Calliope - Calogero - Camillo - Candida - Carlo - Carlo da Sezze - Cassiano - Catello - Caterina da Genova - Caterina d'Alessandria - Caterina da Siena - Caterina Labouré - beata Caterina Volpicelli - Cecilia - Celestino V - Ceccardo - Cesario - Chiara - Cipriano - Cirillo - Cirillo e Metodio - Ciro - Clara - Clelia Barbieri - Clemente Papa Clotilde - Clotilde - Colette - Colomba da Rieti - Colomba da Cordova - Colombano - Corrado - Cornelio - Cosma e Damiano - Cristina - Cristoforo - Cunegonda
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(III sec., + tra il 251 e il 253)
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Santa Calliope martire è ricordata nel Martirologio Romano l'8 giugno. Sono scarsissime le notizie a suo riguardo: Calliope avrebbe ottenuto la palma del martirio dopo aver subito mutilazioni e ustioni (un'antica incisione mostra un aguzzino intento a bruciarle i seni con una torcia). Pare che sia anche stata costretta a camminare sopra dei cocci acuminati. Non è riportato il luogo dove avvenne il suo martirio, così come non sappiamo dove nacque, ma l'epoca è da stimarsi certamente al III secolo, dato che i menei greci concordano nel ricordarla all' 8 giugno e riportano che il martirio avvenne durante la persecuzione dell'imperatore Decio (252).
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(Costantinopoli, 466 - Sciacca, giugno 561)
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San Calogero nacque a Costantinopoli da genitori cristiani, e sin da piccolo abbracciò gli insegnamenti di questa religione, in particolar modo la preghiera e la meditazione. A vent’anni divenuto monaco, mentre viveva in solitudine, avvertì la voglia di recarsi in Sicilia, insieme a Gregorio e Demetrio, dove dal pontefice ebbe l'incarico di diffondere la nuova fede. Dapprima si recò a Lipari ove costruì una chiesa, poi giunse a Terme Selinuntine dove alloggiò in una grotta del Monte Cronio. Da lassù, ogni giorno, scendeva in paese a predicare la fede, amministrare i sacramenti e curare gli ammalati con le miracolose acque termali e i vapori delle stufe. Si racconta che durante la sua vecchiaia, non potendo più raccogliere le erbe di cui nutrirsi, si cibava del latte di una cerva mandatagli dal Signore. Un giorno però il cacciatore Siero, detto Arcario perché cacciava con l'arco e le frecce, uccise involontariamente l'animale. Addolorato per aver compiuto tale errore, divenne discepolo del santo, sostenendolo con venerazione sino alla morte del santo avvenuta dopo quaranta giorni. Lo stesso Arcario lo seppellì in una caverna sul monte, nota a lui soltanto. Egli trasformò successivamente la grotta in cui era vissuto il santo in una piccola chiesa, dove alloggiò insieme ad altri discepoli. In seguito vennero scavate nella roccia le cellette che costituirono i dormitori: furono dette "Eremo" o "Quarto degli Eremi". Il 26 agosto del 1656 , a quanto si sa, una monaca francescana ebbe una visione, per mezzo della quale seppe dov’era stato seppellito il santo. Fatti gli scavi furono effettivamente trovati tre scheletri, che si credette appartenessero al santo, ad Arcario e alla cerva, dal momento che quest’ultimo scheletro non aveva forma umana. Furono portati nella Chiesa Madre, ma nel 1728 il vescovo di Agrigento, per paura che fossero venerate delle false reliquie, le fece bruciare. I discepoli di San Calogero dapprima vissero vita eremitica, poi seguirono la regola di San Benedetto, ed infine osservarono quella di San Basilio.La festa di San Calogero si svolge il 18 giugno, giorno della sua morte.
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(Bucchianico, Chieti, 1550 - Roma, 1614)
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San Camillo de Lellis fu violento e sregolato in gioventù, lasciandosi coinvolgere in risse e duelli, specialmente a causa della sua passione per il gioco. Soldato di ventura, a venticinque anni si convertì alla fede cristiana e diventò cappuccino, ma dovette abbandonare l'Ordine a causa di una infermità invalidante. Fondatore della "Compagnia dei ministri degli infermi", costituita da chierici regolari addetti alla cura degli ammalati, costruì diversi ospedali e fu il primo ad assistere i malati gravi al loro domicilio. Per distinguersi, i "Camillani" avevano una croce rossa sull'abito talare, che conservano ancora oggi, e che costituisca il simbolo della "Croce Rossa". San Camillo è protettore dei malati, degli infermieri e di tutte le organizzazioni sanitarie. E' anche protettore della buona morte e santo patrono dell' Abruzzo e del Molise.
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(I secolo)
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S. Candida, prima cristiana Napoletana, trasse da illustri genitori la sua origine. In tempo che il Principe degli Apostoli S. Pietro passava per Napoli nel viaggio che faceva da Antiochia a Roma, la Santa gli si presentó chiedendogli d'esser guarita d'una sua infermità. S. Pietro miracolosamente la risanò ; ed anzi al beneficio corporale aggiunse anche lo spirituale, istruendola delle verità della fede, e lavandola nelle acque del Santo Battesimo. Allora Candida desiderosa di vedere anche in altri diffuso codesto sì prezioso tesoro della fede , pregò il Principe degli Apostoli che volesse impartire lo stesso beneficio ad Aspreno suo congiunto; il quale fu parimenti battezzato da S. Pietro ed ordinato primo Vescovo della Chiesa di Napoli. Ebbe altresì Candida la sorte di assistere all'incruento Sacrificio che il Principe degli Apostoli celebrò in Napoli; e per le mani di lui fu cibata delle carni dell' Agnello Immacolato. Finalmente piena di anni e di meriti se ne volò all'eterno riposo del cielo nell'anno 78 di Nostro Signore. (Dal Breviario Romano).
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(Arona, 1538 - Milano, 1584)
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S. Carlo fu figliuolo del Conte Giberto Borromeo e di Margherita
de' Medici, sorella del Pontefice Pio IV. Vestito dell'abito Chiericale andò a studiare in Pavia, ove prese la laurea dottorale. In età di 22 anni fu dallo zio che era stato eletto Papa, chiamato a Roma e creato Cardinale; e gli fu insieme conferito l'Arcivescovado di Milano, la carica di Sommo Penitenziere, con altri titoli e dignità. Seguita poi la morte del medesimo Zio, pertossi alla sua diletta Chiesa, e durante il Concilio di Trento pose mano alla riforma del Clero e del popolo non senza contradizioni, e col pericolo stesso della vita; poiché avendo preso a riformare l'Ordine degli Umiliati, gli fu da un Religioso di quest'Ordine sparato un archibugio carico a palle, e con manifesto miracolo non ne rimase estinto. La carità del Santo fu singolare, quando in tempo della peste, come il buon Pastore Evangelico, espose la sua stessa vita, e in beneficio dei poveri impiegò tutte le sue sostanze. Per adempiere perfettamente il suo Pastorale ministero, fece continue istruzioni in voce e in iscritto al Clero, e al popolo. Fondò la Congregazione degli Oblati nel 1578 e vari istituti di carità e di formazione, ed istituì anche seminari per la formazione dei sacerdoti. Scrisse varie opere di indubbio valore, come il "Catechismus Romanus". Durante la pestilenza del 1576 a Milano, prestò alacremente assistenza ai contagiati. Finalmente nell'immatura età di 46 anni andò in Cielo a ricevere il premio delle sue virtù. Con sant'Ambrogio è patrono di Milano.
(Dal Giussano). San Carlo nella diocesi impose regole severe, come la separazione di uomini e donne nelle chiese e la repressione degli adulteri; inoltre, pretese la sottomissione alle regole vescovili di religiosi e laici, scontrandosi con le autorità civili e ricorrendo anche alle scomuniche. Soppresse il potente ordine degli Umiliati e, dopo essere sfuggito a un attentato di cui fece poi condannare e giustiziare quattro dei responsabili. Ottenne una parte dei fondi dell'ordine soppresso e poté cedere Brera ai Gesuiti e finanziare costruzioni come il collegio Elvetico e la chiesa di San Fedele. Fu accusato di eccessivo rigorismo dalle autorità civili milanesi. Combattè l'eresia nelle valli svizzere, in un periodo nel quale l'intolleranza fra cattolici e protestanti aveva portato lutti e devastazioni. Nella visita pastorale in Val Mesolcina del 1583 si oppose al degrado della chiesa locale con l'imposizione del rispetto di norme rigide arrivando a far processare per stregoneria un centinaio di donne, delle quali dieci furono condannate al rogo.
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(Sezze, 22 ottobre 1613 - Roma, 6 gennaio 1670)
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Nato a Sezze il 22
ottobre 1613, Giancarlo (questo era il Suo nome di battesimo) fu costretto
ben presto a lasciare le pubbliche scuole per attendere alla custodia del
gregge, coltivando però la profonda devozione allo Spirito cristiano
infusa dai devoti genitori. L'Amore per la Croce e la Vergine Maria gli
illuminarono il cammino spirituale; Carlo entrò nel convento francescano
di Nazzano, indossando l'abito del Poverello d'Assisi il 18 maggio 1635. |
(Cracovia, 1458 - Grodno, 4 marzo 1484)
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S. Casimiro figliuolo di Casimiro Re di Polonia, per l'ottima educazione avuta dai suoi Genitori, fece in tenera età progressi mirabili nella divozione. Aborriva le grandezze regie, dilettandosi della mortificazione di sé stesso, e del rigore verso il suo corpo innocente, che con frequenti digiuni, ed.altre varie mortificazioni affliggeva. Meditava quasi del continuo la Passione e Morte di Gesù Cristo Nostro Redentore; e questa frequente meditazione operò nell'anima di lui effetti mirabilissimi : perocché quando assisteva al Santo Sacrifìcio della Messa restava talmente elevato in Dio, che pareva sempre assorto in dolcissima estasi. Usava misericordia grande verso i poveri, e coi benefizi sollevava le persone tribolate. Esortava opportunamente il Re suo padre a governare i sudditi secondò le leggi dell'equità, e della giustizia. Fu sopra tutto diligentissimo in serbare illibata la sua castità; e quando i medici gli consigliarono di prender moglie, come per unico rimedio al suo male, elesse piuttosto la morte, che la perdita della verginità. Cosi nella immatura età di anni 25 con una morte preziosa agli occhi di Dio se ne volò al cielo questo insigne Martire della castità. (Dai Bollandisti).
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(III - IV sec.)
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S. Cassiano era Maestro di scuola in Imola città della Romagna, ed insegnava a leggere e scrivere ai fanciulli. Si pubblicò in questa città l'editto di persecuzione contro i Cristiani, che li obbligava a sacrificare agl'idoli. Fu Cassiano denunciato come tale al governatore della città; e perché ricusò costantemente di ubbidire agli ordini iniqui dell'Imperatore, fu condannato a perdere la vita con un nuovo genere di supplizio. Sapendo il governatore che Cassiano (come ogni maestro che si rispetti) era odiato dai fanciulli che frequentavano la sua scuola, lo fece loro consegnare nudo e legato, acciò facessero di lui ciò che volevano. Radunatisi pertanto quei fanciulli intorno al Santo, ed incitati dal giudice ad ucciderlo, come un uomo sacrilego e nemico degli Dei, gli spezzarono in testa quelle tavolette, e lo ferirono in tutte le membra con quegli stili, con i quali si costumava in quei tempi di scrivere. In tal maniera grondando da ogni parte sangue per le ferite ricevute, rese l'anima a Dio con un martirio tanto più doloroso e crudele, quanto più deboli erano le mani, e inferme le forze di coloro che lo ferirono, ed uccisero. (Dal Ruinart). Questo genere di martirio sembra essere stato ricalcato su quello di San Marco d’Aretus o sul racconto della morte del maestro traditore, di cui parla Tito Livio (Ab Urbe condita, V, 27). La tradizione riguardante il martirio con gli stiletti non è considerata quindi attendibile dagli studiosi, anche perché, se fosse vera, bisognerebbe pensare ad un martirio subito non ad opera di un magistrato romano, ma nell'ambito di sommosse popolari.
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(VI sec.)
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La storia di San Catello, vescovo di Stabia e patrono della città di Castellammare di Stabia, purtroppo, non è ben chiara. Avvolta nel mistero e per alcuni tratti contraddittoria, la vita del Santo, fu trascritta per la prima volta dall'Anonimo sorrentino in un manoscritto risalente alla fine del IX sec. Intento a raccontare la storia di Sant'Antonino abate di Sorrento (strettamente collegata alla vita di San Catello), l'anonimo nei suoi antichi scritti, menzionando le vicissitudini che legano i due Santi, ha rilasciato numerose tracce descrittive anche di San Catello.
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S. Caterina trasse i suoi natali in Genova dalla nobile famiglia dei Fieschi; e collocata in matrimonio con un cavaliere della stessa città chiamato Giuliano Adorno, molto da esso dové soffrire a cagione del suo carattere focoso, bisbetico, stravagante, e tutto dedito allo sfogo delle sue viziose passioni. Soffrì tutto ciò Caterina con pazienza, e passò i primi cinque anni in una grande afflizione, piena di affanno e di cordoglio, e sempre ritirata in casa. Consigliata a divertirsi, per trovare così qualche sollievo all'animo suo oppresso da troppa malinconia, sì lasciò persuadere da tali mondane insinuazioni, e si diede a vivere alla moda, senza però trovare alcun sollievo ai suoi affanni; che anzi questi s'accrebbero attesi gli acuti stimoli di coscienza originati dalla vita mondana e rilassala, che ella conduceva. Illuminata da Dio la sua mente con un raggio della divina grazia conobbe il rilassamento in cui era caduta, e ne concepì il più vivo dolore; ed ardendo il suo cuore d'una fiamma la più accesa d'amor di Dio, meritò di essere da essa consumata, qual vittima di carità, e di amore. (Dai Bollandisti).
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(? - Alessandria, verso il 415)
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Santa Caterina era una illustre donna della città di
Alessandria in Egitto, adorna di tutte le più ricche prerogative, sia dì corpo
che di spirito. Ma tutti questi pregi umani benché singolari e distinti, erano
un nulla in paragone della sua fede, della sua illibata purezza, e dell'amore
ardente verso Gesù Cristo suo celeste Sposo. L'imperatore Massimino, tiranno
crudele, e insieme libidinoso, il quale perseguitava non meno la fede, che il
pudore delle donne cristiane, s'invaghì oltremodo della Santa Donzella; e per
indurla ai suoi voleri adoperò tutte le arti, che gli poté suggerire la sua
diabolica passione, armata della suprema potestà imperiale. Ma tutto gli riuscì
vano ed inutile; poiché la Santa dopo aver con petto forte ed intrepido
resistito a tutte le sue lusinghe, e a tutte le sue minacce, si sottrasse al
pericolo con la fuga; ed essendosi probabilmente rifugiata nei monti
dell'Arabia, là fu per ordine dei tiranno arrestata.
Di fronte alla spudoratezza della ragazza, il governatore convocò un
gruppo di retori affinché la convincano ad onorare gli dei. Ma questi,
di fronte all'eloquenza di Caterina, non solo non la convertirono, ma
essi stessi furono prontamente convertiti al Cristianesimo. Il
governatore ordinò la condanna a morte di tutti i retori e dopo
l'ennesimo rifiuto di Caterina la condannò a morire anch'essa su una
ruota dentata. Miracolosamente la ruota si ruppe e Massimino fu
obbligato a farla decapitare. Il suo santo corpo fu sepolto nella sommità del monte Sina, dove la
Santa nei secoli susseguenti é
stata con culto speciale, ed anche con devoti pellegrinaggi venerata dai fedeli.
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(Siena, 1347 - Roma, 1380)
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S. Caterina Benincasa, nata in Siena città della Toscana, figlia di un tintore, fece conoscere fin dai primi anni l'eccelsa santità a cui Dio l'aveva destinata. In età di otto anni consacrò la sua verginità a Gesù Cristo sotto la protezione di Maria Vergine. Disdegnando vanità e civetterie tipiche delle ragazze dell'epoca, amava il ritiro, l'orazione, il silenzio, la modestia, la penitenza, e tutto ciò che poteva avanzarla nell'amor di Dio. Caterina a 16 anni rifiutò il matrimonio voluto dai genitori e ottenuta dopo replicate istanze la licenza di scegliersi lo stato a genio suo, vestì l'abito delle Suore Penitenti di S. Domenico. Non curò mai il suo aspetto esteriore, dedicandosi alla cura degli ammalati, particolarmente dei lebbrosi. Ricevette le stimmate, e fu visitata con frequenti malattie dal Signore, il quale anche permise, che il demonio la travagliasse con terribili tentazioni, che ella superò con l'aiuto della Divina grazia, a cui in ogni occasione aveva ricorso. L'amore che nutriva verso Dio, le diede viscere di carità verso il prossimo, facendo che si impiegasse nei loro bisogni quanto poteva. Si rese celebre per i suoi Scritti (tra cui il famoso trattato "Dialogo della Divina Provvidenza") e per altre insigni opere; e specialmente per aver contribuito ad indurre Gregorio XI a ristabilire la Sede Apostolica in Roma. Pio II la canonizzò nel 1461 e Pio XII la proclamò patrona d'Italia con s. Francesco d'Assisi, nel 1929. Protegge le infermiere italiane. E' compatrona di Roma e Siena e protettrice della Toscana e di Varazze. Dopo 33 anni di vita, impiegata cosi nel servizio Divino, la chiamò il Signore alla celeste gloria del Paradiso. (Da Raimondo da Capua).
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(Fain-les-Moutiers, 2 maggio 1806 - Parigi, 31 dicembre 1876)
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Caterina Labouré visse
i suoi primi 24 anni in una famiglia più che numerosa (11 figli), nella
fattoria dei Labouré, nel piccolo paese di Fain les Moutiers vicino a
Châtillon.
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(Napoli, 21 gennaio 1839 - 28 dicembre 1894)
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La beata Caterina Volpicelli nacque in una famiglia dell'alta borghesia napoletana. Trascorse un'infanzia serena educata, con i fratelli, nella fede in Dio e nell'amore per il prossimo. Entrò, a sette anni, nel Reale Educandato "Maria Isabella di Borbone", affidata a Margherita Salatino, che fu sua buona amica fino alla morte (1876), e con la quale condivise l'amicizia di padre Ludovico da Casoria. A dodici anni rientrò in famiglia, proseguendo gli studi. Dedicava molto tempo alla cura della sua persona e alla preghiera; progettava di sposarsi, ma avvertiva il desiderio di consacrarsi a Dio. Decise infine di consacrarsi al Signore, ma da laica, per poter svolgere il suo apostolato nel mondo e non tra le mura di un convento. Promosse la devozione al Sacro Cuore di Gesù e numerose furono le sue attività sociali e religiose. Con il costante appoggio del cardinale Sisto Riario Sforza, fondò l'Istituto delle Ancelle del Sacro Cuore. Beatificata da Giovanni Paolo II il 29 aprile 2001. (Maggiori informazioni sul sito ufficiale: www.caterinavolpicelli.it)
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(Roma, III secolo)
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Santa
Cecilia,
una delle più illustri Vergini e Martiri che si venerano nella Chiesa
Cattolica, soffrì il martirio per la Fede di Gesù Cristo circa la metà
del terzo secolo; e credesi che della stessa grazia fossero anche partecipi
il suo sposo S. Valeriano, e Tiburzio fratello del medesimo. Celebre, in
Roma sino da antichissimo tempo è la festa di S. Cecilia, poiché la si
trova nei più antichi messali ed il suo nome è inserito non solo in tutti
i martirologi, ma anche nel canone della messa. Nell'ottavo secolo fu
ritrovato il suo sacro corpo nel cimitero detto di Pretestato sulla Via
Appia, e fu riposto nella Chiesa fino dal quarto secolo dedicata in onore di
questa Santa Vergine. Nel pontificato di Clemente VIII fu nuovamente
ritrovato il suo corpo, del quale nel corso del tempo si era perduta ogni
memoria, e in tale occasione il Signore si degnò di operare molti miracoli
a sua intercessione, come attesta il Ven. Card. Baronio; il quale fu
presente alla ricognizione del corpo della Santa Vergine, e ci fa sapere
che il corpo della Santa fu ritrovato intero, benché disseccato, e che fu
riposto in una cassa
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(Isernia, 1215 - Frosinone, 19 maggio 1296)
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San Celestino, al secolo Pietro d'Angelerio, nacque in una famiglia numerosa e contadina; studiò prima dai benedettini di Faifoli (Benevento) e poi a Roma, dove ricevette l'ordinazione sacerdotale e il permesso di recarsi in eremitaggio sul monte Morrone. Ma incominciò a diffondersi la sua fama, e Celestino fu raggiunto da altri aspiranti eremiti, tanto da formare una comunità, gli Eremiti di San Damiano. Scrisse una durissima lettera ai cardinali che da due anni non riuscivano a mettersi d' accordo per eleggere il successore di papa Nicolò IV, morto nel 1292, e questi risposero nominando papa proprio lui, il vecchio Pietro. Ma dietro questa nomina c'era Carlo II d'Angiò che strumentalizzò il neo-pontefice Celestino V, che presto se ne rese conto e rinunciò al pontificato. Bonifacio VIII, suo successore, gli promise che l'avrebbe lasciato tornare al suo eremitaggio, ma infangò il suo pontificato, facendo rinchiudere Celestino-Pietro in varie carceri. Morirà, e per l'età avanzata, e per i maltrattamenti, nel carcere di Fumone, presso Anagni. Verrà canonizzato nel 1313. (Sintesi da: ).
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(IX secolo - Luni 860?)
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San Ceccardo visse nel IX secolo e morì martire a Luni, forse nell'860, quando la città fu distrutta dai normanni di re Hastings che, secondo un'antica leggenda avrebbe confuso Luni con Roma. In un atto dell'816 si parla di Ceccardo come "clericus filuis Siribaldi", che sarebbe stato il successore del vescovo Petroaldo, citato nel Concilio di Roma dell'826. L'epigrafe in un'ara rinascimentale, che parla della morte del vescovo Ceccardo avvenuta nel 600, è stata invece rifiutata dagli storici. Emblema di San Ceccardo: Bastone pastorale, Palma. E' Patrono della Città di Carrara, del Comune e del vicariato urbano di Carrara. Le notizie sulla vita del santo sono tratte dal sito www.parrocchiasanceccardo.org , al quale si rimanda per maggiori informazioni.
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(Africa -Terracina I sec.)
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Secondo la passio, Cesario era un diacono africano che venne a Terracina, al tempo dell'imperatore Claudio. Il 1 gennaio, assistendo a una manifestazione crudele si imbatté in un giovane di nome Luciano, che era destinato a essere sacrificato agli dei per la festa pagana. Cesario protestò per questa barbarie presso il sacerdote pagano Firmino, incaricato del sacrificio umano, che per tutta risposta lo fece arrestare. Luciano si lanciò dal monte (pisco montano) con un focoso cavallo e morì. Cesario a tal vista si infuriò e rimproverò ancora Firmino per questo sacrificio. Condotto al tribunale del console Leonzio, Cesario fu obbligato a sacrificare nel tempio della città ad Apollo, ma, mentre veniva condotto al tempio, questo crollò travolgendo Firmino. Cesario fu allora rinchiuso in carcere e dopo un mese fu condotto al Foro per essere giudicato; improvvisamente il console Leonzio si convertì e dopo aver ricevuto i Sacramenti dal presbitero Giuliano, morì. Subentrò allora un certo Lussurio, primo cittadino del luogo, che condannò Cesario e Giuliano a essere gettati in mare dentro un sacco appesantito da pietre. Il suo corpo riposa nella Basilica Santa croce di Gerusalemme in un urna di basalto. San Cesario è un esempio per i problemi emergenti del nostro tempo: l’ingiustizia, la violenza, la pace tra i popoli, la riconciliazione, il bisogno di dare senso alla vita e alla morte. La statua argentea riproduce l'apoteosi di San Cesario nell'atto di ricevere la gloriosa palma del martirio, opera di bravissimi orefici napoletani nel 1612 . Si venera e viene esposta solo in occasione della sua festa nella parrocchia San Cesario in Cesa (CE). Si ringrazia il devoto agiografo per le notizie e per l'immagine del Santo.
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(Assisi, 1193 - 1253)
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S. Chiara (o Clara) nacque nella città di Assisi. La giovane si distinse ben presto per l'amore verso i poveri e la costanza nella preghiera. Fu fortemente influenzata dai sermoni di san Francesco, del quale era assidua ascoltatrice e per consiglio del suo celebre concittadino abbracciò la vita religiosa. Osteggiata dalla famiglia nella sua vocazione, fuggì da casa e si rifugiò nel monastero benedettino di Bastia. Appoggiata dalla sorella Agnese, si trasferì con lei ed altri compagni nel monastero vicino alla chiesa di san Damiano; e quivi col buon odore delle sue virtù trasse molte altre persone del suo sesso ad abbracciare quel medesimo stato di vita ritirata e penitente, Qui Chiara fondò il Secondo Ordine francescano delle Povere Dame, detto delle Clarisse. Era la Santa devotissima dell'augusto Sacramento dell'Altare, da cui ricevé molte grazie: tra queste insigne e famosa fu la liberazione della sua patria e del suo Monastero dalle armi dei Saraceni, i quali ella discacciò con farsi portare, benché inferma, sulla porta di esso, tenendo avanti a sé in una custodia il SS. Sacramento. Facendo quivi essa orazione, sì udì una voce che disse: Io vi custodirò, e guarderò; ed immantinente quei barbari, che già salivano su per le mura del Monastero, impauriti caddero rovesciati da mano invisibile, e se ne partirono senza fare alcun danno. Nello stesso Monastero visse per quarantadue anni aiutando i bisognosi, avendo grande carità e pietà verso di loro. Dopo un'ammirabile pazienza esercitata in una lunga infermità, santamente morì, assistita nei suoi funerali dal Pontefice Innocenzo IV, e da tutta la Corte Romana. Santa Chiara è patrona delle lavandaie, ricamatrici, stiratrici e dei vetrai. (Dal Surio).
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(Cartagine 199 - Sesti, presso Cartagine, 16 settembre 258) |
S. Cipriano nacque nell'Africa; e prima che avesse la sorte d'esser convertito alla Religione Cristiana professò l'eloquenza con molto credito; né rinunziò agli errori del paganesimo se non dopo d'essere stato lungo tempo dubbioso, e d'aver deliberato maturamente se dovesse farlo; poiché gli pareva difficilissimo il rinascere per menare una nuova vita, e diventare un altro uomo ritenendo il medesimo corpo. Ma quando l'acqua vivificante del Battesimo ebbe lavate le macchie della sua vita passata, e il suo cuore purificato ebbe ricevuta dall'alto la luce dello Spirito celeste, tutto in lui fu chiaro, tutto fu luminoso, e trovò facile ciò, che sino ad allora gli era parso impossibile. Innalzato al Vescovado di Cartagine, in tutto si occupò in ben governare la sua Diocesi, in farvi fiorire la fede e la pietà. Riprese con somma forza la facilità di coloro, i quali abusandosi dell' indulgenza della Chiesa verso i caduti, concedevano ad essi l'assoluzione senza veruno discernimento, e senza far prova della sincerità della loro penitenza; e sotto la persecuzione di Valeriano coronò la sua vita con un illustre martirio. (Dal Tillemont).
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(Alessandria, 315 circa - 357)
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S. Cirillo ordinato appena Sacerdote, fu da S. Massimo Vescovo di Gerusalemme destinalo a predicare al Popolo; il che egli fece con gran frutto, non tanto per la sua abilità, quanto per l'esempio che dava al popolo, praticando egli il primo ciò che insinuava con le sue prediche.
Successo a S. Massimo nella Sede di Gerusalemme, difese con grandissima costanza la santa Fede Cattolica contro la rabbia degli eretici Ariani, per la forza e persecuzione dei quali fu scacciato dalla sua Chiesa. Sopportò egli pazientemente questo torto, persuaso di dovere ancor egli portar la Croce con Gesù Cristo. Riposto poi per voler di Dio nella sua Sede Episcopale, soffrì nuove e grandi persecuzioni per amore della giustizia, specialmente per opera degli Ebrei, protetti da Giuliano Apostata. Nello stesso tempo, nel quale giunse al fine
dei suoi giorni, terminò pur anche la carriera delle tribolazioni; perché la sua vita fu uria continua serie di gravissime afflizioni: in premio delle quali chiamato dal Signore, andò a ricevere la mercede preparata alle sue generose fatiche, ed a godere la gloria dovuta ai suoi meriti.
(Dal Tillemont).
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(Inizi sec. IX - 14 febbraio 869 Cirillo, 6 aprile 885 Metodio)
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(Alessandria, 250 c.a - Canopo, Egitto, 303)
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San Ciro nacque ad Alessandria d'Egitto intorno al 250.
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(S. Giovanni in Persiceto, 13 febbraio 1847 - 13 luglio 1870)
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Primogenita di Giuseppe Barbieri e Giacinta Nanetti, entrambi di povera condizione, nasce il 13 febbraio 1847 a La Budrie, una piccola frazione rurale di S. Giovanni in Persiceto, nella provincia di Bologna. Fin da ragazzina aiuta la madre nei lavori di casa e poi viene assunta dal parroco come domestica a ore in canonica. Una donna che sa irradiare pace, semplicità, modestia e dolcezza. Aiutata dal parroco presso cui presta servizio, si consacra in segreto a Dio. Le vicende politiche del tempo portano all'arresto di molti sacerdoti, tra cui il parroco e Clelia si trova ad affrontare grosse difficoltà. Si aggiunge poi la tubercolosi polmonare, da cui fortunatamente guarisce. Si dedica allora alla costituzione di un “ritiro” per vivere insieme alle sue compagne, che sono diventate tre. Ostacoli di ogni genere, difficoltà economiche e grandi sacrifici caratterizzano la nascente istituzione a carattere laicale, le suore Minime dell'Addolorata che, infine, ha completo riconoscimento. Le giovani fanno sentire il loro benefico influsso prodigandosi per custodire ed educare i piccoli, visitare gli ammalati, assistere i moribondi. Ai primi del 1870 Clelia cade in una recidiva della tubercolosi e dopo pochi mesi muore, a soli 23 anni. Il 9 aprile 1989 Giovanni Paolo II la proclama santa. (A.F. su http://notizie.alice.it/)
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(?- morì nel 101)
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San
Clemente Papa nell'anno 88 fu chiamato a reggere la chiesa,
divenendo il terzo successore di Pietro. Contrasti nati tra i capi della
chiesa di Corinto e alcuni presbiteri lo spinsero a scrivere una
"Lettera ai Corinti" per rinsaldarne l'unione.Non ci sono basi per identificarlo con Clemente dei Filippesi. Si dice che sia stato figlio
di Flavio Faustino, parente dell'imperatore Domiziano, nel 95; per questo motivo avrebbe evitato la persecuzione anticristiana di Domiziano dell’anno 95. Un’altra tradizione lo considera liberto di Tito Flavio Clemente, marito della nipote di Domiziano, Domitilla. Ma Flavio Clemente fu giustiziato e Domitilla – dalla quale prendono nome le catacombe cristiane sotto la via Ardeatina a Roma – fu esiliata è dunque difficile che il liberto Clemente fosse potuto sfuggire alla persecuzione.
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(Lione, ca. 474 - Tours, 3 giugno 545)
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(Corbie, 13 gennaio 1381 -
Gand, 6 marzo 1447) |
Riceve nel 1381 il nome di Nicoletta, in segno di gratitudine
verso San Nicola di Bari da parte dei suoi genitori, cinquantenni, per
avere esaudita, con la sua intercessione, la loro richiesta di avere un figlio. |
(Rieti, 1467-1501)
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Nata a Rieti da una famiglia della
borghesia mercantile cittadina, la beata Colomba appartiene ad un nutrito
gruppo di donne di alta spiritualità che praticarono una consapevole scelta
di vita religiosa, portando un sensibile contributo alla riforma morale
della società del loro tempo all'interno del Terz'Ordine, che consentiva
esperienze intermedie tra la condizione secolare e la condivisione di una
regola cenobitica.
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(Cordova, ? - 853)
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Santa Colomba nacque nella città di Cordova nella Spagna, e passò i suoi primi anni in una vita innocente sotto gli occhi dei suoi genitori. Perduto poi il Padre in età assai giovane, resisté sempre alle istanze della madre, che voleva maritarla. Sopravvenuta anche la morte della madre, volò a rimettersi sotto la disciplina di sua sorella Elisabetta, la quale governava una Comunità di donne in un luogo chiamato Tabana situato nelle montagne. Ivi ella visse per molti anni come morta al secolo, e occupata solamente nelle cose celesti. Intanto vennero i Mori a disturbare le religiose di Tabana, le quali furono obbligate a ritirarsi in Cordova; e la nostra Santa vi andò insieme con le altre, e continuò i suoi esercizi di pietà con un fervore anche maggiore. Nel medesimo tempo i Mori facevano una crudele persecuzione contro tutti i cristiani; per cui Colomba stimolata da un impulso interiore uscì segretamente dal suo ritiro, e andò a celebrare davanti ai giudici le lodi di Gesù Cristo, ed a parlare contro gli errori di Maometto. Per tale ragione fu subito arrestata, e per sentenza degli stessi giudici le fu dal carnefice tagliata la testa. (Da S. Eulogio).
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(Irlanda, 540 c.a - 23 novembre 615)
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San Colombano può essere a buon diritto definito uno dei fondatori del monachesimo occidentale. Questo non solo per i suoi viaggi, le sue peregrinazioni, le sue fondazioni e le sue iniziative ma fondamentalmente per il suo carattere ed il suo carisma fuori dal comune.
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(I secolo)
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Lo Spirito Santo stesso negli Atti Apostolici descrive l'istoria di s. Cornelio, il quale era Centurione, cioè capitano di cento soldati. Benché gentile, conosceva il vero Dio: era uomo dabbene, ed assiduo nell’ orazione; digiunava frequentemente, e distribuiva ai poveri larghe elemosine. Tante virtù, e sì gran pietà gli fecero strada alla vera fede di Gesù Cristo, che per altro non conosceva, e a cui Iddio lo chiamò per mezzo di S. Pietro. In tempo che il s. apostolo istruiva delle verità della Religione il pio Centurione e gli altri gentili ivi presenti, lo Spirito Santo visibilmente discese sopra Cornelio e gli altri comunicando loro la sua grazia, e manifestando con questo prodigio, che non i soli Giudei ma anche i Gentili erano chiamati alla vera fede. Furono quindi tutti da S. Pietro battezzati, e non si può dubitare, che Cornelio non corrispondesse con santa vita a tante grazie; e con ragione la Santa Chiesa fa menzione il 2 febbraio, in cui celebra la memoria della purificazione della gran Madre di Dio Maria Santissima, a cui volle per umiltà assoggettarsi, quantunque la sua dignità e gran purezza la rendessero esente.
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(Piacenza, 1290 - Noto, 1354)
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Corrado
nobile Piacentino, dilettandosi della caccia, fece una volta incautamente
attaccare il fuoco a una selva, per cavare dai loro nascondigli gli animali
. Ma questo prese tal vigore che consumò tutta la foresta. Fu incolpato
dell’incendio un povero uomo, il quale, non potendo far constatare la stia
innocenza, fu condannato a morte. Quando Corrado venne a conoscenza di ciò,
volle che la giustizia avesse il suo luogo; onde palesandosi quale
colpevole, liberò l’innocente, e rimborsò il danno. Quindi abbandonata
la caccia si rivolse alla pratica della
virtù, e stabilita una nuovi maniera di vivere, col consenso di sua
moglie, si ritirò in un monastero, si consacrò al culto Divino, e se ne
andò a Roma in pellegrinaggio. Indi passando in Sicilia visse per tutto il
resto della vita facendo gloriosa guerra contro il demonio, dal quale per
lungo tempo soffrì orribili tentazioni. Procurò di domare la propria carne
con una vita penitentissima. Fra le altre austerità mortificava la sua gola
, non mangiando che poco pane ed acqua, e questo anche di rado. Dopo avere
così dato un grand'esempio di mortificazione ai popoli della Sicilia,
santamente morì.
(Dai
Bollandisti).
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(III secolo)
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I
Santi Cosma e Damiano erano
fratelli, e nacquero nell'Arabia. Esercitarono la professione della
medicina, non già per interesse, ma unicamente per aiutare il loro
prossimo, e per amor di Dio; dimoravano essi in Egèa città marittima della
Cilicia, allorché vi venne Lisia governatore di quella provincia per farvi
la ricerca dei cristiani, e obbligarli a sacrificare agli idoli. La pietà
dei fratelli Cosma e Damiano era troppo nota; onde furono tra i primi a
provare gli effetti della persecuzione. Furono pertanto presentati davanti
al governatore, il quale adoperò tutti i mezzi per indurli ad ubbidire agli
editti imperiali; ma rimanendo essi costanti nella Fede, e disprezzando
generosamente le minacce, le lusinghe e i tormenti del tiranno, furono
finalmente Condannati al supplizio, per mezzo del quale conseguirono la
palma del martirio nel principio del quarto secolo, sotto gli imperatori
Diocleziano e Massimiano. La loro memoria è stata sempre celebrata nella
Chiesa sia Greca che Romana, e di loro si fa ogni giorno speciale Menzione
nel Canone della Messa.
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(Bolsena, ? - 24 luglio, IV secolo)
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Santa Cristina da Bolsena, martire
(24 luglio, anno imprecisato all'inizio del IV secolo)
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(I secolo)
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S. Cristoforo, secondo la leggenda, si caricò sulle spalle Gesù Bambino per fargli attraversare un fiume; questo nome significa, infatti, "colui che porta Gesù". Giunse spossato all'altra riva, nonostante trasportasse solo un bimbo, e Gesù gli spiegò che, con Lui, aveva portato sulle spalle il peso del mondo intero. A riprova di quanto diceva, Gesù gli chiese di piantare il suo bastone vicino alla capanna dove il sant'uomo viveva, promettendogli che il giorno successivo l'avrebbe trovato in fiore e pieno di frutti, come in effetti avvenne. Il nome di San Cristoforo è strettamente legato a questo episodio, per cui è santo patrono di tutte le categorie di trasportatori, degli avieri, degli alpinisti, dei facchini e portantini, degli atleti e dei pellegrini, giardinieri e fruttivendoli; è invocato contro incidenti, tempeste e uragani, la peste a le malattie degli occhi. E' patrono di Passignano sul Trasimeno e Stoccarda.
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(Bamberga, XI sec. - Kaufungen, 3 marzo 1033 o 1039)
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