imperatore Adriano aveva fatto costruire dei templi pagani sul Calvario e sul S. Sepolcro, perché i Cristiani dimenticassero le sacre memorie di quei luoghi. L'imperatore Costantino, suo successore, promulgò l'Editto di Tolleranza che consentiva il culto del Vero Dio, fece abbattere quei templi e, al loro posto, fece innalzare di nuovo Templi Cristiani. Risale a quel periodo il viaggio in Terrasanta di Elena, anziana madre di Costantino, che Costanzo Cloro aveva preso come concubina per la sua straordinaria bellezza ma in seguito ripudiata. Elena era nata nel 250 a Drepanum in Bitinia da una famiglia di modesta condizione. Dopo il ripudio era rimasta in disparte fino a quando il figlio Costantino (che aveva per lei la massima considerazione) non aveva assunto il comando dell'impero, richiamandola a corte con tutti gli onori. Secondo la tradizione (l'episodio è citato da S. Ambrogio nel De obitu Theodosii) le si deve il ritrovamento della Croce dove Gesù patì il supplizio, ed anche dei tre chiodi che vennero utilizzati. Sempre secondo la tradizione, il Vescovo Macario di Gerusalemme ottenne la resurrezione di un giovane sfiorandone il corpo con un pezzo di quella Croce. Elena morì a circa 80 anni, assistita dal figlio, verso il 330 a Nicomedia. Il suo corpo venne trasferito subito a Roma.
Sant' Elena è la santa patrona di Pesaro e Ascoli Piceno, venerata con culto speciale anche in Germania, a Colonia, Treviri, Bonn e ad Elna in Francia; è protettrice dei fabbricanti di chiodi e spilli, nonché dei tintori; ed è invocata nella ricerca degli oggetti smarriti, contro le bufere, l'epilessia, il fuoco e i tumori.

 

Sant'Eleuterio Papa

(Nicolopoli, ? - Roma, 189)

 

Eleuterio, Papa, all'incirca dal 175 al 189. É il primo papa riconoscibile dagli storici.
Il suo nome in greco significa "uomo libero", qualcuno dice che si riferisce al fatto che si trattasse di uno schiavo liberato, ma la tradizione ci riferisce soltanto che era un diacono della chiesa di Roma.
Sant'Ireneo di Lione verso il 177 accompagna alcuni vescovi di Lione a Roma per discutere con Eleuterio, riguardo al montanismo, successivamente anche il vescovo Abercius di Hierapolis in Frigia si reca a Roma per discutere dello stesso problema.
A lui si allude nelle lettere dei martiri di Lione, citate da Eusebio, e in altri documenti dell'epoca. Il Liber Pontificalis, all'inizio del VI secolo, dice che tenne una corrispondenza con un re britannico, Lucio, che era desideroso di essere convertito alla Cristianità. Beda copiò questo racconto nella sua Storia Ecclesiastica, che lo rese popolare. Questa tradizione - romana, non britannica - non sembra avere fondamento storico.  
(Da Wikipedia, l'enciclopedia libera).

 

Sant'Eligio

  (VIII secolo)

 

S. Eligio nacque nel distretto di Límoges nelle Gallie; ed essendo stato dai suoi genitori affidato ad un orefice valente nella sua professione, sotto questo bravo maestro riuscì un artefice si eccellente, che il Re Clotario II lo prese sotto la sua protezione, e l'ammise anche alla sua più intima confidenza. Persuaso poi lo stesso Re, che un uomo di sì gran talento, e di si rara probità fosse atto a cose maggiori che a lavorare metalli, risolse di valersene per i negozi dello Stato. Ma il Santo temendo che la sua salute spirituale  corresse troppi pericoli in mezzo a questi onori, si diede a menare una vita più devota e più umile di quanto sin allora non avesse fatto. Dopo la morte dei Re Clotario seguitò a star con il medesimo uffizio nella corte; ma essendo vacante il Vescovado di Nojon e di Turnè, dai Vescovi fu eletto S. Eligio; il quale collocato sul candeliere della Chiesa fece risplender con maggior copia di raggi le sue virtù, e i doni singolari di  cui  il Signore l'aveva adornato. Finalmente all’età di 70 anni licenziatosi dai suoi fratelli ecclesiastici con un tenerissimo abbraccio per andarsene alla patria celeste, placidamente rese la sua beata anima a Dio.   (Da S. Audoeno).

 

Santa Elisabetta d'Ungheria 

(Presburgo, 1207 - Marburgo, 17 novembre 1231)

 


S. Elisabetta fu figliuola d'Andrea Re d'Ungheria; ed appena nata fu promessa in sposa al Principe Ludovico figliuolo primogenito d'Ermanno Langravio di Turingia.che era ancora fanciullo. Giunta all'età di 4 anni fu portata nella corte del medesimo Langravio; ed ivi aborrendo le gale e gli abbigliamenti superflui, ebbe una particolare inclinazione alla pietà. Allorché andava alla Chiesa portando in testa una corona d'oro arricchita di gemme, nell'entrare se la levava, né se la rimetteva se non dopo che n'era uscita. Celebrate le nozze, la principale sua cura fu di santificare l'anima con l'esercizio delle opere buone; e per le profuse limosine che faceva, fu chiamata Madre dei poveri. Provò sommo dispiacere per la morte del suo marito Ludovico; ma si rassegnò al volere divino. Soffrì anche con pazienza gli strapazzi del Principe Enrico suo cognato. Fallo voto di castità prese l'abito del terz'Ordine di S. Francesco; e finalmente piena di meriti rese  la sua beata anima a Dio. La sua santità fu attestata dal Signore con tanti miracoli, che Papa Gregorio IX la canonizzò appena 4 anni dopo la sua morte.  (Da Giacomo Montano).

Santa Elisabetta Regina

  (Aragona, 1271 - Estremoz, 1336)

 

S. Elisabetta Regina di Portogallo nella sua fanciullezza fu modesta, e sopra modo affezionata all’acquisto delle cristiane virtù. Congiunta in matrimonio con Dionisio Re di Portogallo, seppe servire perfettamente Dio senza disgustare il marito. Dotata di mirabile attrattiva dalla natura, fu poi anche favorita dal Signore del dono di conciliare gli animi disuniti; onde rappacificò Ferdinando Re di Castiglia con Giacomo Re d' Aragona suo Padre; e trattò più volte, felicemente gli accordi di pace fra il Principe Alfonso suo figliuolo, ed il Re, Padre del giovane, suo marito. Nell' ultima infermità del medesimo, fece ogni diligenza per curarlo nel corpo; ma vedendolo perduto, procurò con orazioni ed elemosine di aiutarlo a ben morire. Dopo la morte di lui , volle per devozione impiegare la sua vedovanza pellegrinando a Compostella, per visitare il sepolcro di S. Giacomo. Vendé tutte le sue gioie e vesti preziose, per adornare le Chiese e gli Altari. Morì questa S. Regina nel viaggio che faceva per concludere la pace fra i due Re di Portogallo , e di Castiglia, l'uno suo figliuolo, e l'altro suo nipote.   (Dai Bollandisti).

 

Santa Elizabeth Seton

(New York, 28 agosto 1774 - Emmitsburg, 4 gennaio 1821)

 

Nacque da famiglia protestante e in quella religione osservava i doveri e adempiva con fervore le pratiche di pietà.
Sposatasi con Guglielmo Magee Seton, ricco commerciante della sua città, divenne madre di cinque figli che educò con grande spirito religioso. E mentre attendeva alla cura della famiglia, trovò tempo per interessarsi dei poveri, con frequenti visite e fraterna assistenza.
Nel novembre 1803 salpò al porto di Livorno, col marito affetto da problemi polmonari sperando di trovare guarigione nel salubre clima labronico. E fu ospite di una famiglia amica, i signori Filicchi, nobili non solo per censo, ma specialmente per profonde virtù cristiane.
Purtroppo la salute sperata non venne. Il marito, trattenuto al suo arrivo nel Lazzeretto di S. lacopo a motivo della epidemia da “febbre Gialla” del porto di New York, morì nell’ospedale di Pisa il seguente 27 dicembre; e fu sepolto a Livorno, dove rimane ancora, nel Cimitero Anglicano in via Giuseppe Verdi.
Giunsero invece per Elisabetta i primi richiami della Provvidenza, che avevano posto su di lei grandi disegni di salvezza.
I Filicchi, gradatamente e con grande rispetto, intessevano con lei dialoghi religiosi e pregarono molto per la sua conversione.
L’esempio della profonda fede indusse Elisabetta a dissipare dalla sua mente tutte le avversioni preconcette di cui era imbevuta.
Volle accompagnarli spesso nella vicina chiesa di S. Caterina; e nella basilica di Montenero ebbe come una rivelazione circa la presenza reale di Gesù nell’Eucarestia, di cui poi scrisse: «M’inginocchiai in terra dinanzi all’altare».
Tornata negli Stati Uniti, dopo un non breve travaglio spirituale, in forma ufficiale dichiarò di staccarsi dal protestantesimo e di voler entrare nella chiesa cattolica. Era il 14 marzo 1805.
Giunse al cattolicesimo però non attraverso la rinnegazione del passato, ma piuttosto come mèta provvidenziale di studio, di preghiera, di esercizio di carità a cui la preparava tutto l’orientamento della sua vita precedente.
Ma le lotte si fecero più serrate. I suoi la combatterono e la isolarono, eccetto pochi.
La Comunione le dava forza e consolazione. Per poter vivere lei e le figlie, aprì una piccola scuola, e poté sempre contare sugli aiuti finanziari che i Filicchi le facevano giungere da Livorno.
Il Signore intanto intesseva per lei un disegno più grande. Il suppliziano Padre Giovanni Enrico Hebart la chiamò a Baltimora con altre sue amiche per aprire una Scuola Femminile Cattolica. Fu il primo nucleo dell’Istituto Religioso «Figlie della Carità di S. Giuseppe» da lei fondato ad Emmitsburg nel 1809 con l’approvazione dell’Arcivescovo di Baltimora Giovanni Carroll.
Il 4 gennaio 1821 chiuse la sua vita terrena. Giovanni XXIII la riconobbe tra i beati il 18 dicembre 1959.
Paolo VI l’ha proclamata Santa il 14 settembre 1975. (Fonte: http://www.comune.livorno.it
   )

Sant’ Enrico II di Baviera  

  (Ratisbona, 972 - Roma, 1024)

 

 

Sant’ Enrico, Figlio di Enrico Duca di Baviera, e di Gisela figlia di Corrado Re di Borgogna, fu educato con tutta la diligenza da San Volfango Vescovo di Ratisbona. Corrispose egli alla buona educazione ricevuta; e succeduto al suo genitore nel governo della Baviera, e poi eletto Re dei Romani e Imperatore, mostrò in tutta la sua vita come possano accoppiarsi con la grandezza e lo splendore del trono la Santità, e la religione. Unitosi in matrimonio con Santa Cunegonda figlia del Conte di Lussemburgo, vissero questi due SS. coniugi in un perfetto celibato. Il demonio tentò di turbare l'unione che fra di essi passava, facendo nascere dei sospetti nel cuore di Enrico verso Cunegonda; ma la santità di questa dileguò ben presto i sospetti del consorte, e deluse le insidie del nemico infernale. Fra le altre virtù del Santo Imperatore, spiccò il sommo rispetto che egli aveva per i Ministri del Santuario, nella persona dei quali venerava lo stesso Gesù Cristo: e non disdegnò un giorno di prostrarsi alla presenza di molti Vescovi dei suoi Stati adunati in un Consigio. In premio delle sue virtù il Signore lo benedisse anche nelle sue imprese, e lo chiamò in fine all'eterno regno dei cieli.   (Dai Bollandisti).

 

Sant' Erasmo

(Antiochia, ? - Formia, 303 circa)

 

Sant'Erasmo nacque in Siria e fu fatto vescovo di Formia. Quando l'imperatore Diocleziano scatenò la persecuzione contro i cristiani era già vescovo e si nascose per sette anni in una caverna del monte Libano. Ritornato in città fu arrestato e condotto al tribunale del l'imperatore che con lusinghe e tormenti cercò di convincerlo ad offrire sacrifici agli dei; ma Erasmo rimase saldo nella fede e fu rinchiuso in carcere. Liberato miracolosamente, si recò nell'Illiria dove in sette anni convertì quattrocentomila persone. Arrestato ancora una volta per ordine di Massimiano, fu condotto a Sirmio dove abbatté la statua di un idolo e convertì altre quattrocentomila persone,  molte delle quali furono immediatamente dopo uccise, mentre Erasmo fu torturato orribilmente. Si narra che i carnefici che lo martirizzarono estraessero dal suo corpo gli intestini utilizzando un verricello. Rinchiuso morente in carcere, fu liberato dall'Arcangelo Michele che lo condusse a Formia, dove sette giorni dopo morì serenamente. Fu molto venerato nel medioevo. Le sue spoglie riposano a Gaeta.  S. Gregorio Magno alla fine del sec. VI, scrivendo al Vescovo Bacauda di Formia, attesta che il corpo del santo era conservato in quella chiesa. Nell'842, dopo che Formia era stata distrutta dai Saraceni, le sue reliquie vennero trasferite a Gaeta e nascoste in un pilastro della chiesa di S. Maria, dove furono rinvenute nel 917 dal Vescovo Bono.  Fu allora che Erasmo venne proclamato  Santo patrono di Formia e di Gaeta, e furono anche coniate monete con la sua effigie. E' invocato dai marinai (con il nome di S. Elmo), dalle partorienti e nei casi di malattie o dolori dello stomaco. (Dall'Enciclopedia Cattolica).

 

Santa Ermelinda

(Lovanio, 550 - Brabante 595)

 

S. Ermelinda (Linda) nacque d'illustri genitori nel Brabante; e nell'età sua più tenera ebbe in costume di fuggire la compagnia di quelle fanciulle, che conosceva dedite alle vanità del mondo. Trovava tutta la sua consolazione in trattare e parlare con Dio, al quale indirizzava spesso con gran fervore quei versetti dei Salmi, che esprimono i desideri dell'anima amante di unirsi al sommo Bene; e specialmente quello del Salmo 51. "L'anima mia ha un' ardente sete per abbeverarsi in Dio fonte viva: Oh quando mi sarà dato di comparire alla presenza del Signore!". Mossa da questi ed altri suoi pii sentimenti consacrò al Signore con voto la sua verginità, mostrandosi sempre costante contro due impuri giovani, che le tramavano insidie. Fu avvisata una notte da un Angelo del Cielo a fuggirsene sollecitamente altrove, perché uno di quei meschini aveva deciso di rapirla. Subito ella ubbidì, e portatasi in una terra detta Maldrie, ivi solitaria visse con grande austerità sino al giorno della sua morte; e  dopo molti anni si compiacque Iddio di rendere illustre la sua memoria coi dono di molti e segnalati prodigi che   si operarono al suo sepolcro.   (Dal Surio).

 

Sant'Eugenio

(? - Albi, 505)

 

S. Eugenio fu innalzato alla Cattedra Episcopale di Cartagine nell'Africa al tempo che quelle province erano sotto il dominio dei Vandali, che professavano l'Arianesimo. Quanto le sublimi sue virtù lo resero venerabile presso i Cattolici, altrettanto gli eccitarono contro l'invidia degli Ariani, e specialmente di Ulderico Re dei Vandali; il quale perseguitando i Cattolici, particolarmente se la prese contro il S. Vescovo. Né le parole però, né i castighi usati dall'empio Re poterono mai scuotere la costanza di Eugenio; il quale con cuore di Apostolo, mentre animava i fedeli, resisteva all'empietà degli eretici. Il Signore lo volle glorificare col restituire la vista ad un cieco al solo tocco delle sue mani; ma un tal prodigio invece di persuadere della sua santità e virtù i suoi nemici, li inasprì maggiormente; onde essi vedendolo costante nella Fede, in difesa della quale si era egli protestato risoluto di perder la vita, lo cacciarono in esilio nelle Gallie, ove terminò la sua gloriosa carriera nella città d' Albi; ed il suo sepolcro fu rivelato con molti miracoli, ottenuti per sua intercessione.   (Da S. Vittore Vitense).

 

Sant'Eucherio di Lione

(Lione, 380 ca., 449 o 450)

 

.
S. Eucherio, il più celebre Vescovo per dottrina e per pietà, che abbia avuto la Chiesa di Lione dopo S. Ireneo, nacque illustre nel mondo, ed accoppiò alla nobiltà dei natali un ingegno perspicace ed elevato, ed una scienza singolare e poco comune. Congiuntosi assai giovane in matrimonio con una virtuosa dama chiamata Galla, ne ebbe più figliuoli, che si prese il pensiero d'istruir da sé stesso nella religione e nelle lettere. Sciolto dai legami e dagl'imbarazzi, che lo mantenevano nel secolo, si ritirò nel monastero di Lérins, ove già da qualche tempo aveva posto sotto la disciplina di quei santi Monaci i suoi figliuoli; ma parendogli di esser troppo onorato in quel luogo, si portò nell'isola di Lerins del tutto deserta, e più acconcia al suo disegno. Iddio però non gli permise di goder lungo tempo le delizie della sua amata solitudine. Ne fu in fatti tratto fuori per esser collocato sulla Cattedra di Lione. Fu egli inviolabilmente attaccato alla dottrina di S. Agostino sopra la grazia: zelò sempre per il bene della Chiesa; e in mezzo alle fatiche del predicare e dello scrivere finì la sua gloriosa carriera. (Dal Tillemont).

 

Sant'Eufrasia

(Costantinopoli, ? - 412)

 


Sant' Eufrasla Vergine Costantinopolitana di famiglia molto cospicua, essendo ancor fanciulla fissato un giorno lo sguardo in Cristo Crocifisso, ed immaginandosi che il Signore con le braccia aperte la invitasse al Suo divino abbraccio, subito, assecondando gli affetti devoti del suo cuore, andò a stringersi al petto la Croce, e consacrò il suo amore a Gesù. Disprezzando dunque le nozze terrene, ricevé in compagnia di alcune sacre Vergini il velo Religioso; e fece sapere a Teodosio, che pensava di darla in sposa ad un gran Principe, come già si era sposata con Gesù Principe della Gloria. Attese alla mortificazione dei sensi, all'orazione, ed all'esercizio delle opere più vili del Monastero, con tale e tanta umiltà, che non se ne era mai per l'addietro veduto simile esempio. Nelle tentazioni, con cui permise Iddio che fosse provata questa sua diletta figlia, raddoppiava le fatiche, l'orazione, le austerità. Alle ingiurie fattele da alcune compagne, le quali mal soffrivano il suo fervore, corrispose con sorprendente mansuetudine e carità. Fu da Dio in questo mondo resa illustre col dono dei miracoli, nell'altro premiata con l'eterna gloria. (Dai Bollandisti).

 

Sant’ Eulalia

(Mérida, III - IV sec.)

 

S. Eulalia nacque in Mérida dì nobili genitori cristiani, e fin dall'infanzia mostrò un grande amore alla verginità, e un totale aborrimento ai giochi, agli ornamenti, e ai passatempi propri dell'età puerile. Ardeva di tanto zelo per la gloria di Dio, e tanto bramava di dar la propria vita per Gesù Cristo, che nell'età di soli 12 anni guidata da particolare impulso dello spirito di Dio fuggì di notte tempo dalla casa paterna, e andò a presentarsi animosamente al tribunale del governatore della città, rinfacciandogli il furore, col quale quegli si sforzava di far perire le anime, obbligandole a rinunziare al loro unico e vero Dio. Irritato perciò il governatore ordinò ai carnefici di straziarla con ogni genere di tormenti; ed avendole da prima lacerato con unghie di ferro i fianchi e il petto, fino a scoprire le ossa, aggiunsero a questo tormento quello delle fiaccole ardenti, che le furono applicate ai laceri fianchi, allo stomaco, e al petto; ed essendosi la fiamma attaccata ai capelli ch'erano sparsi sul collo e sulle spalle, le salì sulla faccia, ed entrandole in bocca la soffogò; e cosi la Santa riportò la gloriosa palma del martirio.  (Dal Ruinart).

Sant'Eurosia

(Boemia, 864 - Spagna 880)

 

Secondo la tradizione Santa Eurosia nacque nell’anno 864 dalla nobile famiglia del duca di Boemia, il suo nome era Dobroslava il cui equivalente greco è Eurosia; rimasta quasi subito orfana di entrambi i genitori, venne accolta dal nuovo duca Boriboy e dalla sua giovane moglie Ludmilla, questi la trattarono come vera figlia e si prodigarono per il diffondersi della religione cristiana in tutta quella regione, così anche Dobroslava venne battezzata ed assunse il nome greco di Eurosia. Furono quelli anni di pace e di fede e la giovane Eurosia si distinse per bontà ed altruismo, ma purtroppo un gruppo di cechi-boeri pagani presero il potere e costrinsero la famiglia ducale all’esilio, esilio che durò ben poco grazie soprattutto all’opera del grande San Metodio, il duca e la sua famiglia poterono rientrare trionfalmente in Boemia. Nell’anno 880 San Metodio si recò a Roma da Papa Giovanni VII, questi era impegnato in un difficile caso, trovare una degna sposa per il figlio del conte spagnolo d’Aragona, Fortun Jimenez, era questi erede al trono di Aragona e Navarra impegnato nella lotta contro gli invasori arabi saraceni; Il Papa chiese aiuto a San Metodio, il quale senza dubbio alcuno indicò la giovane principessa Eurosia, quindi ritornò in Boemia con una ambasciata aragonese e raccolse l’accettazione del duca e di Santa Eurosia, la quale lasciò il proposito di dedicarsi totalmente a Cristo, vedendo nell’intervento del Papa un supremo disegno della volontà di Dio. Iniziò così il viaggio verso la Spagna, era l’anno 880, arrivati però ai Pirenei, era necessario valicarli per incontrare il suo sposo nella cittadina di Jaca, tuttavia tutta questa zona subì improvvisamente una feroce invasione di saraceni capitanati dal rinnegato Aben Lupo, questi ucciso l’ambasciatore che doveva annunziare l’arrivo di Eurosia, e saputo del matrimonio col principe aragonese, si mese in animo di catturarla e trattenerla con sé.
La comitiva con Eurosia, avvertita dell’accaduto, fu costretta a nascondersi sui monti, ma il feroce bandito saraceno riuscì a trovarli, questi cercò con buoni modi di ottenere i favori della giovane Eurosia, voleva che essa rinnegasse Gesù Cristo, rinunciasse al principe aragonese per divenire sua sposa; Eurosia però si oppose decisamente a tali diabolici progetti, provocando in tal modo l’ira del bandito che diede l’ordine di uccidere tutti. Grazie all’eroismo di alcuni ambasciatori spagnoli appartenenti alla comitiva, Eurosia riuscì a fuggire ma inseguita e raggiunta subì un tragico martirio, le vennero amputate le mani e recisi i piedi, tuttavia Santa Eurosia in ginocchio col volto fisso al cielo pregava con fierezza, nel contempo nebbie e nuvole minacciose salivano dalle valli e un lampo improvviso scese vicino ad Eurosia, senza provocarle danni, tutti i saraceni ebbero gran paura ma il capo bandito preso da rabbia mista a terrore diede l’ordine di decapitarla, Eurosia alzando i sanguinanti moncherini al cielo chinò il capo pregando è così venne uccisa decapitata, aveva solo sedici anni. Contemporaneamente si scatenò un grandinare furibondo, uno scrosciare spaventoso di acque, folgori e tuoni assordanti, venti fortissimi, i saraceni fuggirono terrorizzati mentre da cielo una voce più potente della tempesta diceva: “Sia dato a Lei il dono di sedare le tempeste, ovunque sia invocato il suo nome!”.
Trovati miracolosamente le sue spoglie due anni dopo venne canonizzata a Jaca il 25 giugno, la sua festa ricorre ancora oggi il 25 giugno,è invocata contro le tempeste, i fulmini, le grandinate e anche per i frutti della terra. Il suo culto si diffuse in tutta la Spagna e grazie ai soldati spagnoli anche nel Nord Italia, soprattutto nelle zone collinari vinicole, da qui la spiegazione del culto di questa santa nel nostro paese.
(Si ringrazia l'Autore: Don Luca Roveda).

Sant’ Eusebio

(Sardegna, 283 circa - Vercelli, 371)

 

Sant’ Eusebio nacque nell'Isola di Sardegna. Fu allevato dalla madre nella città di Roma, ove si era stabilita, e fu aggregato al Clero di quella Chiesa. Portatosi a Vercelli si conquistò talmente la stima e l’amore di tutti, che essendo vacante la Cattedra Episcopale di quella città fu, per unanime consenso e del Clero e del popolo, eletto a governare quella Chiesa. Fu egli il primo nell'Occidente, che unisse insieme gli esercizi della vita monastica con le funzioni clericali. Combattè generosamente in Italia per la difesa della Divinità di Gesù Cristo contro gli eretici Ariani, sostenuti dalla potenza dell'Imperatore Costanzo. Fu perciò relegato in Scitopoli nella Palestina, di cui era Vescovo un certo Patrofilo, uno dei capi dell' eresia Ariana. Soffrì da questi perfidi eretici le catene, ed altri innumerevoli mali; onde ha meritato il glorioso titolo di Martire, benché non finisse la vita di morte violenta. Nell'anno 363 ritornò alla sua Chiesa, e rimise piede in Italia, dove fu ricevuto con giubilo universale come un trionfatore. Si crede che vivesse fino all'anno 370, in cui pieno di meriti, e carico di corone se ne volò al Cielo. (Dal Tillemont).

 

Sant'Eustochia

(Roma, IV sec.)

 



S. Eustochia Vergine Romana era figlia dell'illustre S. Paola. Ella abbracciò lo stato della verginità per le esortazioni di S. Marcella, da cui fu ammaestrata nella pietà. Ma sopra tutto sommamente contribuirono alla santificazione d'Eustochia le istruzioni di S. Girolamo, suo direttore e padre spirituale. Si approfittò Eustochia degli eccellenti documenti, che non meno colla viva voce , che in iscritto insegnò ad essa il S. Dottore ; ed ebbe il coraggio di porsi sotto dei piedi tutto ciò che il mondo ha di più grande , per abbracciare una povertà generale, e menare una vita penitente, affine di conservare la sua innocenza. Seguì perciò la sua Madre S. Paola nella Palestina , e vi passò quasi 30 anni nella pratica dei consigli evangelici, sempre diretta da S. Girolamo , il quale viveva ritirato in un monastero d'uomini vicino al suo. Studiò sotto di lui la Sacra Scrittura, e divenne in questo studio eccellente. Dopo la morte della sua Madre fu obbligala ad incaricarsi della condotta del Monastero di Betlemme; ed essendo stata provata da Dio col fuoco della tribolazione, andò in cielo a ricevere la ricompensa dei suoi travagli, e della sua perseveranza.  (Da S. Girolamo).

 

Sant'Eutichio Vescovo

 (Theium, 512 - 5 aprile 582)

 

San'Eutichio nacque in Frigia nel 512. Fu Patriarca di Costantinopoli a due riprese, tra il 552 e il 565 e poi tra il 577 e il 582.
Suo padre Alessandro fu generale sotto Belisario. Eutichio prese l'abito monastico all'età di 30 anni a Amasya. Alla morte del patriarca Menas nel 552 venne nominato da Giustiniano I Patriarca di Costantinopoli. Nel 553 convoca il il secondo Concilio ecumenico per ricomporre e chiarire lo Scisma tricapitolino. Eutichio venne in forte contrasto con l'imperatore Giustiniano I che in tarda età abbraccio le teorie aftardo docetiste che erano ritenute, dal Patriarca, in netto contrasto con quanto riportato nelle Sacre Scritture. Il 22 gennaio 565 venne prelevato da guardie dell'imperatore e sequestrato dapprima nel monastero di Choracudis in seguito nel monastero di San Osia in Calcedonia. L'imperatore convocò una assemblea di principi e prelati dove venne processato e destituito, con accuse assurde. Venne esiliato dapprima sull'isola di Principus e in seguito presso Amasea, dove rimase per 12 anni. Alla morte di Giovanni III scolastico che l'imperatore aveva nominato al suo posto Eutichio venne richiamato sul suo seggio vescovile a furor di popolo. Vi furono grandi festeggiamenti per il suo rientro, si racconta che durante la messa di reinsediamento, dovette dare la comunione per più di sei ore, perché tutto il popolo voleva riceverla dalle sue mani. In tarda età crebbe in lui la convinzione che dopo la morte non vi fosse una risurrezione della carne. Fu il futuro papa Gregorio I che riuscì a riportare nell'ortodossia il vescovo, che in punto di morte ( 5 aprile 582) pare abbia esclamato: "Sono convinto che saliremo al cielo anche con la carne".   (Da Wikipedia, l'enciclopedia libera).

Sant'Eutizio

(VI sec.)

 

Secondo la Passio Eutizio sarebbe stato presbitero di Ferento. Un giorno mentre stava ritornando da Faleria dopo aver celebrato la messa in onore dei morti Gratiliano e Felicissima, sarebbe stato arrestato dai soldati del tribuno Massimo al tempo dell'imperatore Claudio e, malgrado il vescovo locale Dionisio avesse voluto liberarlo, fu torturato e decapitato. Un'altra versione ci dice che Eutizio fu martirizzato sotto l'imperatore Diocleziano. 
Una volta, camminando in una strada di campagna, incontrò un contadino che arava un campo con i buoi per poi seminarvi del grano. Questi ad un tratto si fermarono perché avevano fame e non si mossero più fino a che S. Eutizio, vedendo il contadino molto arrabbiato e dopo aver domandato che cosa avessero, prese in mano un pò di semi e li sparse. Così il grano maturò all'istante e i buoi, avendo da mangiare, continuarono ad arare. 
Per questo quasi tutte le immagini del martire lo rappresentano con un fascio di spighe in mano. Per concludere c'è una credenza locale relativa alla manna di 
S. Eutizio. Essa sarebbe sgorgata dalla pietra tombale del santo e sarebbe consistita in un liquido miracoloso, come quello della tomba di S.Nicola di Myra (o Bari).