Giacobbe

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Abramo prese un'altra moglie: essa aveva nome Chetura. Essa gli partorì Zimran, Ioksan, Medan, Madian, Isbak e Suach. Ioksan generò Saba e Dedan e i figli di Dedan furono gli Asurim, i Letusim e i Leummim. I figli di Madian furono Efa, Efer, Enoch, Abida ed Eldaa. Tutti questi sono i figli di Chetura. Abramo diede tutti i suoi beni a Isacco. Quanto invece ai figli delle concubine, che Abramo aveva avute, diede loro doni e, mentre era ancora in vita, li licenziò, mandandoli lontano da Isacco suo figlio, verso il levante, nella regione orientale.

La durata della vita di Abramo fu di centosettantacinque anni. Poi Abramo spirò e morì in felice canizie, vecchio e sazio di giorni, e si riunì ai suoi antenati. Lo seppellirono i suoi figli, Isacco e Ismaele, nella caverna di Macpela, nel campo di Efron, figlio di Zocar, l'Hittita, di fronte a Mamre.        È appunto il campo che Abramo aveva comperato dagli Hittiti: ivi furono sepolti Abramo e sua moglie Sara. Dopo la morte di Abramo, Dio benedisse il figlio di lui Isacco e Isacco abitò presso il pozzo di Lacai-Roi.

Questa è la discendenza di Ismaele, figlio di Abramo, che gli aveva partorito Agar l'Egiziana, schiava di Sara.

Questi sono i nomi dei figli d'Ismaele, con il loro elenco in ordine di generazione: il primogenito di Ismaele è Nebaiòt, poi Kedar, Adbeèl, Mibsam, 14Misma, Duma, Massa, Adad, Tema, Ietur, Nafis e Kedma. Questi sono gli Ismaeliti e questi sono i loro nomi secondo i loro recinti e accampamenti. Sono i dodici principi delle rispettive tribù. La durata della vita di Ismaele fu di centotrentasette anni; poi morì e si riunì ai suoi antenati. Egli abitò da Avìla fino a Sur, che è lungo il confine dell'Egitto in direzione di Assur; egli si era stabilito di fronte a tutti i suoi fratelli.

 

Questa è la discendenza di Isacco, figlio di Abramo. Abramo aveva generato Isacco.

Isacco aveva quarant'anni quando si prese in moglie Rebecca, figlia di Betuèl l'Arameo, da Paddan-Aram, e sorella di Làbano l'Arameo. Isacco supplicò il Signore per sua moglie, perché essa era sterile e il Signore lo esaudì, così che sua moglie Rebecca rimase incinta. Ora i figli si urtavano nel suo grembo ed essa esclamò: "Se è così, perché questo?". Andò a consultare il Signore. Il Signore le rispose:

"Due nazioni sono nel tuo seno
e due popoli dal tuo grembo si disperderanno;
un popolo sarà più forte dell'altro
e il maggiore servirà il più piccolo".

Quando poi si compì per lei il tempo di partorire, ecco due gemelli vennero alla luce. Uscì il primo, rossiccio e tutto come un mantello di pelo, e fu chiamato Esaù. Subito dopo, uscì il fratello e afferrò con la mano il calcagno di Esaù; gli fu dato nome Giacobbe. Quando essi nacquero Isacco aveva sessant'anni.

I fanciulli crebbero ed Esaù divenne abile nella caccia, un uomo della steppa, mentre Giacobbe era un uomo tranquillo, che dimorava sotto le tende. Isacco preferiva Esaù, perché la carne era di suo gusto, mentre Rebecca preferiva Giacobbe.

Una volta Giacobbe aveva cotto una minestra di lenticchie; Esaù arrivò dalla campagna ed era sfinito. Disse a Giacobbe: "Lasciami mangiare un po' di questa minestra rossa, perché io sono sfinito" - Per questo fu chiamato Edom -. Giacobbe disse: "Vendimi subito la tua primogenitura". Rispose Esaù: "Ecco sto morendo: a che mi serve allora la primogenitura?". Giacobbe allora disse: "Giuramelo subito". Quegli lo giurò e vendette la primogenitura a Giacobbe. Giacobbe diede ad Esaù il pane e la minestra di lenticchie; questi mangiò e bevve, poi si alzò e se ne andò. A tal punto Esaù aveva disprezzato la primogenitura.

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Venne una carestia nel paese oltre la prima che era avvenuta ai tempi di Abramo, e Isacco andò a Gerar presso Abimèlech, re dei Filistei. Gli apparve il Signore e gli disse: "Non scendere in Egitto, abita nel paese che io ti indicherò. Rimani in questo paese e io sarò con te e ti benedirò, perché a te e alla tua discendeza io concederò tutti questi territori, e manterrò il giuramento che ho fatto ad Abramo tuo padre. Renderò la tua discendenza numerosa come le stelle del cielo e concederò alla tua discendenza tutti questi territori: tutte le nazioni della terra saranno benedette per la tua discendenza; per il fatto che Abramo ha obbedito alla mia voce e ha osservato ciò che io gli avevo prescritto: i miei comandamenti, le mie istituzioni e le mie leggi".

 

Così Isacco dimorò in Gerar. Gli uomini del luogo lo interrogarono intorno alla moglie ed egli disse: "È mia sorella"; infatti aveva timore di dire: "È mia moglie", pensando che gli uomini del luogo lo uccidessero per causa di Rebecca, che era di bell'aspetto.

Era là da molto tempo, quando Abimèlech, re dei Filistei, si affacciò alla finestra e vide Isacco scherzare con la propria moglie Rebecca. Abimèlech chiamò Isacco e disse: "Sicuramente essa è tua moglie. E perché tu hai detto: È mia sorella?". Gli rispose Isacco: "Perché mi son detto: io non muoia per causa di lei!". Riprese Abimèlech: "Che ci hai fatto? Poco ci mancava che qualcuno del popolo si unisse a tua moglie e tu attirassi su di noi una colpa". Abimèlech diede quest'ordine a tutto il popolo: "Chi tocca questo uomo o la sua moglie sarà messo a morte!".

Poi Isacco fece una semina in quel paese e raccolse quell'anno il centuplo. Il Signore infatti lo aveva benedetto. E l'uomo divenne ricco e crebbe tanto in ricchezze fino a divenire ricchissimo: possedeva greggi di piccolo e di grosso bestiame e numerosi schiavi e i Filistei cominciarono ad invidiarlo.
 

 


Tutti i pozzi che avevano scavati i servi di suo padre ai tempi del padre Abramo, i Filistei li avevano turati riempiendoli di terra. Abimèlech disse ad Isacco: "Vàttene via da noi, perché tu sei molto più potente di noi". Isacco andò via di là, si accampò sul torrente di Gerar e vi si stabilì. Isacco tornò a scavare i pozzi d'acqua, che avevano scavati i servi di suo padre, Abramo, e che i Filistei avevano turati dopo la morte di Abramo, e li chiamò come li aveva chiamati suo padre. I servi di Isacco scavarono poi nella valle e vi trovarono un pozzo di acqua viva. Ma i pastori di Gerar litigarono con i pastori di Isacco, dicendo: "L'acqua è nostra!".

Allora egli chiamò Esech il pozzo, perché quelli avevano litigato con lui. Scavarono un altro pozzo, ma quelli litigarono anche per questo ed egli lo chiamò Sitna. Allora si mosse di là e scavò un altro pozzo, per il quale non litigarono; allora egli lo chiamò Recobòt e disse: "Ora il Signore ci ha dato spazio libero perché noi prosperiamo nel paese". Di là andò a Bersabea. E in quella notte gli apparve il Signore e disse:


"Io sono il Dio di Abramo, tuo padre;
non temere perché io sono con te.
Ti benedirò e moltiplicherò la tua discendenza
per amore di Abramo, mio servo".



Allora egli costruì in quel luogo un altare e invocò il nome del Signore; lì piantò la tenda. E i servi di Isacco scavarono un pozzo
Intanto Abimèlech da Gerar era andato da lui, insieme con Acuzzat, suo amico, e Picol, capo del suo esercito. Isacco disse loro: "Perché siete venuti da me, mentre voi mi odiate e mi avete scacciato da voi?". Gli risposero: "Abbiamo visto che il Signore è con te e abbiamo detto: vi sia un giuramento tra di noi, tra noi e te, e concludiamo un'alleanza con te:

tu non ci farai alcun male, come noi non ti abbiamo toccato e non ti abbiamo fatto se non il bene e ti abbiamo lasciato andare in pace. Tu sei ora un uomo benedetto dal Signore". Allora imbandì loro un convito e mangiarono e bevvero. Alzatisi di buon mattino, si prestarono giuramento l'un l'altro, poi Isacco li congedò e partirono da lui in pace. Proprio in quel giorno arrivarono i servi di Isacco e lo informarono a proposito del pozzo che avevano scavato e gli dissero: "Abbiamo trovato l'acqua". Allora egli lo chiamò Sibea: per questo la città si chiama Bersabea fino ad oggi.

Quando Esaù ebbe quarant'anni, prese in moglie Giudit, figlia di Beeri l'Hittita, e Basemat, figlia di Elon l'Hittita. Esse furono causa d'intima amarezza per Isacco e per Rebecca.

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Isacco era vecchio e gli occhi erano ormai così deboli che non ci vedeva più. Chiamò il figlio maggiore, Esaù, e gli disse: "Figlio mio". Gli rispose: "Eccomi". Riprese: "Vedi, io sono vecchio e non conosco il giorno della mia morte. Ebbene, prendi le tue armi, la tua farètra e il tuo arco, esci in campagna e prendi per me della carne. Poi preparami un piatto di mio gusto e portami da mangiare, perché io ti benedica prima di morire". Ora Rebecca ascoltava, mentre Isacco parlava al figlio Esaù. Andò dunque Esaù in campagna a caccia di carne da portare a casa. Rebecca disse al figlio Giacobbe: "Ecco, ho sentito tuo padre dire a tuo fratello Esaù: Portami la carne e preparami un piatto, così mangerò e poi ti benedirò davanti al Signore prima della morte. Ora, figlio mio, obbedisci al mio ordine: Va' subito al gregge e prendimi di là due bei capretti; io ne farò un piatto per tuo padre, secondo il suo gusto. Così tu lo porterai a tuo padre che ne mangerà, perché ti benedica prima della sua morte". Rispose Giacobbe a Rebecca sua madre: "Sai che mio fratello Esaù è peloso, mentre io ho la pelle liscia. Forse mio padre mi palperà e si accorgerà che mi prendo gioco di lui e attirerò sopra di me una maledizione invece di una benedizione". Ma sua madre gli disse: "Ricada su di me la tua maledizione, figlio mio! Tu obbedisci soltanto e vammi a prendere i capretti". Allora egli andò a prenderli e li portò alla madre, così la madre ne fece un piatto secondo il gusto di suo padre. Rebecca prese i vestiti migliori del suo figlio maggiore, Esaù, che erano in casa presso di lei, e li fece indossare al figlio minore, Giacobbe; con le pelli dei capretti rivestì le sue braccia e la parte liscia del collo. Poi mise in mano al suo figlio Giacobbe il piatto e il pane che aveva preparato.

Così egli venne dal padre e disse: "Padre mio". Rispose: "Eccomi; chi sei tu, figlio mio?". Giacobbe rispose al padre: "Io sono Esaù, il tuo primogenito. Ho fatto come tu mi hai ordinato. Alzati dunque, siediti e mangia la carne che ti porto, perché tu mi benedica". Isacco disse al figlio: "Come hai fatto presto a trovarla, figlio mio!". Rispose: "Il Signore me l'ha fatta capitare davanti". Ma Isacco gli disse: "Avvicinati e lascia che ti palpi, figlio mio, per sapere se tu sei proprio il mio figlio Esaù o no". Giacobbe si avvicinò ad Isacco suo padre, il quale lo tastò e disse: "La voce è la voce di Giacobbe, ma le braccia sono le braccia di Esaù". Così non lo riconobbe, perché le sue braccia erano pelose come le braccia di suo fratello Esaù, e perciò lo benedisse. Gli disse ancora: "Tu sei proprio il mio figlio Esaù?". Rispose: "Lo sono". Allora disse: "Porgimi da mangiare questa carne, perché io ti benedica". Gliene servì ed egli mangiò, gli portò il vino ed egli bevve. Poi suo padre Isacco gli disse: "Avvicinati e baciami, figlio mio!". Gli si avvicinò e lo baciò. Isacco aspirò l'odore degli abiti di lui e lo benedisse:

"Ecco l'odore del mio figlio
come l'odore di un campo
che il Signore ha benedetto.
Dio ti conceda rugiada del cielo
e terre grasse
e abbondanza di frumento e di mosto.
Ti servano i popoli
e si prostrino davanti a te le genti.
Sii il signore dei tuoi fratelli
e si prostrino davanti a te i figli di tua madre.
Chi ti maledice sia maledetto
e chi ti benedice sia benedetto!".

Isacco aveva appena finito di benedire Giacobbe e Giacobbe si era allontanato dal padre Isacco, quando arrivò dalla caccia Esaù suo fratello. Anch'egli aveva preparato un piatto, poi lo aveva portato al padre e gli aveva detto: "Si alzi mio padre e mangi la carne portata da suo figlio, perché tu lo benedica". Gli disse suo padre Isacco: "Chi sei tu?". Rispose: "Io sono il tuo figlio primogenito Esaù". Allora Isacco fu colto da un fortissimo tremito e disse: "Chi era dunque colui che ha preso la carne e me l'ha portata? Io ho mangiato di tutto prima che tu venissi, poi l'ho benedetto e benedetto resterà". Quando Esaù sentì le parole di suo padre, scoppiò in alte, amarissime grida. Egli disse a suo padre: "Benedici anche me, padre mio!". Rispose: "È venuto tuo fratello con inganno e ha carpito la tua benedizione". Riprese: "Forse perché si chiama Giacobbe mi ha soppiantato già due volte? Già ha carpito la mia primogenitura ed ecco ora ha carpito la mia benedizione!". Poi soggiunse: "Non hai forse riservato qualche benedizione per me?". Isacco rispose e disse a Esaù: "Ecco, io l'ho costituito tuo signore e gli ho dato come servi tutti i suoi fratelli; l'ho provveduto di frumento e di mosto; per te che cosa mai potrò fare, figlio mio?". Esaù disse al padre: "Hai una sola benedizione padre mio? Benedici anche me, padre mio!". Ma Isacco taceva ed Esaù alzò la voce e pianse. Allora suo padre Isacco prese la parola e gli disse:

"Ecco, lontano dalle terre grasse
sarà la tua sede
e lontano dalla rugiada del cielo dall'alto.
Vivrai della tua spada
e servirai tuo fratello;
ma poi, quando ti riscuoterai,
spezzerai il suo giogo dal tuo collo".

Esaù perseguitò Giacobbe per la benedizione che suo padre gli aveva dato. Pensò Esaù: "Si avvicinano i giorni del lutto per mio padre; allora ucciderò mio fratello Giacobbe". Ma furono riferite a Rebecca le parole di Esaù, suo figlio maggiore, ed essa mandò a chiamare il figlio minore Giacobbe e gli disse: "Esaù tuo fratello vuol vendicarsi di te uccidendoti. Ebbene, figlio mio, obbedisci alla mia voce: su, fuggi a Carran da mio fratello Làbano. Rimarrai con lui qualche tempo, finché l'ira di tuo fratello si sarà placata; finché si sarà placata contro di te la collera di tuo fratello e si sarà dimenticato di quello che gli hai fatto. Allora io manderò a prenderti di là. Perché dovrei venir privata di voi due in un sol giorno?".

Poi Rebecca disse a Isacco: "Ho disgusto della mia vita a causa di queste donne hittite: se Giacobbe prende moglie tra le hittite come queste, tra le figlie del paese, a che mi giova la vita?".

Sogno di Giacobbe

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Allora Isacco chiamò Giacobbe, lo benedisse e gli diede questo comando: "Tu non devi prender moglie tra le figlie di Canaan. Su, va' in Paddan-Aram, nella casa di Betuèl, padre di tua madre, e prenditi di là la moglie tra le figlie di Làbano, fratello di tua madre. Ti benedica Dio onnipotente, ti renda fecondo e ti moltiplichi, sì che tu divenga una assemblea di popoli. Conceda la benedizione di Abramo a te e alla tua discendenza con te, perché tu possieda il paese dove sei stato forestiero, che Dio ha dato ad Abramo". Così Isacco fece partire Giacobbe, che andò in Paddan-Aram presso Làbano, figlio di Betuèl, l'Arameo, fratello di Rebecca, madre di Giacobbe e di Esaù.

Esaù vide che Isacco aveva benedetto Giacobbe e l'aveva mandato in Paddan-Aram per prendersi una moglie di là e che, mentre lo benediceva, gli aveva dato questo comando: "Non devi prender moglie tra le Cananee". Giacobbe aveva obbedito al padre e alla madre ed era partito per Paddan-Aram. Esaù comprese che le figlie di Canaan non erano gradite a suo padre Isacco. Allora si recò da Ismaele e, oltre le mogli che aveva, si prese in moglie Macalat, figlia di Ismaele, figlio di Abramo, sorella di Nebaiòt.

Giacobbe partì da Bersabea e si diresse verso Carran. Si ritrovò così in un luogo, dove trascorse la notte, perché il sole era tramontato; presa una pietra, se la pose come guanciale e si addormentò in quel luogo. Fece un sogno: una scala poggiava sulla terra, mentre la sua cima toccava il cielo; ed ecco gli angeli di Dio salivano e scendevano sulla scala. Ecco il Signore gli stava innanzi e disse: "Io sono il Signore, Dio di Abramo tuo padre e Dio di Isacco. La terra sulla quale tu sei coricato la concederò a te e alla tua discendenza. La tua discendenza sarà come la polvere della terra e ti estenderai a occidente e ad oriente, a settentrione e a mezzogiorno. E saranno benedette per te e per la tua discendenza tutte le nazioni della terra. Ecco io sono con te e ti proteggerò dovunque tu andrai; poi ti farò ritornare in questo paese, perché non ti abbandonerò senza aver realizzato tutto quello che t'ho detto". Allora Giacobbe si svegliò e disse: "Di sicuro, il Signore è in questo luogo e io non lo sapevo". Ebbe timore e disse: "Quanto è terribile questo luogo! Questa è proprio la casa di Dio, questa è la porta del cielo". Alla mattina presto Giacobbe si alzò, prese la pietra che si era posta come guanciale, la eresse come una stele e versò olio sulla sua sommità. E chiamò quel luogo Betel, mentre prima di allora la città si chiamava Luz. Giacobbe fece questo voto: "Se Dio sarà con me e mi proteggerà in questo viaggio che sto facendo e mi darà pane da mangiare e vesti per coprirmi, se ritornerò sano e salvo alla casa di mio padre, il Signore sarà il mio Dio. Questa pietra, che io ho eretta come stele, sarà una casa di Dio; di quanto mi darà io gli offrirò la decima"

29

Poi Giacobbe si mise in cammino e andò nel paese degli orientali. Vide nella campagna un pozzo e tre greggi di piccolo bestiame, accovacciati vicino, perché a quel pozzo si abbeveravano i greggi, ma la pietra sulla bocca del pozzo era grande. Quando tutti i greggi si erano radunati là, i pastori rotolavano la pietra dalla bocca del pozzo e abbeveravano il bestiame; poi rimettevano la pietra al posto sulla bocca del pozzo. Giacobbe disse loro: "Fratelli miei, di dove siete?". Risposero: "Siamo di Carran". Disse loro: "Conoscete Làbano, figlio di Nacor?". Risposero: "Lo conosciamo". Disse loro: "Sta bene?". Risposero: "Sì; ecco la figlia Rachele che viene con il gregge". Riprese: "Eccoci ancora in pieno giorno: non è tempo di radunare il bestiame. Date da bere al bestiame e andate a pascolare!". Risposero: "Non possiamo, finché non siano radunati tutti i greggi e si rotoli la pietra dalla bocca del pozzo; allora faremo bere il gregge".

 

Egli stava ancora parlando con loro, quando arrivò Rachele con il bestiame del padre, perché era una pastorella. Quando Giacobbe vide Rachele, figlia di Làbano, fratello di sua madre, insieme con il bestiame di Làbano, fratello di sua madre, Giacobbe, fattosi avanti, rotolò la pietra dalla bocca del pozzo e fece bere le pecore di Làbano, fratello di sua madre. Poi Giacobbe baciò Rachele e pianse ad alta voce. Giacobbe rivelò a Rachele che egli era parente del padre di lei, perché figlio di Rebecca. Allora essa corse a riferirlo al padre. Quando Làbano seppe che era Giacobbe, il figlio di sua sorella, gli corse incontro, lo abbracciò, lo baciò e lo condusse nella sua casa. Ed egli raccontò a Làbano tutte le sue vicende. Allora Làbano gli disse: "Davvero tu sei mio osso e mia carne!". Così dimorò presso di lui per un mese.

 

 

 

Poi Làbano disse a Giacobbe: "Poiché sei mio parente, mi dovrai forse servire gratuitamente? Indicami quale deve essere il tuo salario". Ora Làbano aveva due figlie; la maggiore si chiamava Lia e la più piccola si chiamava Rachele. Lia aveva gli occhi smorti, mentre Rachele era bella di forme e avvenente di aspetto, perciò Giacobbe amava Rachele. Disse dunque: "Io ti servirò sette anni per Rachele, tua figlia minore". Rispose Làbano: "Preferisco darla a te piuttosto che a un estraneo. Rimani con me". Così Giacobbe servì sette anni per Rachele: gli sembrarono pochi giorni tanto era il suo amore per lei. Poi Giacobbe disse a Làbano: "Dammi la mia sposa, perché il mio tempo è compiuto e voglio unirmi a lei". Allora Làbano radunò tutti gli uomini del luogo e diede un banchetto. Ma quando fu sera, egli prese la figlia Lia e la condusse da lui ed egli si unì a lei. Làbano diede la propria schiava Zilpa alla figlia Lia, come schiava. Quando fu mattina... ecco era Lia! Allora Giacobbe disse a Làbano: "Che mi hai fatto? Non è forse per Rachele che sono stato al tuo servizio? Perché mi hai ingannato?". Rispose Làbano: "Non si usa far così nel nostro paese, dare, cioè, la più piccola prima della maggiore. Finisci questa settimana nuziale, poi ti darò anche quest'altra per il servizio che tu presterai presso di me per altri sette anni". Giacobbe fece così: terminò la settimana nuziale e allora Làbano gli diede in moglie la figlia Rachele. Làbano diede alla figlia Rachele la propria schiava Bila, come schiava. Egli si unì anche a Rachele e amò Rachele più di Lia. Fu ancora al servizio di lui per altri sette anni.

Ora il Signore, vedendo che Lia veniva trascurata, la rese feconda, mentre Rachele rimaneva sterile. Così Lia concepì e partorì un figlio e lo chiamò Ruben, perché disse: "Il Signore ha visto la mia umiliazione; certo, ora mio marito mi amerà". Poi concepì ancora un figlio e disse: "Il Signore ha udito che io ero trascurata e mi ha dato anche questo". E lo chiamò Simeone. Poi concepì ancora e partorì un figlio e disse: "Questa volta mio marito mi si affezionerà, perché gli ho partorito tre figli". Per questo lo chiamò Levi. Concepì ancora e partorì un figlio e disse: "Questa volta loderò il Signore". Per questo lo chiamò Giuda. Poi cessò di avere figli.

30

Rachele, vedendo che non le era concesso di procreare figli a Giacobbe, divenne gelosa della sorella e disse a Giacobbe: "Dammi dei figli, se no io muoio!". Giacobbe s'irritò contro Rachele e disse: "Tengo forse io il posto di Dio, il quale ti ha negato il frutto del grembo?". Allora essa rispose: "Ecco la mia serva Bila: unisciti a lei, così che partorisca sulle mie ginocchia e abbia anch'io una mia prole per mezzo di lei". Così essa gli diede in moglie la propria schiava Bila e Giacobbe si unì a lei. Bila concepì e partorì a Giacobbe un figlio. Rachele disse: "Dio mi ha fatto giustizia e ha anche ascoltato la mia voce, dandomi un figlio". Per questo essa lo chiamò Dan. Poi Bila, la schiava di Rachele, concepì ancora e partorì a Giacobbe un secondo figlio. Rachele disse: "Ho sostenuto contro mia sorella lotte difficili e ho vinto!". Perciò lo chiamò Nèftali.

Allora Lia, vedendo che aveva cessato di aver figli, prese la propria schiava Zilpa e la diede in moglie e Giacobbe. Zilpa, la schiava di Lia, partorì a Giacobbe un figlio. Lia disse: "Per fortuna!" e lo chiamò Gad. Poi Zilpa, la schiava di Lia, partorì un secondo figlio a Giacobbe. Lia disse: "Per mia felicità! Perché le donne mi diranno felice". Perciò lo chiamò Aser.

 

Al tempo della mietitura del grano, Ruben uscì e trovò mandragore, che portò alla madre Lia. Rachele disse a Lia: "Dammi un po' delle mandragore di tuo figlio". Ma Lia rispose: "È forse poco che tu mi abbia portato via il marito perché voglia portar via anche le mandragore di mio figlio?". Riprese Rachele: "Ebbene, si corichi pure con te questa notte, in cambio delle mandragore di tuo figlio". Alla sera, quando Giacobbe arrivò dalla campagna, Lia gli uscì incontro e gli disse: "Da me devi venire, perché io ho pagato il diritto di averti con le mandragore di mio figlio". Così egli si coricò con lei quella notte. Il Signore esaudì Lia, la quale concepì e partorì a Giacobbe un quinto figlio. Lia disse: "Dio mi ha dato il mio salario, per avere io dato la mia schiava a mio marito". Perciò lo chiamò Ìssacar. Poi Lia concepì e partorì ancora un sesto figlio a Giacobbe. 20Lia disse: "Dio mi ha fatto un bel regalo: questa volta mio marito mi preferirà, perché gli ho partorito sei figli". Perciò lo chiamò Zàbulon. In seguito partorì una figlia e la chiamò Dina.

Poi Dio si ricordò anche di Rachele; Dio la esaudì e la rese feconda. Essa concepì e partorì un figlio e disse: "Dio ha tolto il mio disonore". E lo chiamò Giuseppe dicendo: "Il Signore mi aggiunga un altro figlio!".

Dopo che Rachele ebbe partorito Giuseppe, Giacobbe disse a Làbano: "Lasciami andare e tornare a casa mia, nel mio paese. Dammi le mogli, per le quali ti ho servito, e i miei bambini perché possa partire: tu conosci il servizio che ti ho prestato". Gli disse Làbano: "Se ho trovato grazia ai tuoi occhi... Per divinazione ho saputo che il Signore mi ha benedetto per causa tua". E aggiunse: "Fissami il tuo salario e te lo darò". Gli rispose: "Tu stesso sai come ti ho servito e quanti sono diventati i tuoi averi per opera mia. Perché il poco che avevi prima della mia venuta è cresciuto oltre misura e il Signore ti ha benedetto sui miei passi. Ma ora, quando lavorerò anch'io per la mia casa?". Riprese Làbano: "Che ti devo dare?". Giacobbe rispose: "Non mi devi nulla; se tu farai per me quanto ti dico, ritornerò a pascolare il tuo gregge e a custodirlo. Oggi passerò fra tutto il tuo bestiame; metti da parte ogni capo di colore scuro tra le pecore e ogni capo chiazzato e punteggiato tra le capre: sarà il mio salario. In futuro la mia stessa onestà risponderà per me; quando verrai a verificare il mio salario, ogni capo che non sarà punteggiato o chiazzato tra le capre e di colore scuro tra le pecore, se si troverà presso di me, sarà come rubato".

Làbano disse: "Bene, sia come tu hai detto!". In quel giorno mise da parte i capri striati e chiazzati e tutte le capre punteggiate e chiazzate, ogni capo che aveva del bianco e ogni capo di colore scuro tra le pecore. Li affidò ai suoi figli e stabilì una distanza di tre giorni di cammino tra sé e Giacobbe, mentre Giacobbe pascolava l'altro bestiame di Làbano. Ma Giacobbe prese rami freschi di pioppo, di mandorlo e di platano, ne intagliò la corteccia a strisce bianche, mettendo a nudo il bianco dei rami. Poi egli mise i rami così scortecciati nei truogoli agli abbeveratoi dell'acqua, dove veniva a bere il bestiame, proprio in vista delle bestie, le quali si accoppiavano quando venivano a bere. Così le bestie si accoppiarono di fronte ai rami e le capre figliarono capretti striati, punteggiati e chiazzati. Quanto alle pecore, Giacobbe le separò e fece sì che le bestie avessero davanti a sé gli animali striati e tutti quelli di colore scuro del gregge di Làbano. E i branchi che si era così costituiti per conto suo, non li mise insieme al gregge di Làbano. Ogni qualvolta si accoppiavano bestie robuste, Giacobbe metteva i rami nei truogoli in vista delle bestie, per farle concepire davanti ai rami. Quando invece le bestie erano deboli, non li metteva. Così i capi di bestiame deboli erano per Làbano e quelli robusti per Giacobbe. Egli si arricchì oltre misura e possedette greggi in grande quantità, schiave e schiavi, cammelli e asini.

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Ma Giacobbe venne a sapere che i figli di Làbano dicevano: "Giacobbe si è preso quanto era di nostro padre e con quanto era di nostro padre si è fatta tutta questa fortuna". Giacobbe osservò anche la faccia di Làbano e si accorse che non era più verso di lui come prima. Il Signore disse a Giacobbe: "Torna al paese dei tuoi padri, nella tua patria e io sarò con te". Allora Giacobbe mandò a chiamare Rachele e Lia, in campagna presso il suo gregge e disse loro: "Io mi accorgo dal volto di vostro padre che egli verso di me non è più come prima; eppure il Dio di mio padre è stato con me. Voi stesse sapete che io ho servito vostro padre con tutte le forze, mentre vostro padre si è beffato di me e ha cambiato dieci volte il mio salario; ma Dio non gli ha permesso di farmi del male. Se egli diceva: Le bestie punteggiate saranno il tuo salario, tutto il gregge figliava bestie punteggiate; se diceva: Le bestie striate saranno il tuo salario, allora tutto il gregge figliava bestie striate. Così Dio ha sottratto il bestiame a vostro padre e l'ha dato a me. Una volta, quando il piccolo bestiame va in calore, io in sogno alzai gli occhi e vidi che i capri in procinto di montare le bestie erano striati, punteggiati e chiazzati. L'angelo di Dio mi disse in sogno: Giacobbe! Risposi: Eccomi. Riprese: Alza gli occhi e guarda: tutti i capri che montano le bestie sono striati, punteggiati e chiazzati, perché ho visto quanto Làbano ti fa. Io sono il Dio di Betel, dove tu hai unto una stele e dove mi hai fatto un voto. Ora alzati, parti da questo paese e torna nella tua patria!". Rachele e Lia gli risposero: "Abbiamo forse ancora una parte o una eredità nella casa di nostro padre? Non siamo forse tenute in conto di straniere da parte sua, dal momento che ci ha vendute e si è anche mangiato il nostro danaro? Tutta la ricchezza che Dio ha sottratto a nostro padre è nostra e dei nostri figli. Ora fa' pure quanto Dio ti ha detto".

Allora Giacobbe si alzò, caricò i figli e le mogli sui cammelli e condusse via tutto il bestiame e tutti gli averi che si era acquistati, il bestiame che si era acquistato in Paddan-Aram, per ritornare da Isacco, suo padre, nel paese di Canaan. Làbano era andato a tosare il gregge e Rachele rubò gli idoli che appartenevano al padre. Giacobbe eluse l'attenzione di Làbano l'Arameo, non avvertendolo che stava per fuggire; così potè andarsene con tutti i suoi averi. Si alzò dunque, passò il fiume e si diresse verso le montagne di Gàlaad.

Al terzo giorno fu riferito a Làbano che Giacobbe era fuggito. Allora egli prese con sé i suoi parenti, lo inseguì per sette giorni di cammino e lo raggiunse sulle montagne di Gàlaad. Ma Dio venne da Làbano l'Arameo in un sogno notturno e gli disse: "Bada di non dir niente a Giacobbe, proprio nulla!". Làbano andò dunque a raggiungere Giacobbe; ora Giacobbe aveva piantato la tenda sulle montagne e Làbano si era accampato con i parenti sulle montagne di Gàlaad. Disse allora Làbano a Giacobbe: "Che hai fatto? Hai eluso la mia attenzione e hai condotto via le mie figlie come prigioniere di guerra! Perché sei fuggito di nascosto, mi hai ingannato e non mi hai avvertito? Io ti avrei congedato con festa e con canti, a suon di timpani e di cetre! E non mi hai permesso di baciare i miei figli e le mie figlie! Certo hai agito in modo insensato. Sarebbe in mio potere di farti del male, ma il Dio di tuo padre mi ha parlato la notte scorsa: Bada di non dir niente a Giacobbe, né in bene né in male! 

Certo, sei partito perché soffrivi di nostalgia per la casa di tuo padre; ma perché mi hai rubato i miei dèi?". Giacobbe rispose a Làbano e disse: "Perché avevo paura e pensavo che mi avresti tolto con la forza le tue figlie. Ma quanto a colui presso il quale tu troverai i tuoi dèi, non resterà in vita! Alla presenza dei nostri parenti riscontra quanto vi può essere di tuo presso di me e prendilo". Giacobbe non sapeva che li aveva rubati Rachele. Allora Làbano entrò nella tenda di Giacobbe e poi nella tenda di Lia e nella tenda delle due schiave, ma non trovò nulla. Poi uscì dalla tenda di Lia ed entrò nella tenda di Rachele. Rachele aveva preso gli idoli e li aveva messi nella sella del cammello, poi vi si era seduta sopra, così Làbano frugò in tutta la tenda, ma non li trovò. Essa parlò al padre: "Non si offenda il mio signore se io non posso alzarmi davanti a te, perché ho quello che avviene di regola alle donne". Làbano cercò dunque il tutta la tenda e non trovò gli idoli.

Essa parlò al padre: "Non si offenda il mio signore se io non posso alzarmi davanti a te, perché ho quello che avviene di regola alle donne". Làbano cercò dunque il tutta la tenda e non trovò gli idoli.

Giacobbe allora si adirò e apostrofò Làbano, al quale disse: "Qual è il mio delitto, qual è il mio peccato, perché ti sia messo a inseguirmi? Ora che hai frugato tra tutti i miei oggetti, che hai trovato di tutte le robe di casa tua? Mettilo qui davanti ai miei e tuoi parenti e siano essi giudici tra noi due. Vent'anni ho passato con te: le tue pecore e le tue capre non hanno abortito e i montoni del tuo gregge non ho mai mangiato. Nessuna bestia sbranata ti ho portato: io ne compensavo il danno e tu reclamavi da me ciò che veniva rubato di giorno e ciò che veniva rubato di notte. Di giorno mi divorava il caldo e di notte il gelo e il sonno fuggiva dai miei occhi. Vent'anni sono stato in casa tua: ho servito quattordici anni per le tue due figlie e sei anni per il tuo gregge e tu hai cambiato il mio salario dieci volte. Se non fosse stato con me il Dio di mio padre, il Dio di Abramo e il Terrore di Isacco, tu ora mi avresti licenziato a mani vuote; ma Dio ha visto la mia afflizione e la fatica delle mie mani e la scorsa notte egli ha fatto da arbitro".

Làbano allora rispose e disse a Giacobbe: "Queste figlie sono mie figlie e questi figli sono miei figli; questo bestiame è il mio bestiame e quanto tu vedi è mio. E che potrei fare oggi a queste mie figlie o ai figli che esse hanno messi al mondo? Ebbene, vieni, concludiamo un'alleanza io e te e ci sia un testimonio tra me e te". Giacobbe prese una pietra e la eresse come una stele. Poi disse ai suoi parenti: "Raccogliete pietre", e quelli presero pietre e ne fecero un mucchio. Poi mangiarono là su quel mucchio. Làbano lo chiamò Iegar-Saaduta, mentre Giacobbe lo chiamò Gal-Ed. Làbano disse: "Questo mucchio sia oggi un testimonio tra me e te"; per questo lo chiamò Gal-Ed e anche Mizpa, perché disse: "Il Signore starà di vedetta tra me e te, quando noi non ci vedremo più l'un l'altro. Se tu maltratterai le mie figlie e se prenderai altre mogli oltre le mie figlie, non un uomo sarà con noi, ma bada, Dio sarà testimonio tra me e te". Soggiunse Làbano a Giacobbe: "Ecco questo mucchio ed ecco questa stele, che io ho eretta tra me e te. Questo mucchio è testimonio e questa stele è testimonio che io giuro di non oltrepassare questo mucchio dalla tua parte e che tu giuri di non oltrepassare questo mucchio e questa stele dalla mia parte per fare il male. Il Dio di Abramo e il Dio di Nacor siano giudici tra di noi". Giacobbe giurò per il Terrore di suo padre Isacco. Poi offrì un sacrificio sulle montagne e invitò i suoi parenti a prender cibo. Essi mangiarono e passarono la notte sulle montagne.

32

Alla mattina per tempo Làbano si alzò, baciò i figli e le figlie e li benedisse. Poi partì e ritornò a casa. Mentre Giacobbe continuava il viaggio, gli si fecero incontro gli angeli di Dio. Giacobbe al vederli disse: "Questo è l'accampamento di Dio" e chiamò quel luogo Macanaim.

Poi Giacobbe mandò avanti a sé alcuni messaggeri al fratello Esaù, nel paese di Seir, la campagna di Edom. Diede loro questo comando: "Direte al mio signore Esaù: Dice il tuo servo Giacobbe: Sono stato forestiero presso Làbano e vi sono restato fino ad ora. Sono venuto in possesso di buoi, asini e greggi, di schiavi e schiave. Ho mandato ad informarne il mio signore, per trovare grazia ai suoi occhi". I messaggeri tornarono da Giacobbe, dicendo: "Siamo stati da tuo fratello Esaù; ora egli stesso sta venendoti incontro e ha con sé quattrocento uomini". Giacobbe si spaventò molto e si sentì angosciato; allora divise in due accampamenti la gente che era con lui, il gregge, gli armenti e i cammelli. Pensò infatti: "Se Esaù raggiunge un accampamento e lo batte, l'altro accampamento si salverà". Poi Giacobbe disse: "Dio del mio padre Abramo e Dio del mio padre Isacco, Signore, che mi hai detto: Ritorna al tuo paese, nella tua patria e io ti farò del bene, io sono indegno di tutta la benevolenza e di tutta la fedeltà che hai usato verso il tuo servo. Con il mio bastone soltanto avevo passato questo Giordano e ora sono divenuto tale da formare due accampamenti. Salvami dalla mano del mio fratello Esaù, perché io ho paura di lui: egli non arrivi e colpisca me e tutti, madre e bambini! Eppure tu hai detto: Ti farò del bene e renderò la tua discendenza come la sabbia del mare, tanto numerosa che non si può contare". Giacobbe rimase in quel luogo a passare la notte. Poi prese, di ciò che gli capitava tra mano, di che fare un dono al fratello Esaù: duecento capre e venti capri, duecento pecore e venti montoni, trenta cammelle allattanti con i loro piccoli, quaranta giovenche e dieci torelli, venti asine e dieci asinelli. Egli affidò ai suoi servi i singoli branchi separatamente e disse loro: "Passate davanti a me e lasciate un certo spazio tra un branco e l'altro". Diede questo ordine al primo: "Quando ti incontrerà Esaù, mio fratello, e ti domanderà: Di chi sei tu? Dove vai? Di chi sono questi animali che ti camminano davanti?, tu risponderai: Del tuo fratello Giacobbe: è un dono inviato al mio signore Esaù; ecco egli stesso ci segue". Lo stesso ordine diede anche al secondo e anche al terzo e a quanti seguivano i branchi: "Queste parole voi rivolgerete ad Esaù quando lo troverete; gli direte: Anche il tuo servo Giacobbe ci segue". Pensava infatti: "Lo placherò con il dono che mi precede e in seguito mi presenterò a lui; forse mi accoglierà con benevolenza". Così il dono passò prima di lui, mentr'egli trascorse quella notte nell'accampamento.

 

Durante quella notte egli si alzò, prese le due mogli, le due schiave, i suoi undici figli e passò il guado dello Iabbok. Li prese, fece loro passare il torrente e fece passare anche tutti i suoi averi. Giacobbe rimase solo e un uomo lottò con lui fino allo spuntare dell'aurora. Vedendo che non riusciva a vincerlo, lo colpì all'articolazione del femore e l'articolazione del femore di Giacobbe si slogò, mentre continuava a lottare con lui. Quegli disse: "Lasciami andare, perché è spuntata l'aurora". Giacobbe rispose: "Non ti lascerò, se non mi avrai benedetto!". Gli domandò: "Come ti chiami?". Rispose: "Giacobbe". Riprese: "Non ti chiamerai più Giacobbe, ma Israele, perché hai combattuto con Dio e con gli uomini e hai vinto!". Giacobbe allora gli chiese: "Dimmi il tuo nome". Gli rispose: "Perché mi chiedi il nome?". E qui lo benedisse. Allora Giacobbe chiamò quel luogo Penuel "Perché - disse - ho visto Dio faccia a faccia, eppure la mia vita è rimasta salva". Spuntava il sole, quando Giacobbe passò Penuel e zoppicava all'anca. Per questo gli Israeliti, fino ad oggi, non mangiano il nervo sciatico, che è sopra l'articolazione del femore, perché quegli aveva colpito l'articolazione del femore di Giacobbe nel nervo sciatico.

 

 

33

Poi Giacobbe alzò gli occhi e vide arrivare Esaù che aveva con sé quattrocento uomini. Allora distribuì i figli tra Lia, Rachele e le due schiave; mise in testa le schiave con i loro figli, più indietro Lia con i suoi figli e più indietro Rachele e Giuseppe. Egli passò davanti a loro e si prostrò sette volte fino a terra, mentre andava avvicinandosi al fratello. Ma Esaù gli corse incontro, lo abbracciò, gli si gettò al collo, lo baciò e piansero. Poi alzò gli occhi e vide le donne e i fanciulli e disse: "Chi sono questi con te?". Rispose: "Sono i figli di cui Dio ha favorito il tuo servo". Allora si fecero avanti le schiave con i loro figli e si prostrarono. Poi si fecero avanti anche Lia e i suoi figli e si prostrarono e infine si fecero avanti Rachele e Giuseppe e si prostrarono.

Così in quel giorno stesso Esaù ritornò sul suo cammino verso Seir. Giacobbe invece si trasportò a Succot, dove costruì una casa per sé e fece capanne per il gregge. Per questo chiamò quel luogo Succot.

Giacobbe arrivò sano e salvo alla città di Sichem, che è nel paese di Canaan, quando tornò da Paddan-Aram e si accampò di fronte alla città. Poi acquistò dai figli di Camor, padre di Sichem, per cento pezzi d'argento, quella porzione di campagna dove aveva piantato la tenda. Ivi eresse un altare e lo chiamò "El, Dio d'Israele".

34

Dina, la figlia che Lia aveva partorita a Giacobbe, uscì a vedere le ragazze del paese. Ma la vide Sichem, figlio di Camor l'Eveo, principe di quel paese, e la rapì, si unì a lei e le fece violenza. Egli rimase legato a Dina, figlia di Giacobbe; amò la fanciulla e le rivolse parole di conforto. Poi disse a Camor suo padre: "Prendimi in moglie questa ragazza". Intanto Giacobbe aveva saputo che quegli aveva disonorato Dina, sua figlia, ma i suoi figli erano in campagna con il suo bestiame. Giacobbe tacque fino al loro arrivo.

Venne dunque Camor, padre di Sichem, da Giacobbe per parlare con lui. Quando i figli di Giacobbe tornarono dalla campagna, sentito l'accaduto, ne furono addolorati e s'indignarono molto, perché quelli aveva commesso un'infamia in Israele, unendosi alla figlia di Giacobbe: così non si doveva fare!

Camor disse loro: "Sichem, mio figlio, è innamorato della vostra figlia; dategliela in moglie! Anzi, alleatevi con noi: voi darete a noi le vostre figlie e vi prenderete per voi le nostre figlie. Abiterete con noi e il paese sarà a vostra disposizione; risiedetevi, percorretelo in lungo e in largo e acquistate proprietà in esso". Poi Sichem disse al padre e ai fratelli di lei: "Possa io trovare grazia agli occhi vostri; vi darò quel che mi direte. Alzate pure molto a mio carico il prezzo nuziale e il valore del dono; vi darò quanto mi chiederete, ma datemi la giovane in moglie!".

 

Allora i figli di Giacobbe risposero a Sichem e a suo padre Camor e parlarono con astuzia, perché quegli aveva disonorato la loro sorella Dina. Dissero loro: "Non possiamo fare questo, dare cioè la nostra sorella ad un uomo non circonciso, perché ciò sarebbe un disonore per noi. Solo a questa condizione acconsentiremo alla vostra richiesta, se cioè voi diventerete come noi, circoncidendo ogni vostro maschio. Allora noi vi daremo le nostre figlie e ci prenderemo le vostre, abiteremo con voi e diventeremo un solo popolo. Ma se voi non ci ascoltate a proposito della nostra circoncisione, allora prenderemo la nostra figlia e ce ne andremo".

Le loro parole piacquero a Camor e a Sichem, figlio di Camor. Il giovane non indugiò ad eseguire la cosa, perché amava la figlia di Giacobbe; d'altra parte era il più onorato di tutto il casato di suo padre. Vennero dunque Camor e il figlio Sichem alla porta della loro città e parlarono agli uomini della città: "Questi uomini sono gente pacifica: abitino pure con noi nel paese e lo percorrano in lungo e in largo; esso è molto ampio per loro in ogni direzione. Noi potremo prendere per mogli le loro figlie e potremo dare a loro le nostre. Ma solo ad una condizione questi uomini acconsentiranno ad abitare con noi, a diventare un sol popolo: se cioè noi circoncidiamo ogni nostro maschio come loro stessi sono circoncisi. I loro armenti, la loro ricchezza e tutto il loro bestiame non saranno forse nostri? Accontentiamoli dunque e possano abitare con noi!". Allora quanti avevano accesso alla porta della sua città ascoltarono Camor e il figlio Sichem: tutti i maschi, quanti avevano accesso alla porta della città, si fecero circoncidere.

Ma il terzo giorno, quand'essi erano sofferenti, i due figli di Giacobbe, Simeone e Levi, i fratelli di Dina, presero ciascuno una spada, entrarono nella città con sicurezza e uccisero tutti i maschi. Passarono così a fil di spada Camor e suo figlio Sichem, portarono via Dina dalla casa di Sichem e si allontanarono. I figli di Giacobbe si buttarono sui cadaveri e saccheggiarono la città, perché quelli avevano disonorato la loro sorella. Presero così i loro greggi e i loro armenti, i loro asini e quanto era nella città e nella campagna. Portarono via come bottino tutte le loro ricchezze, tutti i loro bambini e le loro donne e saccheggiarono quanto era nelle case. Allora Giacobbe disse a Simeone e a Levi: "Voi mi avete messo in difficoltà, rendendomi odioso agli abitanti del paese, ai Cananei e ai Perizziti, mentre io ho pochi uomini; essi si raduneranno contro di me, mi vinceranno e io sarò annientato con la mia casa". Risposero: "Si tratta forse la nostra sorella come una prostituta?".

35

Dio disse a Giacobbe: "Alzati, va' a Betel e abita là; costruisci in quel luogo un altare al Dio che ti è apparso quando fuggivi Esaù, tuo fratello". Allora Giacobbe disse alla sua famiglia e a quanti erano con lui: "Eliminate gli dèi stranieri che avete con voi, purificatevi e cambiate gli abiti. Poi alziamoci e andiamo a Betel, dove io costruirò un altare al Dio che mi ha esaudito al tempo della mia angoscia e che è stato con me nel cammino che ho percorso". Essi consegnarono a Giacobbe tutti gli dèi stranieri che possedevano e i pendenti che avevano agli orecchi; Giacobbe li sotterrò sotto la quercia presso Sichem.

Poi levarono l'accampamento e un terrore molto forte assalì i popoli che stavano attorno a loro, così che non inseguirono i figli di Giacobbe. Giacobbe e tutta la gente ch'era con lui arrivarono a Luz, cioè Betel, che è nel paese di Canaan. Qui egli costruì un altare e chiamò quel luogo "El-Betel", perché là Dio gli si era rivelato, quando sfuggiva al fratello. Allora morì Dèbora, la nutrice di Rebecca, e fu sepolta al disotto di Betel, ai piedi della quercia, che perciò si chiamò Quercia del Pianto.

Dio apparve un'altra volta a Giacobbe, quando tornava da Paddan-Aram, e lo benedisse. Dio gli disse:

"Il tuo nome è Giacobbe.
Non ti chiamerai più Giacobbe,
ma Israele sarà il tuo nome".

Così lo si chiamò Israele. Dio gli disse:

"Io sono Dio onnipotente.
Sii fecondo e diventa numeroso,
popolo e assemblea di popoli
verranno da te,
re usciranno dai tuoi fianchi.
Il paese che ho concesso
ad Abramo e a Isacco darò a te
e alla tua stirpe dopo di te
darò il paese".

Dio scomparve da lui, nel luogo dove gli aveva parlato. Allora Giacobbe eresse una stele, dove gli aveva parlato, una stele di pietra, e su di essa fece una libazione e versò olio. Giacobbe chiamò Betel il luogo dove Dio gli aveva parlato.

Poi levarono l'accampamento da Betel. Mancava ancora un tratto di cammino per arrivare ad Èfrata, quando Rachele partorì ed ebbe un parto difficile. Mentre penava a partorire, la levatrice le disse: "Non temere: anche questo è un figlio!". Mentre esalava l'ultimo respiro, perché stava morendo, essa lo chiamò Ben-Oni, ma suo padre lo chiamò Beniamino. Così Rachele morì e fu sepolta lungo la strada verso Èfrata, cioè Betlemme. Giacobbe eresse sulla sua tomba una stele. Questa stele della tomba di Rachele esiste fino ad oggi.

 

Poi Israele levò l'accampamento e piantò la tenda al di là di Migdal-Eder. Mentre Israele abitava in quel paese, Ruben andò a unirsi con Bila, concubina del padre, e Israele lo venne a sapere.

I figli di Giacobbe furono dodici. I figli di Lia: il primogenito di Giacobbe, Ruben, poi Simeone, Levi, Giuda, Ìssacar e Zàbulon. I figli di Rachele: Giuseppe e Beniamino. I figli di Bila, schiava di Rachele: Dan e Nèftali. I figli di Zilpa, schiava di Lia: Gad e Aser. Questi sono i figli di Giacobbe che gli nacquero in Paddan-Aram.

Poi Giacobbe venne da suo padre Isacco a Mamre, a Kiriat-Arba, cioè Ebron, dove Abramo e Isacco avevano soggiornato come forestieri. Isacco raggiunse l'età di centottat'anni. Poi Isacco spirò, morì e si riunì al suo parentado, vecchio e sazio di giorni. Lo seppellirono i suoi figli Esaù e Giacobbe.

36

Questa è la discendenza di Esaù, cioè Edom. Esaù prese le mogli tra le figlie dei Cananei: Ada, figlia di Elon, l'Hittita; Oolibama, figlia di Ana, figlio di Zibeon, l'Hurrita; Basemat, figlia di Ismaele, sorella di Nebaiòt. Ada partorì ad Esaù Elifaz, Basemat partorì Reuel, Oolibama partorì Ieus, Iaalam e Core. Questi sono i figli di Esaù, che gli nacquero nel paese di Canaan.

Poi Esaù prese le mogli e i figli e le figlie e tutte le persone della sua casa, il suo gregge e tutto il suo bestiame e tutti i suoi beni che aveva acquistati nel paese di Canaan e andò nel paese di Seir, lontano dal fratello Giacobbe. Infatti i loro possedimenti erano troppo grandi perché essi potessero abitare insieme e il territorio, dove essi soggiornavano, non poteva sostenerli per causa del loro bestiame. Così Esaù si stabilì sulle montagne di Seir. Ora Esaù è Edom.

Questa è la discendenza di Esaù, padre degli Idumei, nelle montagne di Seir. Questi sono i nomi dei figli di Esaù: Elifaz, figlio di Ada, moglie di Esaù; Reuel, figlio di Basemat, moglie di Esaù. I figli di Elifaz furono: Teman, Omar, Zefo, Gatam, Kenaz. Elifaz, figlio di Esaù, aveva per concubina Timna, la quale ad Elifaz partorì Amalek. Questi sono i figli di Ada, moglie di Esaù. Questi sono i figli di Reuel: Naat e Zerach, Samma e Mizza. Questi furono i figli di Basemat, moglie di Esaù. Questi furono i figli di Oolibama, moglie di Esaù, figlia di Ana, figlio di Zibeon; essa partorì a Esaù Ieus, Iaalam e Core.

Questi sono i capi dei figli di Esaù: i figli di Elifaz primogenito di Esaù: il capo di Teman, il capo di Omar, il capo di Zefo, il capo di Kenaz, il capo di Core, il capo di Gatam, il capo di Amalek. Questi sono i capi di Elifaz nel paese di Edom: questi sono i figli di Ada.

Questi i figli di Reuel, figlio di Esaù: il capo di Naat, il capo di Zerach, il capo di Samma, il capo di Mizza. Questi sono i capi di Reuel nel paese di Edom; questi sono i figli di Basemat, moglie di Esaù.

Questi sono i figli di Oolibama, moglie di Esaù: il capo di Ieus, il capo di Iaalam, il capo di Core. Questi sono i capi di Oolibama, figlia di Ana, moglie di Esaù.

Questi sono i figli di Esaù e questi i loro capi. Egli è Edom.

Questi sono i figli di Seir l'Hurrita, che abitano il paese: Lotan, Sobal, Zibeon, Ana, Dison, Eser e Disan. Questi sono i capi degli Hurriti, figli di Seir, nel paese di Edom. I figli di Lotan furono Ori e Emam e la sorella di Lotan era Timna. I figli di Sobal sono Alvan, Manacat, Ebal, Sefo e Onam. I figli di Zibeon sono Aia e Ana; questo è l'Ana che trovò le sorgenti calde nel deserto, mentre pascolava gli asini del padre Zibeon. I figli di Ana sono Dison e Oolibama, figlia di Ana. I figli di Dison sono Emdam, Esban, Itran e Cheran. I figli di Eser sono Bilan, Zaavan e Akan. I figli di Disan sono Uz e Aran. Questi sono i capi degli Hurriti: il capo di Lotan, il capo di Sobal, il capo di Zibeon, il capo di Ana, il capo di Dison, il capo di Eser, il capo di Disan. Questi sono i capi degli Hurriti, secondo le loro tribù nel paese di Seir.

Questi sono i re che regnarono nel paese di Edom, prima che regnasse un re degli Israeliti. Regnò dunque in Edom Bela, figlio di Beor, e la sua città si chiama Dinaba. Poi morì Bela e regnò al suo posto Iobab, figlio di Zerach, da Bosra. Poi morì Iobab e regnò al suo posto Usam, del territorio dei Temaniti. Poi morì Usam e regnò al suo posto Adad, figlio di Bedad, colui che vinse i Madianiti nelle steppe di Moab; la sua città si chiama Avit. Poi morì Adad e regnò al suo posto Samla da Masreka. Poi morì Samla e regnò al suo posto Saul da Recobot-Naar. Poi morì Saul e regnò al suo posto Baal-Canan, figlio di Acbor. Poi morì Baal-Canan, figlio di Acbor, e regnò al suo posto Adar: la sua città si chiama Pau e la moglie si chiamava Meetabel, figlia di Matred, da Me-Zaab.

Questi sono i nomi dei capi di Esaù, secondo le loro famiglie, le loro località, con i loro nomi: il capo di Timna, il capo di Alva, il capo di Ietet, il capo di Oolibama, il capo di Ela, il capo di Pinon, il capo di Kenan, il capo di Teman, il capo di Mibsar, il capo di Magdiel, il capo di Iram. Questi sono i capi di Edom secondo le loro sedi nel territorio di loro proprietà. È appunto questo Esaù il padre degli Idumei.