SantiC

Calliope - Calogero - Camillo - Candida - Carlo - Carlo da Sezze - Cassiano - Catello - Caterina da Genova - Caterina d'Alessandria - Caterina da Siena - Caterina Labouré - beata Caterina Volpicelli - Cecilia - Celestino V - Ceccardo - Cesario - Chiara - Cipriano - Cirillo - Cirillo e Metodio - Ciro - Clara - Clelia Barbieri - Clemente Papa Clotilde - Clotilde - Colette - Colomba da Rieti - Colomba da Cordova - Colombano - Corrado - Cornelio - Cosma e Damiano - Cristina - Cristoforo - Cunegonda

 

Santa Calliope

(III sec., + tra il 251 e il 253)

 

 

Santa Calliope martire è ricordata nel Martirologio Romano l'8 giugno. Sono scarsissime le notizie a suo riguardo: Calliope avrebbe ottenuto la palma del martirio dopo aver subito mutilazioni e ustioni (un'antica incisione mostra un aguzzino intento a bruciarle i seni con una torcia). Pare che sia anche stata costretta a camminare sopra dei cocci acuminati. Non è riportato il luogo dove avvenne il suo martirio, così come non sappiamo dove nacque, ma l'epoca è da stimarsi certamente al III secolo, dato che i menei greci concordano nel ricordarla all' 8 giugno e riportano che il martirio avvenne durante la persecuzione dell'imperatore Decio (252). 

 

San Calogero

(Costantinopoli, 466 - Sciacca, giugno 561)

 

San Calogero nacque a Costantinopoli da genitori cristiani, e sin da piccolo abbracciò gli insegnamenti di questa religione, in particolar modo la preghiera e la meditazione. A vent’anni divenuto monaco, mentre viveva in solitudine, avvertì la voglia di recarsi in Sicilia, insieme a Gregorio e Demetrio, dove dal pontefice ebbe l'incarico di diffondere la nuova fede. Dapprima si recò a Lipari ove costruì una chiesa, poi giunse a Terme Selinuntine dove alloggiò in una grotta del Monte Cronio. Da lassù, ogni giorno, scendeva in paese a predicare la fede, amministrare i sacramenti e curare gli ammalati con le miracolose acque termali e i vapori delle stufe. Si racconta che durante la sua vecchiaia, non potendo più raccogliere le erbe di cui nutrirsi, si cibava del latte di una cerva mandatagli dal Signore. Un giorno però il cacciatore Siero, detto Arcario perché cacciava con l'arco e le frecce, uccise involontariamente l'animale. Addolorato per aver compiuto tale errore, divenne discepolo del santo, sostenendolo con venerazione sino alla morte del santo avvenuta dopo quaranta giorni. Lo stesso Arcario lo seppellì in una caverna sul monte, nota a lui soltanto. Egli trasformò successivamente la grotta in cui era vissuto il santo in una piccola chiesa, dove alloggiò insieme ad altri discepoli. In seguito vennero scavate nella roccia le cellette che costituirono i dormitori: furono dette "Eremo" o "Quarto degli Eremi". Il 26 agosto del 1656 , a quanto si sa, una monaca francescana ebbe una visione, per mezzo della quale seppe dov’era stato seppellito il santo. Fatti gli scavi furono effettivamente trovati tre scheletri, che si credette appartenessero al santo, ad Arcario e alla cerva, dal momento che quest’ultimo scheletro non aveva forma umana. Furono portati nella Chiesa Madre, ma nel 1728 il vescovo di Agrigento, per paura che fossero venerate delle false reliquie, le fece bruciare. I discepoli di San Calogero dapprima vissero vita eremitica, poi seguirono la regola di San Benedetto, ed infine osservarono quella di San Basilio.La festa di San Calogero si svolge il 18 giugno, giorno della sua morte.  (Da Wikipedia, l'enciclopedia libera).

 

San Camillo de Lellis

(Bucchianico, Chieti, 1550 - Roma, 1614)

 

San Camillo de Lellis fu violento e sregolato in gioventù, lasciandosi coinvolgere in risse e duelli, specialmente a causa della sua passione per il gioco. Soldato di ventura, a venticinque anni si convertì alla fede cristiana e diventò cappuccino, ma dovette abbandonare l'Ordine a causa di una infermità invalidante. Fondatore della "Compagnia dei ministri degli infermi", costituita da chierici regolari addetti alla cura degli ammalati, costruì diversi ospedali e fu il primo ad assistere i malati gravi al loro domicilio. Per distinguersi, i "Camillani" avevano una croce rossa sull'abito talare, che conservano ancora oggi, e che costituisca il simbolo della "Croce Rossa". San Camillo è protettore dei malati, degli infermieri e di tutte le organizzazioni sanitarie. E' anche protettore della buona morte e santo patrono dell' Abruzzo e del Molise.

 

Santa Candida da Napoli 

(I secolo)

 

S. Candida, prima cristiana Napoletana, trasse da illustri genitori la sua origine. In tempo che il Principe degli Apostoli S. Pietro passava per Napoli nel viaggio che faceva da Antiochia a Roma, la Santa gli si presentó chiedendogli d'esser guarita d'una sua infermità. S. Pietro miracolosamente la risanò ; ed anzi al beneficio corporale aggiunse anche lo spirituale, istruendola delle verità della fede, e lavandola nelle acque  del Santo Battesimo. Allora Candida desiderosa di vedere anche in altri diffuso codesto sì prezioso tesoro della fede , pregò il Principe degli Apostoli che volesse impartire lo stesso beneficio ad Aspreno suo congiunto; il quale fu parimenti battezzato da S. Pietro ed ordinato primo Vescovo della Chiesa di Napoli. Ebbe altresì Candida la sorte di assistere all'incruento Sacrificio che il Principe degli Apostoli celebrò in Napoli; e per le mani di lui fu cibata delle carni dell' Agnello Immacolato. Finalmente piena di anni e di meriti se ne volò all'eterno riposo del cielo nell'anno 78 di Nostro Signore.   (Dal Breviario Romano).

 

San Carlo Borromeo

(Arona, 1538 - Milano, 1584)

 

S. Carlo fu figliuolo del Conte Giberto Borromeo e di Margherita de' Medici, sorella del Pontefice Pio IV. Vestito dell'abito Chiericale andò a studiare in Pavia, ove prese la laurea dottorale. In età di 22 anni fu dallo zio che era stato eletto Papa, chiamato a Roma e creato Cardinale; e gli fu insieme conferito l'Arcivescovado di Milano, la carica di Sommo Penitenziere, con altri titoli e dignità. Seguita poi la morte del medesimo Zio, pertossi alla sua diletta Chiesa, e durante il Concilio di Trento pose mano alla riforma del Clero e del popolo non senza contradizioni, e col pericolo stesso della vita; poiché avendo preso a riformare l'Ordine degli Umiliati, gli fu da un Religioso di quest'Ordine sparato un archibugio carico a palle, e con manifesto miracolo non ne rimase estinto. La carità del Santo fu singolare, quando in tempo della peste, come il buon Pastore Evangelico, espose la sua stessa vita, e in beneficio dei poveri impiegò tutte le sue sostanze. Per adempiere perfettamente il suo Pastorale ministero, fece continue istruzioni in voce e in iscritto al Clero, e al popolo. Fondò la Congregazione degli Oblati nel 1578 e vari istituti di carità e di formazione, ed istituì anche seminari per la formazione dei sacerdoti. Scrisse varie opere di indubbio valore, come il "Catechismus Romanus". Durante la pestilenza del 1576 a Milano, prestò alacremente assistenza ai contagiati. Finalmente nell'immatura età di 46 anni andò in Cielo a ricevere il premio delle sue virtù. Con sant'Ambrogio è patrono di Milano. (Dal Giussano).

Luci ed ombre

San Carlo nella diocesi impose regole severe, come la separazione di uomini e donne nelle chiese e la repressione degli adulteri; inoltre, pretese la sottomissione alle regole vescovili di religiosi e laici, scontrandosi con le autorità civili e ricorrendo anche alle scomuniche. Soppresse il potente ordine degli Umiliati e, dopo essere sfuggito a un attentato di cui fece poi condannare e giustiziare quattro dei responsabili. Ottenne una parte dei fondi dell'ordine soppresso e poté cedere Brera ai Gesuiti e finanziare costruzioni come il collegio Elvetico e la chiesa di San Fedele. Fu accusato di eccessivo rigorismo dalle autorità civili milanesi. Combattè l'eresia nelle valli svizzere, in un periodo nel quale l'intolleranza fra cattolici e protestanti aveva portato lutti e devastazioni. Nella visita pastorale in Val Mesolcina del 1583 si oppose al degrado della chiesa locale con l'imposizione del rispetto di norme rigide arrivando a far processare per stregoneria un centinaio di donne, delle quali dieci furono condannate al rogo.   (Da Wikipedia, l'enciclopedia libera).

 

S. Carlo da Sezze

(Sezze, 22 ottobre 1613 - Roma, 6 gennaio 1670)

 

Nato a Sezze il 22 ottobre 1613, Giancarlo (questo era il Suo nome di battesimo) fu costretto ben presto a lasciare le pubbliche scuole per attendere alla custodia del gregge, coltivando però la profonda devozione allo Spirito cristiano infusa dai devoti genitori. L'Amore per la Croce e la Vergine Maria gli illuminarono il cammino spirituale; Carlo entrò nel convento francescano di Nazzano, indossando l'abito del Poverello d'Assisi il 18 maggio 1635.
Obbediente alle disposizioni dei superiori, egli esercitò i suoi uffici religiosi nei conventi di Morlupo, Ponticelli, Palestrina, Carpineto, S. Pietro in Montorio e S. Francesco a Ripa in Roma, vivendo sempre con estrema umiltà e disciplina francescana. Frate Carlo compì sempre lietamente opere volte a procurare sostentamento ai poveri ed assistenza ai malati e moribondi.
Il Signore volle riconoscere la straordinaria fede di Frate Carlo. Una mattina, mentre il frate ascoltava messa nella Chiesa di S. Giuseppe a Capo le Case, al momento dell'elevazione un raggio luminoso partito dall'Ostia Santa andò a ferire Carlo al cuore, procurandogli una profonda ferita. Tale fu il segno d'amore ricevuto che lo stesso Frate così lo descrive: "Era mezzo i due estremi, cioè del dolore e della soavità della dolcezza, sembrava che l'anima volesse uscire dal corpo. Avrei per la dolcezza sopportato qualsivoglia gran tormento ed ogni travaglio".
Frate Carlo operò molti miracoli, come guarigioni da infermità e moltiplicazione di cibo. Colpito da malattia morì nel convento di S. Francesco a Ripa il 6 gennaio 1670. Nel punto del cuore dove il Signore gli inflisse la ferita d'amore, cominciò ad apparire dopo la morte un segno a forma di croce; il fenomeno è stato uno dei miracoli riconosciuti dalla S. Congregazione dei Riti. Riconosciuti i miracoli proposti per la Beatificazione da Pio IX, lo stesso Papa promulgò il decreto di Beatificazione il 21 novembre 1875.
Frate Carlo da Sezze fu riconosciuto Santo dalla Chiesa il 12 aprile 1959.

S. Casimiro

(Cracovia, 1458 - Grodno, 4 marzo 1484)

 

S. Casimiro figliuolo di Casimiro Re di Polonia, per l'ottima educazione avuta dai suoi Genitori, fece in tenera età progressi mirabili nella divozione. Aborriva le grandezze regie, dilettandosi della mortificazione di sé stesso, e del rigore verso il suo corpo innocente, che con frequenti digiuni, ed.altre varie mortificazioni affliggeva. Meditava quasi del continuo la Passione e Morte di Gesù Cristo Nostro Redentore; e questa frequente meditazione operò nell'anima di lui effetti mirabilissimi : perocché quando assisteva al Santo Sacrifìcio della Messa restava talmente elevato in Dio, che pareva sempre assorto in dolcissima estasi. Usava misericordia grande verso i poveri, e coi benefizi sollevava le persone tribolate. Esortava opportunamente il Re suo padre a governare i sudditi secondò le leggi dell'equità, e della giustizia. Fu sopra tutto diligentissimo in serbare illibata la sua castità; e quando i medici gli consigliarono di prender moglie, come per unico rimedio al suo male, elesse piuttosto la morte, che la perdita della verginità. Cosi nella immatura età di anni 25 con una morte preziosa agli occhi di Dio se ne volò al cielo questo insigne Martire della castità.   (Dai Bollandisti).

 

San Cassiano

(III - IV sec.)

 

S. Cassiano era Maestro di scuola in Imola città della Romagna, ed insegnava a leggere e scrivere ai fanciulli. Si pubblicò in questa città l'editto di persecuzione contro i Cristiani, che li obbligava a sacrificare agl'idoli. Fu Cassiano denunciato come tale al governatore della città; e perché ricusò costantemente di ubbidire agli ordini iniqui dell'Imperatore, fu condannato a perdere la vita con un nuovo genere di supplizio. Sapendo il governatore che Cassiano (come ogni maestro che si rispetti) era odiato dai fanciulli che frequentavano la sua scuola, lo fece loro consegnare nudo e legato, acciò facessero di lui ciò che volevano. Radunatisi pertanto quei fanciulli intorno al Santo, ed incitati dal giudice ad ucciderlo, come un uomo sacrilego e nemico degli Dei, gli spezzarono in testa quelle tavolette, e lo ferirono in tutte le membra con quegli stili, con i quali si costumava in quei tempi di scrivere. In tal maniera grondando da ogni parte sangue per le ferite ricevute, rese l'anima a Dio con un martirio tanto più doloroso e crudele, quanto più deboli erano le mani, e inferme le forze di coloro che lo ferirono, ed uccisero.  (Dal Ruinart).

Questo genere di martirio sembra essere stato ricalcato su quello di San Marco d’Aretus o sul racconto della morte del maestro traditore, di cui parla Tito Livio (Ab Urbe condita, V, 27). La tradizione riguardante il martirio con gli stiletti non è considerata quindi attendibile dagli studiosi, anche perché, se fosse vera, bisognerebbe pensare ad un martirio subito non ad opera di un magistrato romano, ma nell'ambito di sommosse popolari.
Non si conosce quindi l'anno del martirio né la pena subita.
È certo però che nel secolo V esisteva ad Imola la venerazione del martire Cassiano, con una chiesa a lui dedicata, e se ne faceva la commemorazione il 13 agosto.
San Pier Crisologo (m. 450), vescovo di Ravenna, ebbe una particolare devozione verso questo martire conterraneo, tanto da desiderare di essere sepolto presso le spoglie. L'immagine di san Cassiano fu raffigurata a Ravenna nella cappella detta di San Crisologo e nella teoria dei santi in Sant'Apollinare Nuovo.  (Da Wikipedia, l'enciclopedia libera).

 

San Catello

(VI sec.)

 

La storia di San Catello, vescovo di Stabia e patrono della città di Castellammare di Stabia, purtroppo, non è ben chiara. Avvolta nel mistero e per alcuni tratti contraddittoria, la vita del Santo, fu trascritta per la prima volta dall'Anonimo sorrentino in un manoscritto risalente alla fine del IX sec. Intento a raccontare la storia di Sant'Antonino abate di Sorrento (strettamente collegata alla vita di San Catello), l'anonimo nei suoi antichi scritti, menzionando le vicissitudini che legano i due Santi, ha rilasciato numerose tracce descrittive anche di San Catello.
L'incontro tra i due Santi avvenne nel 589, quando Sant'Antonino (monaco benedettino), scampato alla furia devastante del popolo longobardo, dopo diversi giorni di profugo cammino, giunto a Stabia, fu accolto dal vescovo Catello. In seguito divisero le fatiche apostoliche; ritiratisi eremiti sul monte Aureo, ebbero la celeste visione dell'arcangelo Michele, dove fecero innalzare un tempio in suo onore. 
Vittima di calunnia, con la quale lo si accusava di aver abbandonato i fedeli e la sua chiesa, il vescovo Catello fu sospeso e condotto prigioniero nelle carceri di Roma perché giudicato colpevole da Papa Pelagio II. 
Catello, uomo di fede, accolse la momentanea ingiusta decisione con estremo spirito di sopportazione chiudendosi in contemplazione. 
Stretto in continua meditazione ed ispirato da sapere divino, Catello predisse al diacono, (suo temporaneo custode di cella) la sua futura elevazione a pontefice. 
Alla morte di Papa Pelagio II (anno 590), la predizione fatta anni prima nelle carceri ebbe ad avverarsi: il diacono carceriere, fu eletto Papa con il nome di Gregorio Magno. 
Leggenda vuole che, Papa Gregorio Magno, grazie alle rivelazioni avute in sogno da un monaco benedettino (presumibilmente sant'Antonino), avendo in ricordo la predizione di Catello (fatta anni addietro nelle carceri), lo riconobbe innocente. Finalmente scarcerato, Catello fu accolto festosamente dal popolo stabiese. (Da www.liberoricercatore.it)

 

Santa Caterina da Genova

S. Caterina trasse i suoi natali in Genova dalla nobile famiglia dei Fieschi; e collocata in matrimonio con un cavaliere della stessa città chiamato Giuliano Adorno, molto da esso dové soffrire a cagione del suo carattere focoso, bisbetico, stravagante, e tutto dedito allo sfogo delle sue viziose passioni. Soffrì tutto ciò Caterina con pazienza, e passò i primi cinque anni in una grande afflizione, piena di affanno e di cordoglio, e sempre ritirata in casa. Consigliata a divertirsi, per trovare così qualche sollievo all'animo suo oppresso da troppa malinconia, sì lasciò persuadere da tali mondane insinuazioni, e si diede a vivere alla moda, senza però trovare alcun sollievo ai suoi affanni; che anzi questi s'accrebbero attesi gli acuti stimoli di coscienza originati dalla vita mondana e rilassala, che ella conduceva. Illuminata da Dio la sua mente con un raggio della divina grazia conobbe il rilassamento in cui era caduta, e ne concepì il più vivo dolore; ed ardendo il suo cuore d'una fiamma la più accesa d'amor di Dio, meritò di essere da essa consumata, qual vittima di carità, e di amore. (Dai Bollandisti).

Santa Caterina d'Alessandria

(? - Alessandria, verso il 415)

 

Santa Caterina era una illustre donna della città di Alessandria in Egitto, adorna di tutte le più ricche prerogative, sia dì corpo che di spirito. Ma tutti questi pregi umani benché singolari e distinti, erano un nulla in paragone della sua fede, della sua illibata purezza, e dell'amore ardente verso Gesù Cristo suo celeste Sposo. L'imperatore Massimino, tiranno crudele, e insieme libidinoso, il quale perseguitava non meno la fede, che il pudore delle donne cristiane, s'invaghì oltremodo della Santa Donzella; e per indurla ai suoi voleri adoperò tutte le arti, che gli poté suggerire la sua diabolica passione, armata della suprema potestà imperiale. Ma tutto gli riuscì vano ed inutile; poiché la Santa dopo aver con petto forte ed intrepido resistito a tutte le sue lusinghe, e a tutte le sue minacce, si sottrasse al pericolo con la fuga; ed essendosi probabilmente rifugiata nei monti dell'Arabia, là fu per ordine dei tiranno arrestata. Di fronte alla spudoratezza della ragazza, il governatore convocò un gruppo di retori affinché la convincano ad onorare gli dei. Ma questi, di fronte all'eloquenza di Caterina, non solo non la convertirono, ma essi stessi furono prontamente convertiti al Cristianesimo. Il governatore ordinò la condanna a morte di tutti i retori e dopo l'ennesimo rifiuto di Caterina la condannò a morire anch'essa su una ruota dentata. Miracolosamente la ruota si ruppe e Massimino fu obbligato a farla decapitare. Il suo santo corpo fu sepolto nella sommità del monte Sina, dove la Santa nei  secoli susseguenti é stata con culto speciale, ed anche con devoti pellegrinaggi venerata dai fedeli. (Dal Cardinale Cesare Baronio).

 

Santa Caterina da Siena 

(Siena, 1347 - Roma, 1380)

 

S. Caterina Benincasa, nata in Siena città della Toscana, figlia di un tintore,  fece conoscere fin dai primi anni l'eccelsa santità a cui Dio l'aveva destinata. In età di otto anni consacrò la sua verginità a Gesù Cristo sotto la protezione di Maria Vergine. Disdegnando vanità e civetterie tipiche delle ragazze dell'epoca, amava il ritiro, l'orazione, il silenzio, la modestia, la penitenza, e tutto ciò che poteva avanzarla nell'amor di Dio. Caterina a 16 anni rifiutò  il matrimonio voluto dai  genitori e ottenuta dopo replicate istanze la licenza di scegliersi lo stato a genio suo, vestì l'abito delle Suore Penitenti di S. Domenico. Non curò mai il suo aspetto esteriore, dedicandosi alla cura degli ammalati, particolarmente dei lebbrosi. Ricevette le stimmate, e fu visitata con frequenti malattie dal Signore, il quale anche permise, che il demonio la travagliasse con terribili tentazioni, che ella superò con l'aiuto della Divina grazia, a cui in ogni occasione aveva ricorso. L'amore che nutriva verso Dio, le diede viscere di carità verso il prossimo, facendo che si impiegasse nei loro bisogni quanto poteva. Si rese celebre per i suoi Scritti (tra cui il famoso trattato "Dialogo della Divina Provvidenza")  e per altre insigni opere; e specialmente per aver contribuito ad indurre Gregorio XI a ristabilire la Sede Apostolica in Roma. Pio II  la canonizzò nel 1461 e Pio XII la proclamò patrona d'Italia con s. Francesco d'Assisi, nel 1929. Protegge le infermiere italiane. E' compatrona di Roma e Siena e protettrice della Toscana e di Varazze. Dopo 33 anni di vita, impiegata cosi nel servizio Divino, la chiamò il Signore alla celeste gloria del Paradiso.  (Da Raimondo da Capua).

 

Santa Caterina Labouré

(Fain-les-Moutiers, 2 maggio 1806 - Parigi, 31 dicembre 1876)

 

Caterina Labouré visse i suoi primi 24 anni in una famiglia più che numerosa (11 figli), nella fattoria dei Labouré, nel piccolo paese di Fain les Moutiers vicino a Châtillon.
Caterina, a soli 9 anni, dopo la morte della mamma, dovette assumersi la responsabilità della casa e la cura della sorella più piccola e dell'ultimo nato che aveva seri problemi di salute. 
Non ebbe tempo per il gioco e poco per la scuola. 
Caterina sapeva però prendersi anche il suo tempo libero. Quasi nascosta nella penombra di una chiesetta poco fuori paese, rimaneva a lungo in una preghiera fatta di lunghi silenzi e di brevi invocazioni. In questo contatto intimo e personale con Dio cominciò a insorgere in lei un desiderio dai contorni sempre più precisi: donare la sua vita al Signore per servirlo nei poveri, come aveva già fatto sua sorella Maria Luisa.  Dovette attendere fino a 24 anni, perché la sua presenza in famiglia era più che necessaria. Era l'aprile del 1830. Caterina bussava alla porta della Casa Madre delle Figlie della Carità a Parigi, alla Rue du Bac. Voleva essere una di loro. 
In quel 1830 la vita di Caterina ci presenta come uno spaccato: per circa 10 mesi la giovane farà esperienze del tutto nuove e ripetute; lei, così concreta, avrà frequenti contatti con il soprannaturale: vedrà più volte il cuore di san Vincenzo, fondatore delle Figlie della Carità, al disopra della cassa contenente i suoi resti mortali; vedrà il volto di Gesù nell'Eucarestia e Cristo che porta la croce; vedrà la Madonna che le svela il futuro della Francia (le rivoluzioni del 1830 e del 1848) e le affida alcuni messaggi.
Esperienze che lasceranno un segno indelebile, ma che Caterina coprirà col più rigoroso silenzio. 
Pochissime persone, e tutte legate dal segreto, conosceranno i grandi messaggi ricevuti dalla veggente. 
Riviveva quei momenti, immersa nel silenzio e nella preghiera, felice di quello che sentiva raccontare: quella medaglia che la Madonna le aveva chiesto di far coniare, si moltiplicava in migliaia e migliaia di esemplari, portando grazie di guarigioni e di conversioni in così gran numero, tanto che il popolo l'aveva chiamata "Medaglia Miracolosa". Vedeva anche il fiorire di un'Associazione di ragazze la cui ricchezza spirituale era la devozione a Maria e l'imitazione delle sue virtù. 
Queste cose la Madonna le aveva chieste espressamente a lei, Caterina. Ora erano diventate realtà ed erano sotto gli occhi di tutti.  Forse qualcuno intuì che la Suora che aveva visto la Madonna, era suor Caterina, ma nessuno ne ebbe mai la certezza. 
Non ci furono, per questa Suora, promozioni umane, se non che dal pollaio passò alla cucina, dalla cucina alla sala degli anziani e da questa alla portineria. Tutto qui. 
Suor Caterina si sentiva ed era Figlia della Carità; lo era nel senso più prezioso di questo titolo. Amava Dio, san Vincenzo e santa Luisa, la Chiesa, la Comunità, i Poveri. 
C'erano in lei la forza e la debolezza, la tentazione a reagire d'impeto e la capacità dell'autocontrollo, la percezione di ciò che non era positivo e il senso del rispetto, del non giudizio e della non condanna. 
Suor Caterina era prima di tutto una donna, una donna forte, dal carattere passionale e dalle reazioni primarie, ma anche una donna volitiva, decisa, concreta, che andava all'essenziale. Non è diventata santa perché ha avuto delle visioni, ma perché, consacrata al Signore per il servizio dei poveri, ha compiuto giorno dopo giorno la volontà di Dio, nel silenzio e nell'umiltà, lasciandosi trasformare dalla potenza della Grazia. (Da http://www.fdcsanvincenzo.it )

Beata Caterina Volpicelli

(Napoli, 21 gennaio 1839 - 28 dicembre 1894)

 

   

La beata Caterina Volpicelli nacque in una famiglia dell'alta borghesia napoletana. Trascorse un'infanzia serena educata, con i fratelli, nella fede in Dio e nell'amore per il prossimo. Entrò, a sette anni, nel Reale Educandato "Maria Isabella di Borbone", affidata a Margherita Salatino, che fu sua buona amica fino alla morte (1876), e con la quale condivise l'amicizia di padre Ludovico da Casoria. A dodici anni rientrò in famiglia, proseguendo gli studi. Dedicava molto tempo alla cura della sua persona e alla preghiera; progettava di sposarsi, ma avvertiva il desiderio di consacrarsi a Dio. Decise infine di consacrarsi al Signore, ma da laica, per poter svolgere il suo apostolato nel mondo e non tra le mura di un convento. Promosse la devozione al Sacro Cuore di Gesù e numerose furono le sue attività sociali e religiose. Con il costante appoggio del cardinale Sisto Riario Sforza, fondò l'Istituto delle Ancelle del Sacro Cuore.  Beatificata da Giovanni Paolo II il 29 aprile 2001.  (Maggiori informazioni sul sito ufficiale: www.caterinavolpicelli.it)

 

Santa Cecilia V. e M. 

(Roma, III secolo)

 

Santa Cecilia, una delle più illustri Vergini e Martiri che si venerano nella Chiesa Cattolica, soffrì il martirio per la Fede di Gesù Cristo circa la metà del terzo secolo; e credesi che della stessa grazia fossero anche partecipi il suo sposo S. Valeriano, e Tiburzio fratello del medesimo. Celebre, in Roma sino da antichissimo tempo è la festa di S. Cecilia, poiché la si trova nei più antichi messali ed il suo nome è inserito non solo in tutti i martirologi, ma anche nel canone della messa. Nell'ottavo secolo fu ritrovato il suo sacro corpo nel cimitero detto di Pretestato sulla Via Appia, e fu riposto nella Chiesa fino dal quarto secolo dedicata in onore di questa Santa Vergine. Nel pontificato di Clemente VIII fu nuovamente ritrovato il suo corpo, del quale nel corso del tempo si era perduta ogni memoria, e in tale occasione il Signore si degnò di operare molti miracoli a sua intercessione, come attesta il Ven. Card. Baronio; il quale fu presente alla ricognizione del corpo della Santa Vergine, e ci fa sapere che il corpo della Santa fu ritrovato intero, benché disseccato, e che fu riposto in una cassa d'argento.    (Dal Card. Baronio).

 

San Celestino V  Papa

(Isernia, 1215 - Frosinone, 19 maggio 1296)

 

San Celestino, al secolo Pietro d'Angelerio, nacque in una famiglia numerosa e contadina; studiò prima dai benedettini di Faifoli (Benevento)  e poi a Roma, dove ricevette l'ordinazione sacerdotale e il permesso di recarsi in eremitaggio sul monte Morrone. Ma incominciò a diffondersi la sua fama, e Celestino fu raggiunto da altri aspiranti eremiti, tanto da formare una comunità, gli Eremiti di San Damiano. Scrisse una durissima lettera ai cardinali che da due anni non riuscivano a mettersi d' accordo per eleggere il successore di papa Nicolò IV, morto nel 1292,  e questi risposero nominando papa proprio lui, il vecchio Pietro. Ma dietro questa nomina c'era Carlo II d'Angiò che strumentalizzò il neo-pontefice Celestino V, che presto se ne rese conto e rinunciò al pontificato. Bonifacio VIII, suo successore, gli promise che l'avrebbe lasciato tornare al suo eremitaggio, ma infangò il suo pontificato, facendo rinchiudere Celestino-Pietro in varie carceri. Morirà, e per l'età avanzata, e per i maltrattamenti, nel carcere di Fumone, presso Anagni. Verrà canonizzato nel 1313. (Sintesi da: ).

 

San Ceccardo

(IX secolo - Luni 860?)

 

 

San Ceccardo visse nel IX secolo e morì martire a  Luni, forse nell'860, quando la città fu distrutta dai normanni di re Hastings che, secondo un'antica leggenda avrebbe confuso Luni con Roma. In un atto dell'816 si parla di Ceccardo come "clericus filuis Siribaldi", che sarebbe stato il successore del vescovo Petroaldo, citato nel Concilio di Roma dell'826. L'epigrafe in un'ara rinascimentale, che parla della morte del vescovo Ceccardo avvenuta nel 600, è stata invece rifiutata dagli storici. Emblema di San Ceccardo: Bastone pastorale, Palma.      E' Patrono della Città di Carrara, del Comune e del vicariato urbano di Carrara. Le notizie sulla vita del santo sono tratte dal sito www.parrocchiasanceccardo.org , al quale si rimanda per maggiori informazioni.

 

San Cesario

(Africa -Terracina I sec.)

 

                                                   Secondo la passio, Cesario era un diacono africano che venne a Terracina,  al tempo dell'imperatore Claudio. Il 1 gennaio, assistendo a una manifestazione crudele si imbatté in un giovane di nome Luciano, che era destinato a essere sacrificato agli dei per la festa pagana. Cesario protestò per questa barbarie presso il sacerdote pagano Firmino, incaricato del sacrificio umano, che per tutta risposta lo fece arrestare. Luciano si lanciò dal monte (pisco montano) con un focoso cavallo e morì. Cesario a tal vista si infuriò e rimproverò ancora Firmino per questo sacrificio.  Condotto al tribunale del console Leonzio, Cesario fu obbligato a sacrificare nel tempio della città ad Apollo, ma, mentre veniva condotto al tempio, questo crollò travolgendo Firmino. Cesario fu allora rinchiuso in carcere e dopo un mese fu condotto al Foro per essere giudicato; improvvisamente il console Leonzio si convertì e dopo aver ricevuto i Sacramenti dal presbitero Giuliano, morì. Subentrò allora un certo Lussurio, primo cittadino del luogo, che condannò Cesario e Giuliano a essere gettati in mare dentro un sacco appesantito da pietre. Il suo corpo riposa nella Basilica Santa croce di Gerusalemme in un urna di basalto.
San Cesario è un esempio per i problemi emergenti del nostro tempo: l’ingiustizia, la violenza, la pace tra i popoli, la riconciliazione, il bisogno di dare senso alla vita e alla morte. La statua argentea riproduce l'apoteosi di San Cesario nell'atto di ricevere la gloriosa palma del martirio, opera di bravissimi orefici napoletani nel 1612 . Si venera e viene esposta solo in occasione della sua festa nella parrocchia San Cesario in Cesa (CE).
Si ringrazia il devoto agiografo per le notizie e per l'immagine del Santo.

 

Santa Chiara di Assisi 

(Assisi, 1193 - 1253)

 

 

S. Chiara (o Clara) nacque nella città di Assisi. La giovane si distinse ben presto per l'amore verso i poveri e la costanza nella preghiera. Fu fortemente influenzata dai sermoni di san Francesco, del quale era assidua ascoltatrice e per consiglio del suo celebre concittadino abbracciò la vita religiosa. Osteggiata dalla famiglia nella sua vocazione, fuggì da casa e si rifugiò nel monastero benedettino di Bastia. Appoggiata dalla sorella Agnese, si trasferì con lei ed altri compagni nel monastero vicino alla chiesa di san Damiano; e quivi col buon odore delle sue virtù trasse molte altre persone del suo sesso ad abbracciare quel medesimo stato di vita ritirata e penitente, Qui Chiara fondò il Secondo Ordine francescano delle Povere Dame, detto delle Clarisse. Era la Santa devotissima dell'augusto Sacramento dell'Altare, da cui ricevé molte grazie: tra queste insigne e famosa fu la liberazione della sua patria e del suo Monastero dalle armi dei Saraceni, i quali ella discacciò con farsi portare, benché inferma, sulla porta di esso, tenendo avanti a sé in una custodia il SS. Sacramento. Facendo quivi essa orazione, sì udì una voce che disse: Io vi custodirò, e guarderò; ed immantinente quei barbari, che già salivano su per le mura del Monastero, impauriti caddero rovesciati da mano invisibile, e se ne partirono senza fare alcun danno. Nello stesso Monastero visse per quarantadue anni aiutando i bisognosi,  avendo grande carità e pietà verso di loro. Dopo un'ammirabile pazienza esercitata in una lunga infermità, santamente morì, assistita nei suoi funerali dal Pontefice Innocenzo IV, e da tutta la Corte Romana. Santa Chiara è  patrona delle lavandaie, ricamatrici, stiratrici e dei vetrai.   (Dal Surio).

  

San Cipriano

(Cartagine 199 - Sesti, presso Cartagine, 16 settembre 258)

S. Cipriano nacque nell'Africa; e prima che avesse la sorte d'esser convertito alla Religione Cristiana professò l'eloquenza con molto credito; né rinunziò agli errori del paganesimo se non dopo d'essere stato lungo tempo dubbioso, e d'aver deliberato maturamente se dovesse farlo; poiché gli pareva difficilissimo il rinascere per menare una nuova vita, e diventare un altro uomo ritenendo il medesimo corpo. Ma quando l'acqua vivificante del Battesimo ebbe lavate le macchie della sua vita passata, e il suo cuore purificato ebbe ricevuta dall'alto la luce dello Spirito celeste, tutto in lui fu chiaro, tutto fu luminoso, e trovò facile ciò, che sino ad allora gli era parso impossibile. Innalzato al Vescovado di Cartagine, in tutto si occupò in ben governare la sua Diocesi, in farvi fiorire la fede e la pietà. Riprese con somma forza la facilità di coloro, i quali abusandosi dell' indulgenza della Chiesa verso i caduti, concedevano ad essi l'assoluzione senza veruno discernimento, e senza far prova della sincerità della loro penitenza; e sotto la persecuzione di Valeriano coronò la sua vita con un illustre martirio.  (Dal Tillemont).

 

San Cirillo Vescovo

(Alessandria, 315 circa - 357)

 

S. Cirillo ordinato appena Sacerdote, fu da S. Massimo Vescovo di Gerusalemme destinalo a predicare al Popolo; il che egli fece con gran frutto, non tanto per la sua abilità, quanto per l'esempio che dava al popolo, praticando egli il primo ciò che insinuava con le sue prediche. Successo a S. Massimo nella Sede di Gerusalemme, difese con grandissima costanza la santa Fede Cattolica contro la rabbia degli eretici Ariani, per la forza e persecuzione dei quali fu scacciato dalla sua Chiesa. Sopportò egli pazientemente questo torto, persuaso di dovere ancor egli portar la Croce con Gesù Cristo. Riposto poi per voler di Dio nella sua Sede Episcopale, soffrì nuove e grandi persecuzioni per amore della giustizia, specialmente per opera degli Ebrei, protetti da Giuliano Apostata. Nello stesso tempo, nel quale giunse al fine dei suoi giorni, terminò pur anche la carriera delle tribolazioni; perché la sua vita fu uria continua serie di gravissime afflizioni: in premio delle quali chiamato dal Signore, andò a ricevere la mercede preparata alle sue generose fatiche, ed a godere la gloria dovuta ai suoi meriti.  (Dal Tillemont).

 

Santi Cirillo e Metodio

(Inizi sec. IX - 14 febbraio 869 Cirillo, 6 aprile 885 Metodio)

 


Nella basilica dedicata a San Clemente, papa e martire, si trova la tomba nella quale sono custodite le venerate reliquie di San Cirillo, che, insieme con il fratello San Metodio e accanto a San Benedetto, ho proclamato patrono di tutta l’Europa. La Chiesa tutta, nel glorificare i due santi fratelli, esprime loro la propria grata ammirazione per la grandiosa opera evangelizzatrice da essi compiuta per la divulgazione del regno di Dio tra le genti slave. Essi sono stati gli apostoli degli Slavi: portarono il Vangelo e all? stesso tempo hanno posto i fondamenti della cultura slava. Fino a un punto, questi popoli devono proprio a loro la propria lingua, una lingua liturgica e culturale. ? fratelli Cirillo e Metodio hanno operato nel sec. ??, tra Costantinopoli e Roma. ?anno agito nel nome dell'unità delle Chiese d'oriente e d'occidente, anche se questa unità cominciava già ad essere in pericolo.
Sono trascorsi undici secoli dal momento in cui la grande missione di entrambi i fratelli terminò con la morte di Metodio, nell’anno 885; il fratello Costantino-Cirillo era già morto sedici anni prima a Roma. A questi due grandi apostoli l’eterno Pastore ha affidato l’opera del Vangelo tra gli slavi. Essi divennero i primi evangelizzatori dei popoli che abitano la parte orientale e quella meridionale dell’Europa. Divennero i padri della loro fede e della loro cultura. 
Il loro arrivo a Roma era stato un grande avvenimento, che aveva mosso non solo il papa Adriano, ma anche i cittadini, i quali con ceri accesi erano andati incontro a Cirillo e Metodio, che portavano dall’Oriente le preziose reliquie di San Clemente. Furono accolti i libri sacri in lingua slava e nella basilica di Santa Maria Maggiore si cantò in quella stessa lingua la santa messa. 
Debilitato dalle fatiche, Costantino-Cirillo abbandonava questa terra a quarantadue anni, il 14 febbraio dell’anno 869, elevando a Dio una fervida e commossa preghiera e lasciando al fratello Metodio un impegnativo monito: “Ecco, fratello, condividevamo la stessa sorte, premendo (l’aratro) sullo stesso solco; io ora cado sul campo al concludersi della mia giornata. Tu ami molto, lo so, la tua montagna (cioè la zona sacra montagnosa dell’Olimpo dove i due fratelli avevano sperimentato la loro vita monastica in solitudine); tuttavia, per la montagna non abbandonare la tua azione di insegnamento. Dove in verità puoi meglio salvarti?”
I sedici anni, nei quali Metodio sopravvisse al fratello, furono pieni di attività apostolica, ma anche di sofferenze. Egli morrà il 6 aprile dell’anno 885. I suoi discepoli lo prepararono per le esequie e gli resero degni onori: celebrarono un servizio ecclesiastico in latino, greco e slavo e lo deposero nella cattedrale. E si aggiunse ai suoi padri, sia patriarchi che profeti, apostoli, dottori, martiri.
(Da Giovanni Paolo II, Papa).

 

San Ciro Martire

(Alessandria, 250 c.a - Canopo, Egitto, 303)

 

San Ciro nacque ad Alessandria d'Egitto intorno al 250.
Praticando l'arte della medicina si guadagnò l'appellativo di medico anargiro, cioè senza argento. Era infatti sua abitudine prestare le proprie cure a tutti, soprattutto ai poveri, ai quali non veniva chiesta alcuna ricompensa in cambio. 
Oltre a curare i mali fisici dei pazienti, il medico alessandrino si occupò soprattutto di curare i mali dello spirito. 
Ciro e il suo apostolo, Giovanni d’Edessa, mostrarono un coraggio fuori dal comune quando andarono a Canopo, a pochi chilometri da Alessandria, per curare e confortare Atanasia e le sue tre figlie, Eudossia, Teodota e Teotiste che, per essersi proclamate cristiane, erano state catturate e malmenate dai soldati romani. 
Qui Ciro e Giovanni subirono le stesse terribili torture riservate ai cristiani in questi casi: vennero bastonati, bruciati con fiaccole e, per straziarli dal dolore, le loro carni piagate furono cosparse di aceto e sale. La tradizione della Dimostranza tramanda che San Ciro sia stato immerso nella pece bollente e che, essendo sopravvissuto a questo supplizio, sia stato decapitato. Il martirio avvenne il 31 gennaio 303. A lui sono particolarmente devote la Campania e la Sicilia, ed è protettore dei medici e della città di Portici (NA).

 

Santa Clelia Barbieri

(S. Giovanni in Persiceto, 13 febbraio 1847 - 13 luglio 1870)

 

Primogenita di Giuseppe Barbieri e Giacinta Nanetti, entrambi di povera condizione, nasce il 13 febbraio 1847 a La Budrie, una piccola frazione rurale di S. Giovanni in Persiceto, nella provincia di Bologna. Fin da ragazzina aiuta la madre nei lavori di casa e poi viene assunta dal parroco come domestica a ore in canonica. Una donna che sa irradiare pace, semplicità, modestia e dolcezza. Aiutata dal parroco presso cui presta servizio, si consacra in segreto a Dio. Le vicende politiche del tempo portano all'arresto di molti sacerdoti, tra cui il parroco e Clelia si trova ad affrontare grosse difficoltà. Si aggiunge poi la tubercolosi polmonare, da cui fortunatamente guarisce. Si dedica allora alla costituzione di un “ritiro” per vivere insieme alle sue compagne, che sono diventate tre. Ostacoli di ogni genere, difficoltà economiche e grandi sacrifici caratterizzano la nascente istituzione a carattere laicale, le suore Minime dell'Addolorata che, infine, ha completo riconoscimento. Le giovani fanno sentire il loro benefico influsso prodigandosi per custodire ed educare i piccoli, visitare gli ammalati, assistere i moribondi. Ai primi del 1870 Clelia cade in una recidiva della tubercolosi e dopo pochi mesi muore, a soli 23 anni. Il 9 aprile 1989 Giovanni Paolo II la proclama santa. (A.F. su http://notizie.alice.it/)

 

San Clemente Papa

(?- morì nel 101)

 

San Clemente Papa nell'anno 88 fu chiamato a reggere la chiesa, divenendo il terzo successore di Pietro. Contrasti nati tra i capi della chiesa di Corinto e alcuni  presbiteri lo spinsero a scrivere una "Lettera ai Corinti" per rinsaldarne l'unione.Non ci sono basi per identificarlo con Clemente dei Filippesi. Si dice che sia stato figlio di Flavio Faustino, parente dell'imperatore Domiziano, nel 95; per questo motivo avrebbe evitato la persecuzione anticristiana di Domiziano dell’anno 95. Un’altra tradizione lo considera liberto di Tito Flavio Clemente, marito della nipote di Domiziano, Domitilla. Ma Flavio Clemente fu giustiziato e Domitilla – dalla quale prendono nome le catacombe cristiane sotto la via Ardeatina a Roma – fu esiliata è dunque difficile che il liberto Clemente fosse potuto sfuggire alla persecuzione.
Una ulteriore tradizione del IX secolo sostiene che sia stato martirizzato in Crimea nel 102; forte personalità, Clemente sarebbe stato esiliato nel 97 nel Chersoneso dall’imperatore Nerva. Sostituito a Roma da papa Evaristo, opera nuove conversioni e, secondo la leggenda, rifiuta di sacrificare agli dei. Dopo essere stato condannato ai lavori forzati in Crimea,  fu condannato a morte e gettato in mare legato ad un'ancora, annegando nel Mar Nero. Il suo corpo, recuperato, sarebbe stato portato in Roma dai santi Cirillo e Metodio per essere sepolto nella basilica romana che porta il suo nome, edificata nel V secolo sulle fondamenta della casa paterna.
Altre fonti sostengono che sia morto per cause naturali nell'anno 97. Viene commemorato il 23 novembre. E' protettore dei marinai e dei marmisti. La diocesi di Velletri-Segni lo ha scelto come Santo Patrono. 
(Da Wikipedia, l'enciclopedia libera).

 

Santa Clotilde

(Lione, ca. 474 - Tours, 3 giugno 545)

 


S.Clotilde figliuola di Chilperico, e nipote di Gondebaldo Re dei Borgognoni, perde da giovinetta il padre, la madre e due fratelli, per la crudeltà dello Zio, che li fece morire affine di regnar solo. Gondebaldo ritenne Clotilde presso di sé; e benché ella fosse in una corte in cui dominava la Ariana eresia, pure ebbe la grazia da Dio di essere allevata nella Religione Cristiana. Le sue belle prerogative e specialmente la sua gran pietà le conciliarono la stima universale; e Clodoveo Re dei Franchi la richiese e l'ottenne in sposa. Si approfittò la S. Regina dell'amore, che per lei a-veva il Re suo sposo, per insinuargli le massime della Cristiana Religione, e per fargli abborrire le superstizioni del Paganesimo, che professava. A quest'effetto ella non trascurò mai occasione alcuna, e continuamente chiedeva al Signore la grazia della conversione del suo marito. La esaudì il Signore mutando il cuore di Clodoveo, il quale finalmente si arrese, e ricevé il Battesimo. Rimasta S. Clotilde Vedova, ebbe la disgrazia di cadere in alcune gravi colpe, le quali purgò con una rigorosa penitenza, che le fece trovar misericordia avanti a Dio, e la beata eternità dopo morte. (Da S. Gregorio Turonense).

Santa Colette

(Corbie, 13 gennaio 1381 - Gand, 6 marzo 1447)

Riceve nel 1381 il nome di Nicoletta, in segno di gratitudine verso San Nicola di Bari da parte dei suoi genitori, cinquantenni, per avere esaudita, con la sua intercessione, la loro richiesta di avere un figlio.
Da suo padre, artigiano in Corbie, vicino ad Amiens, impara la virtù ed il lavoro. Da sua madre, una profonda pietà, specchiata nella confessione settimanale. 
Dopo aver compiuto i suoi studi, diventa religiosa di Santa Chiara; e porta al suo Ordine il fervore dell'osservanza perfetta, fino alla sua morte in Gand il 6 marzo di 1447. 
Santa Colette si sentì chiamata da Dio a restaurare l'Ordine alla sua severità iniziale. Sotto il consiglio del suo direttore spirituale, si mise in moto per la sua missione. Non è necessario dire che non fu ricevuta con grande entusiasmo. Per alcuni anni, vede fallire ogni sforzo di riforma, e solo nel 1410 ha il suo primo monastero rinnovato a Besançon, ed altri 16 seguiranno. Anche alcuni conventi maschili accolgono la sua riforma. Povertà senza attenuazioni, tenore di vita restituito all’originaria austerità, vita di preghiera personale e comunitaria, molta penitenza per l’unità della Chiesa. Questa la riforma di Colette, fondata sul suo esempio, un esempio trascinante per chi è nei monasteri e per chi ne è fuori. Abile osservatrice, legge nelle coscienze, profetizza e compie miracoli: anche resurrezioni. La validità della sua riforma è confermata dalla sua tenuta nel tempo.

Beata Colomba da Rieti 

(Rieti, 1467-1501)

 

 

Nata a Rieti da una famiglia della borghesia mercantile cittadina, la beata Colomba appartiene ad un nutrito gruppo di donne di alta spiritualità che praticarono una consapevole scelta di vita religiosa, portando un sensibile contributo alla riforma morale della società del loro tempo all'interno del Terz'Ordine, che consentiva esperienze intermedie tra la condizione secolare e la condivisione di una regola cenobitica.
Furono soprattutto gli Ordini Mendicanti a promuovere durante l'età comunale la diffusione del Terz'Ordine, che accoglieva uomini e donne ed ammetteva ai voti anche le persone coniugate, purché in stato di vedovanza o disposte a vivere castamente lo stato matrimoniale.
In particolare, Colomba da Rieti aderì al Terz'Ordine della Penitenza di San Domenico, rinnovando il carisma di Santa Caterina da Siena nella sua breve ed intensa vita, trascorsa fra la città natale di Rieti e la patria adottiva di Perugia. A Rieti, Colomba maturò la sua aspirazione alla vita religiosa, rifiutando un vantaggioso matrimonio che avrebbe consentito alla sua famiglia, benestante ma dai natali oscuri, di stabilire rapporti di parentela utili a favorirne l'affermazione nell'amministrazione cittadina.
Il suo strenuo diniego la espose alle critiche ed alle pressioni del parentado, la costrinse ad un forzoso isolamento: neppure le monache benedettine di Santa Scolastica, che pure ben conoscevano ed apprezzavano le sue virtù, poterono aiutarla nei tristi frangenti che dovette affrontare a soli dodici anni di età. Finalmente, a diciotto anni, ottenne dai familiari il consenso a vestire l'abito del Terz'Ordine. Rimase quindi in famiglia, così come la Regola di Munio di Zamora le consentiva, continuando a lavorare i pregiati tessuti commerciati dal padre e dallo zio.
A ventuno anni, abbandonò misteriosamente la città intraprendendo un arduo viaggio alla volta di Perugia, che alcune visioni le indicavano, pur senza che essa la riconoscesse, come la città dove avrebbe manifestato appieno le sue doti. Giunta a Perugia nel settembre 1488, Colomba da Rieti vi fondò un proprio monastero, contribuendo così alla riforma della vita claustrale.
Anche a Rieti, la casa dove era nata ospitò un monastero domenicano: qui infatti trovarono accoglienza nel 1496 le monache di Sant'Agnese, il cui complesso extra moenia era stato distrutto da un incendio. Colomba da Rieti stabilì un profondo rapporto di tutela spirituale e di assistenza materiale e morale nei confronti della città di Perugia, impegnandosi come consigliera nei confronti delle più alte autorità del suo tempo, dagli esponenti del casato dei Baglioni, che da poco avevano affermato la loro Signoria, fino ad Alessandro VI ed ai suoi figli, Cesare e Lucrezia.
Provata dai continui digiuni e dai postumi della peste che l'aveva colpita nel 1494, quando con il suo sacrificio aveva allontanato il contagio dalla città, morì in odore di santità il 20 maggio 1501: le due Diocesi di Rieti e Perugia ne promossero la canonizzazione, concessa da Urbano VIII nel 1697, ed a tutt'oggi la venerano come compatrona.

(Dal sito: http://www.rieti2000.it/r2k/dove/lasabina/4.htm)

 

Santa Colomba da Cordova 

(Cordova, ? - 853)

 

 

 

Santa Colomba nacque nella città di Cordova nella Spagna, e passò i suoi primi anni in una vita innocente sotto gli occhi dei suoi genitori. Perduto poi il Padre in età assai giovane, resisté sempre alle istanze della madre, che voleva maritarla. Sopravvenuta anche la morte della madre, volò a rimettersi sotto la disciplina di sua sorella Elisabetta, la quale governava una Comunità di donne in un luogo chiamato Tabana situato nelle montagne. Ivi ella visse per molti anni come morta al secolo, e occupata solamente nelle cose celesti. Intanto vennero i Mori a disturbare le religiose di Tabana, le quali furono obbligate a ritirarsi in Cordova; e la nostra Santa vi andò insieme con le altre, e continuò i suoi esercizi di pietà con un fervore anche maggiore. Nel medesimo tempo i Mori facevano una crudele persecuzione contro tutti i  cristiani; per cui Colomba stimolata da un impulso interiore uscì segretamente dal suo ritiro, e andò a celebrare  davanti ai giudici le lodi di Gesù Cristo, ed a parlare contro gli errori di Maometto. Per tale ragione fu subito arrestata, e per sentenza degli stessi giudici le fu dal carnefice tagliata la testa.  (Da S. Eulogio).

 

 

San Colombano

(Irlanda, 540 c.a - 23 novembre 615)

 


San Colombano può essere a buon diritto definito uno dei fondatori del monachesimo occidentale. Questo non solo per i suoi viaggi, le sue peregrinazioni, le sue fondazioni e le sue iniziative ma fondamentalmente per il suo carattere ed il suo carisma fuori dal comune.
Colombano nacque intorno al 540 nel Leinster in Irlanda. La sua educazione fu sostanzialmente legata al latino e allo studio dei testi. Tutto ciò lo rese eccellente scrittore, in grado di usare un latino correttissimo, ma allo stesso tempo un grande conoscitore delle dottrine. Fu così che poco dopo la morte di San Benedetto in Italia, egli divenne monaco presso il monastero di Bangor (Irlanda), sotto la guida dell'abate Congall, severissimo, fermo sostenitore dei principi di mortificazione corporale.
Ma l'originalità del monachesimo celtico si manifesta anche attraverso altre caratteristiche: era consueto in questo periodo portare avanti la cosiddetta peregrinatio per mare, ovvero la partenza in nave e l'arrivo in una terra isolata dove sarebbe sorto un nuovo monastero. Fu così che Colombano partì da Bangor verso il 575 e approdò sulle coste dell'Armorica: ma non si fermò qui poiché continuò la sua peregrinazione in cerca di un luogo dove non solo avrebbe portato la cristianizzazione ma avrebbe potuto associare la costruzione di un monastero. Fu così che si spinse addirittura fino in Francia attraversando Reims e inoltrandosi nei confini del regno di Austrasia dove regnavano i re di discendenza merovingia. Fu così che grazie alle concessioni del re Gontrano, Colombano portò avanti la propria opera: fondò infatti tre monasteri, quello di Luxeuil, Fontaines e Annegray. Si stabilì poi definitivamente a Luxeuil e da qui diresse i tre monasteri con l'aiuto dei suoi priore e solo successivamente costituì la regola che necessariamente tutti i monaci dovevano seguire: ma la situazione non fu sempre facile. All'inizio del VII secolo, infatti, nacquero non pochi conflitti tra l'abate e l'episcopato francese: Colombano era deciso a far valere le tradizioni della propria terra originaria sulle terre francesi considerando i suoi monasteri come fazzoletti di terra irlandese. A questo si aggiunsero le divergenze di carattere dottrinale come ad esempio il differente calcolo delle festività e della Pasqua: pertanto, nel 610, Colombano fu costretto a fuggire. Ma la sua avventura non terminò poiché si diresse verso l’esterno fondando altri monasteri: arrivò addirittura fino a Soissons e Parigi inoltrandosi nelle campagne e fu anche a Bregenz. Fu così che, ancora perseguitato dall'episcopato e dalla dinastia burgunda, decise di recarsi a Roma per avere l’approvazione di Papa Bonifacio IV; passò poi a Milano e, sotto protezione del re longobardo Agilulfo, ariano ma tollerante, costruì una nuova abbazia a Bobbio dove morì nel 615.
(Da Wikipedia, l'enciclopedia libera).

 

San Cornelio 

(I secolo)

 

Lo Spirito Santo stesso negli Atti Apostolici descrive l'istoria di s. Cornelio, il quale era Centurione, cioè capitano di cento soldati. Benché gentile, conosceva il vero Dio: era uomo dabbene, ed assiduo nell’ orazione; digiunava frequentemente, e distribuiva ai poveri larghe elemosine. Tante virtù, e sì gran pietà gli fecero strada alla vera fede di Gesù Cristo, che per altro non conosceva, e a cui Iddio lo chiamò per mezzo di S. Pietro. In tempo che il  s. apostolo istruiva delle verità della Religione il pio Centurione e gli altri gentili ivi presenti, lo Spirito Santo visibilmente discese sopra Cornelio e gli altri comunicando  loro la sua grazia, e manifestando con questo prodigio, che non i soli Giudei ma anche i Gentili erano chiamati alla vera fede. Furono quindi tutti da S. Pietro battezzati, e non si può dubitare, che Cornelio non corrispondesse con santa vita a tante grazie; e con ragione la Santa Chiesa fa menzione il 2 febbraio, in cui celebra la memoria della purificazione della gran Madre di Dio Maria Santissima, a cui volle per umiltà assoggettarsi, quantunque la sua dignità e gran purezza la rendessero esente.

 

San Corrado Confalonieri

(Piacenza, 1290 - Noto, 1354) 

 

Corrado nobile Piacentino, dilettandosi della caccia, fece una volta incautamente attaccare il fuoco a una selva, per cavare dai loro nascondigli gli animali . Ma questo prese tal vigore che consumò tutta la foresta. Fu incolpato dell’incendio un povero uomo, il quale, non potendo far constatare la stia innocenza, fu condannato a morte. Quando Corrado venne a conoscenza di ciò, volle che la giustizia avesse il suo luogo; onde palesandosi quale colpevole, liberò l’innocente, e rimborsò il danno. Quindi abbandonata la caccia si rivolse alla pratica della  virtù, e stabilita una nuovi maniera di vivere, col consenso di sua moglie, si ritirò in un monastero, si consacrò al culto Divino, e se ne andò a Roma in pellegrinaggio. Indi passando in Sicilia visse per tutto il resto della vita facendo gloriosa guerra contro il demonio, dal quale per lungo tempo soffrì orribili tentazioni. Procurò di domare la propria carne con una vita penitentissima. Fra le altre austerità mortificava la sua gola , non mangiando che poco pane ed acqua, e questo anche di rado. Dopo avere così dato un grand'esempio di mortificazione ai popoli della Sicilia, santamente morì.      (Dai Bollandisti).  

 

SS. Cosma e Damiano

(III secolo)

 

I Santi Cosma e Damiano erano fratelli, e nacquero nell'Arabia. Esercitarono la professione della medicina, non già per interesse, ma unicamente per aiutare il loro prossimo, e per amor di Dio; dimoravano essi in Egèa città marittima della Cilicia, allorché vi venne Lisia governatore di quella provincia per farvi la ricerca dei cristiani, e obbligarli a sacrificare agli idoli. La pietà dei fratelli Cosma e Damiano era troppo nota; onde furono tra i primi a provare gli effetti della persecuzione. Furono pertanto presentati davanti al governatore, il quale adoperò tutti i mezzi per indurli ad ubbidire agli editti imperiali; ma rimanendo essi costanti nella Fede, e disprezzando generosamente le minacce, le lusinghe e i tormenti del tiranno, furono finalmente Condannati al supplizio, per mezzo del quale conseguirono la palma del martirio nel principio del quarto secolo, sotto gli imperatori Diocleziano e Massimiano. La loro memoria è stata sempre celebrata nella Chiesa sia Greca che Romana, e di loro si fa ogni giorno speciale Menzione nel Canone della Messa. Sono Santi patroni di Essen (Germania) e Alberobello.   (Dal Tillemont).

 

Santa Cristina

(Bolsena, ? - 24 luglio, IV secolo)

 

Santa Cristina da Bolsena, martire  (24 luglio, anno imprecisato all'inizio del IV secolo)
Una giovane undicenne, di nome Cristina, per la sua straordinaria bellezza venne segregata dal padre, Urbano, ufficiale dell'imperatore, in una torre, in compagnia di dodici ancelle. A nulla valsero i tentativi del padre di costringere la figlia, divenuta cristiana, ad abiurare alla religione cristiana; il padre passò allora dalle blandizie alle percosse: la fece flagellare e rinchiudere in carcere e in seguito la consegnò ai giudici che le inflissero vari e terribili supplizi. Nel carcere, dove fu gettata a languire tutta coperta di lividure, venne consolata e guarita da tre angeli. Venne poi 
torturata a lungo, legata ad una ruota di mulino arroventata, infine condotta al supplizio finale: legatale una pesante pietra al collo, la gettarono nelle acque del lago; la pietra, sorretta dagli angeli, galleggiò e riportò a riva la fanciulla.
A quella vista Urbano non resse a tanto dolore e morì. Cristina fu ricondotta in prigione e ad Urbano successe un altro persecutore di nome Dione. I giudici tornarono a infierire su di lei condannandola a terrificanti quanto inefficaci torture fino a quando non ne stroncarono la giovane vita con due colpi di lancia. Il corpo della Santa riposa a Toffia in Sabina (RI) in un'urna trasparente. 
E' patrona dei mugnai e della città di Bolsena.  
(Da Wikipedia, l'enciclopedia libera).

 

San Cristoforo

(I secolo)

 

S. Cristoforo, secondo la leggenda, si caricò sulle spalle Gesù Bambino per fargli attraversare un fiume; questo nome significa, infatti, "colui che porta Gesù". Giunse spossato all'altra riva, nonostante trasportasse solo un bimbo, e Gesù gli spiegò che, con Lui, aveva portato sulle spalle il peso del mondo intero. A riprova di quanto diceva, Gesù gli chiese di piantare il suo bastone vicino alla capanna dove il sant'uomo viveva, promettendogli che il giorno successivo l'avrebbe trovato in fiore e pieno di frutti, come in effetti avvenne. Il nome di San Cristoforo è strettamente legato a questo episodio, per cui è santo patrono di tutte le categorie di trasportatori, degli avieri, degli alpinisti, dei facchini e portantini, degli atleti e dei pellegrini, giardinieri e fruttivendoli; è invocato contro incidenti, tempeste e uragani, la peste a le malattie degli occhi. E' patrono di Passignano sul Trasimeno e Stoccarda.

 

Santa Cunegonda

(Bamberga, XI sec. - Kaufungen, 3 marzo 1033 o 1039)

 


Le notizie storiche che abbiamo su Santa Cunegonda sono costituite principalmente da una biografia composta da un canonico di Bamberga. Dall'opera apprendiamo che la madre, Adesvige, diede alla figlia, fin dai primi anni di vita, profondi insegnamenti cristiani. A vent'anni circa, andò in sposa al duca Enrico II di Baviera, che divenne re di Germania nel 1002 e imperatore nel 1014. In alcuni testi antichi, tra i quali la bolla di Innocenzo III, si narra che i due coniugi fecero voto di verginità, per cui vissero sempre come fratello e sorella. Si parlò così di "matrimonio di s. Giuseppe" e per questo fatto in alcuni testi si dà a Cunegonda il titolo di vergine. Secondo altri autori moderni una simile qualifica non corrisponde alle narrazioni di contemporanei (come Rodolfo il Glabro). I fatti, in realtà, sarebbero andati in questa maniera: Enrico si accorse che la moglie era sterile e in casi consimili il matrimoniale germanico, tollerato da Roma, ammetteva il ripudio. L'imperatore non volle usare questo diritto per la grande pietà e santità che riscontrava nella moglie e preferì vivere assieme a lei anche senza speranza di prole. La vita dell'imperatrice fu un mirabile esempio di virtù: carità, umiltà, mortificazione la caratterizzarono in molteplici manifestazioni. Svolse una mirabile attività costruttrice, assecondata dallo stesso imperatore. Fra le sue realizzazioni vanno segnalate l'erezione del duomo di Bamberga (1007) e del monastero di Kaufungen (1021), fondato in seguito ad un voto fatto durante una gravissima malattia da cui era uscita pienamente ristabilita. Proprio in questo monastero benedettino ella volle ritirarsi dopo la dolorosa perdita del marito (1025). Nell' anniversario della morte di Enrico, Cunegonda si spogliò delle insegne e degli abiti imperiali, si fece tagliare i capelli e si vestì di rozzo saio. 
Sull'anno di morte non c'è concordanza: generalmente viene preferito il 1033, anziché il 1039, mentre nessuna discussione si riscontra sul giorno e sul mese: 3 marzo. (Sintesi da:
).