Giuseppe
37
Giacobbe si stabilì nel paese dove suo
padre era stato straniero, nel paese di Canaan. Questa è la storia della discendenza di
Giacobbe.
Giuseppe all'età di diciassette anni pasceva il
gregge insieme ai fratelli. Era giovane e stava con i figli di Bila e i figli di
Zilpa, mogli di suo padre. Ora Giuseppe riferì al padre le chiacchiere sul
loro conto. Israele amava Giuseppe più di tutti i suoi figli, perché
era il figlio che ebbe in vecchiaia, e gli aveva fatto una veste dalle lunghe
maniche. I suoi fratelli, vedendo che il padre amava lui più
di tutti gli altri figli, lo odiavano e non riuscivano a parlargli fraternamente. Accadde che
Giuseppe fece un sogno e lo raccontò ai fratelli, che lo odiarono ancor di più.
Disse dunque loro: "Ascoltate il sogno che ho fatto. Noi
stavamo legando covoni in mezzo alla campagna, quand'ecco il mio covone si alzò
e restò in piedi e i vostri covoni vennero intorno e si inginocchiarono davanti al
mio". Gli dissero i suoi fratelli: "Vorrai forse regnare
su di noi o ci vorrai dominare?". Lo odiarono ancora di più a causa delle sue
parole e dei
suoi sogni.
Egli fece ancora un altro sogno e lo raccontò al padre e ai fratelli e disse: "Ho fatto ancora un sogno, sentite: il
sole, la luna e undici stelle si inginocchiavano davanti a me". Lo raccontò
dunque al padre e ai fratelli e il padre lo rimproverò e gli disse:
"Che sogno è questo che hai fatto! Dovremo forse venire io e tua madre e i
tuoi fratelli a prostrarci fino a terra davanti a te?". I suoi fratelli perciò erano invidiosi di
lui, ma suo padre continuò a meditare su questa cosa.
I suoi fratelli andarono a pascolare il
gregge del loro padre a Sichem. Israele (Giacobbe) disse a Giuseppe: "Sai
che i tuoi fratelli sono al pascolo a Sichem? Vieni, ti voglio mandare da
loro". Gli rispose: "Eccomi!". Gli disse: "Va'
a vedere come stanno i tuoi fratelli e come sta il bestiame, poi torna a
riferirmi". Lo fece dunque partire dalla valle di Ebron ed egli arrivò a
Sichem. Mentr'egli andava errando per la campagna, lo trovò un
uomo, che gli domandò: "Che cerchi?". Rispose:
"Cerco i miei fratelli. Indicami dove si trovano a pascolare". Quell'uomo
disse: "Hanno tolto le tende di qui, infatti li ho sentiti dire: Andiamo a
Dotan". Allora Giuseppe andò in cerca dei suoi fratelli e li trovò a
Dotan. Essi lo videro da lontano e, prima che giungesse vicino a
loro, complottarono di farlo morire.
Si dissero l'un l'altro:
"Ecco, il sognatore arriva! Orsù, uccidiamolo e gettiamolo in
qualche cisterna! Poi diremo: Una fiera l'ha divorato! Così vedremo che
ne sarà dei suoi sogni!". Ma Ruben sentì e volle salvarlo
dalle loro mani, dicendo: "Non togliamogli la vita". Poi
disse loro: "Non versate il sangue, gettatelo in questa cisterna che è nel
deserto, ma non colpitelo con la vostra mano"; egli intendeva salvarlo
dalle loro mani e ricondurlo a suo padre. Quando Giuseppe fu
arrivato presso i suoi fratelli, essi lo spogliarono della sua veste, quella veste
dalle lunghe maniche ch'egli indossava, poi lo afferrarono e
lo gettarono nella cisterna: era una cisterna vuota, senz'acqua. Poi
sedettero per prendere cibo.
Quando ecco, alzando gli occhi, videro arrivare una
carovana di Ismaeliti provenienti da Galaad, con i cammelli carichi di resina,
di balsamo e di laudano, che andavano a portare in Egitto. Allora
Giuda disse ai fratelli: "Che guadagno c'è ad uccidere il nostro fratello
e a nasconderne il sangue? Su, vendiamolo agli Ismaeliti e la
nostra mano non sia contro di lui, perché è nostro fratello e nostra
carne". I suoi fratelli lo ascoltarono.
Passarono
alcuni mercanti madianiti; essi tirarono su ed estrassero Giuseppe dalla
cisterna e per venti sicli d'argento vendettero Giuseppe agli Ismaeliti. Così
Giuseppe fu condotto in Egitto. Quando Ruben ritornò alla
cisterna, ecco Giuseppe non c'era più. Allora si stracciò le vesti, tornò
dai suoi fratelli e disse: "Il ragazzo non c'è più, dove andrò
io?". Presero allora la veste di Giuseppe, scannarono un
capro e intinsero la veste nel sangue. Poi mandarono al padre la veste dalle lunghe maniche e gliela fecero pervenire con queste parole:
"L'abbiamo trovata; riscontra se è o no la veste di tuo figlio". Egli
la riconobbe e disse: "È la veste di mio figlio! Una fiera l'ha
divorato. Giuseppe è stato sbranato". Giacobbe si stracciò
le vesti, si pose un cilicio attorno ai fianchi e fece lutto sul figlio per
molti giorni. Tutti i suoi figli e le sue figlie vennero a
consolarlo, ma egli non volle essere consolato dicendo: "No, io voglio
scendere in lutto dal figlio mio nella tomba". E il padre suo lo pianse. Intanto
i Madianiti lo vendettero in Egitto a Potifar, consigliere del faraone e capo
delle guardie.
38
In quel tempo Giuda si
separò dai suoi fratelli e si stabilì presso un uomo di Adullam,
di nome Chira. Qui Giuda vide la figlia di un
Cananeo chiamato Sua, la prese in moglie e si unì a lei. Essa
concepì e partorì un figlio e lo chiamò Er. Poi
concepì ancora e partorì un figlio e lo chiamò Onan. Ancora
un'altra volta partorì un figlio e lo chiamò Sela. Essa si
trovava in Chezib, quando lo partorì.
Giuda prese una moglie per
il suo primogenito Er, la quale si chiamava Tamar. Ma
Er, primogenito di Giuda, si rese odioso al Signore e il Signore
lo fece morire. Allora Giuda disse a Onan: "Unisciti
alla moglie del fratello, compi verso di lei il dovere di
cognato e assicura così una posterità per il fratello". Ma
Onan sapeva che la prole non sarebbe stata considerata come sua;
ogni volta che si univa alla moglie del fratello, disperdeva per
terra, per non dare una posterità al fratello. Ciò
che egli faceva non fu gradito al Signore, il quale fece morire
anche lui. Allora Giuda disse alla nuora Tamar:
"Ritorna a casa da tuo padre come vedova fin quando il mio
figlio Sela sarà cresciuto". Perché pensava: "Che non muoia
anche questo come i suoi fratelli!". Così Tamar se ne andò e
ritornò alla casa del padre.
Passarono molti giorni e
morì la figlia di Sua, moglie di Giuda. Quando Giuda ebbe finito
il lutto, andò a Timna da quelli che tosavano il suo gregge e
con lui vi era Chira, il suo amico di Adullam. Fu
portata a Tamar questa notizia: "Ecco, tuo suocero va a Timna
per la tosatura del suo gregge". Allora Tamar si
tolse gli abiti vedovili, si coprì con il velo e se lo avvolse
intorno, poi si pose a sedere all'ingresso di Enaim, che è sulla
strada verso Timna. Aveva visto infatti che Sela era ormai
cresciuto, ma che lei non gli era stata data in moglie. Giuda
la vide e la credette una prostituta, perché essa si era coperta
la faccia. Egli si diresse su quella strada verso
di lei e disse: "Lascia che io venga con te!". Non sapeva
infatti che quella fosse la sua nuora. Essa disse: "Che mi darai
per venire con me?". Rispose: "Io ti manderò un
capretto del gregge". Essa riprese: "Mi dai un pegno fin quando
me lo avrai mandato?". Egli disse: "Qual è il pegno
che ti devo dare?". Rispose: "Il tuo sigillo, il tuo cordone e
il bastone che hai in mano". Allora glieli diede e le si unì.
Essa concepì da lui. Poi si alzò e se ne andò; si
tolse il velo e rivestì gli abiti vedovili. Giuda
mandò il capretto per mezzo del suo amico di Adullam, per
riprendere il pegno dalle mani di quella donna, ma quegli non la
trovò. Domandò agli uomini di quel luogo: "Dov'è
quella prostituta che stava in Enaim sulla strada?". Ma
risposero: "Non c'è stata qui nessuna prostituta". Così
tornò da Giuda e disse: "Non l'ho trovata; anche gli uomini di
quel luogo dicevano: Non c'è stata qui nessuna prostituta". Allora Giuda disse: "Se li tenga! Altrimenti ci
esponiamo agli scherni. Vedi che le ho mandato questo capretto,
ma tu non l'hai trovata".
Circa tre mesi dopo, fu
portata a Giuda questa notizia: "Tamar, la tua nuora, si è
prostituita e anzi è incinta a causa della prostituzione". Giuda
disse: "Conducetela fuori e sia bruciata!". Essa
veniva già condotta fuori, quando mandò a dire al suocero:
"Dell'uomo a cui appartengono questi oggetti io sono incinta". E
aggiunse: "Riscontra, dunque, di chi siano questo sigillo,
questi cordoni e questo bastone". Giuda li
riconobbe e disse: "Essa è più giusta di me, perché io non l'ho
data a mio figlio Sela". E non ebbe più rapporti con lei.
Quand'essa fu giunta al
momento di partorire, ecco aveva nel grembo due gemelli. Durante
il parto, uno di essi mise fuori una mano e la levatrice prese
un filo scarlatto e lo legò attorno a quella mano, dicendo:
"Questi è uscito per primo". Ma, quando questi
ritirò la mano, ecco uscì suo fratello. Allora essa disse: "Come
ti sei aperta una breccia?" e lo si chiamò Perez. Poi
uscì suo fratello, che aveva il filo scarlatto alla mano, e lo
si chiamò Zerach. |
39
Giuseppe era stato condotto in Egitto e
Potifar, consigliere del faraone e comandante delle guardie, un Egiziano, lo
acquistò da quegli Ismaeliti che l'avevano condotto laggiù. Allora
il Signore fu con Giuseppe: a lui tutto riusciva bene e rimase nella casa
dell'Egiziano, suo padrone. Il suo padrone si accorse che il Signore
era con lui e che quanto egli intraprendeva il Signore faceva riuscire nelle sue
mani. Così Giuseppe trovò grazia agli occhi di lui e divenne suo
servitore personale; anzi quegli lo nominò suo maggiordomo e gli diede in mano
tutti i suoi averi. Da quando egli lo aveva fatto suo maggiordomo e
incaricato di tutti i suoi averi, il Signore benedisse la casa dell'Egiziano per
causa di Giuseppe e la benedizione del Signore fu su quanto aveva, in casa e
nella campagna. Così egli lasciò tutti i suoi averi nelle mani di
Giuseppe e non gli domandava conto di nulla, se non del cibo che mangiava. Ora
Giuseppe era bello di forma e avvenente di aspetto.
Dopo
questi fatti, la moglie del padrone gettò gli occhi su Giuseppe e gli disse:
"Accoppiati a me!". Ma egli rifiutò e disse alla moglie del
suo padrone: "Vedi, il mio signore non mi domanda conto di quanto è nella
sua casa e mi ha dato in mano tutti i suoi averi. Lui stesso non
conta più di me in questa casa; non mi ha proibito nulla, se non te, perché
sei sua moglie. E come potrei fare questo grande male e peccare contro
Dio?". E, benché ogni giorno essa ne parlasse a Giuseppe,
egli non acconsentì di unirsi, di darsi a lei.
Ora un giorno egli entrò in casa per fare
il suo lavoro, mentre non c'era nessuno dei domestici. Essa lo
afferrò per la veste, dicendo: "Accoppiati a me!". Ma egli le lasciò
tra le mani la veste, fuggì e uscì. Allora essa, vedendo ch'egli
le aveva lasciato tra le mani la veste ed era fuggito fuori, chiamò
i suoi domestici e disse loro: "Guardate, ci ha condotto in casa un Ebreo
per scherzare con noi! Mi si è accostato per unirsi a me, ma io ho gridato a
gran voce. Egli, appena ha sentito che alzavo la voce e chiamavo,
ha lasciato la veste accanto a me, è fuggito ed è uscito".
Ed essa pose accanto a sé la veste di lui
finché il padrone venne a casa. Allora gli disse le stesse cose:
"Quel servo ebreo, che tu ci hai condotto in casa, mi si è accostato per
scherzare con me. Ma appena io ho gridato e ho chiamato, ha
abbandonato la veste presso di me ed è fuggito fuori". Quando
il padrone udì le parole di sua moglie che gli parlava: "Proprio così mi
ha fatto il tuo servo!", si accese d'ira.
Il padrone di Giuseppe lo prese e lo mise
nella prigione, dove erano detenuti i carcerati del re.
Così il comandante della prigione affidò
a Giuseppe tutti i carcerati che erano nella prigione e quanto c'era da fare là
dentro, lo faceva lui. Il comandante della prigione non si prendeva
cura più di nulla di quanto gli era affidato, perché il Signore era con lui e
quello che egli faceva il Signore faceva riuscire.
Sogno
del faraone
40 Dopo queste cose il coppiere del re
d'Egitto e il panettiere recarono offesa al loro padrone, il re d'Egitto. Il
faraone si adirò contro i suoi due eunuchi, contro il capo dei coppieri e
contro il capo dei panettieri, e li fece mettere in carcere nella
casa del capo delle guardie, nella prigione dove Giuseppe era detenuto. Il capo delle guardie assegnò loro Giuseppe, perché li servisse. Così essi
restarono nel carcere per un certo periodo.
Ora, nella stessa notte, il coppiere e
il panettiere del re d'Egitto, che erano detenuti nella prigione, ebbero tutti e
due un sogno, ciascuno il suo sogno, che aveva un particolare significato.
Alla mattina Giuseppe venne da loro e vide
che erano afflitti. Allora interrogò gli eunuchi del faraone che
erano con lui in carcere nella casa del suo padrone e disse: "Perché
quest'oggi avete la faccia così triste?". Gli dissero:
"Abbiamo fatto un sogno e non c'è chi lo interpreti". Giuseppe disse
loro: "Non è forse Dio che ha in suo potere le interpretazioni?
Raccontatemi dunque". Allora il capo dei coppieri raccontò il
suo sogno a Giuseppe e gli disse: "Nel mio sogno, ecco mi stava davanti una
vite, sulla quale erano tre tralci; non appena essa cominciò a
germogliare, apparvero i fiori e i suoi grappoli maturarono gli acini. Io
avevo in mano il calice del faraone; presi gli acini, li spremetti nella coppa
del faraone e diedi la coppa in mano al faraone". Giuseppe gli disse: "Eccone la
spiegazione: i tre tralci sono tre giorni. Fra tre giorni il
faraone solleverà la tua testa e ti restituirà nella tua carica e tu porgerai
il calice al faraone, secondo la consuetudine di prima, quando eri suo coppiere.
Ma se, quando sarai felice, ti vorrai ricordare che io sono stato
con te, fammi questo favore: parla di me al faraone e fammi uscire da questa
casa. Perché io sono stato portato via ingiustamente dal paese
degli Ebrei e anche qui non ho fatto nulla perché mi mettessero in questo
sotterraneo".
Allora il capo dei panettieri, vedendo che
aveva dato un'interpretazione favorevole, disse a Giuseppe: "Quanto a me,
nel mio sogno mi stavano sulla testa tre canestri di pane bianco e
nel canestro che stava di sopra era ogni sorta di cibi per il faraone, quali si
preparano dai panettieri. Ma gli uccelli li mangiavano dal canestro che avevo
sulla testa".
Giuseppe rispose e disse: "Questa è
la spiegazione: i tre canestri sono tre giorni. Fra tre giorni il
faraone solleverà la tua testa e ti impiccherà ad un palo e gli uccelli ti
mangeranno la carne addosso".
Appunto al terzo giorno - era il giorno
natalizio del faraone - egli fece un banchetto a tutti i suoi ministri e allora
sollevò la testa del capo dei coppieri e la testa del capo dei panettieri in
mezzo ai suoi ministri. Restituì il capo dei coppieri al suo
ufficio di coppiere, perché porgesse la coppa al faraone, e invece
impiccò il capo dei panettieri, secondo l'interpretazione che Giuseppe aveva
loro data. Ma il capo dei coppieri non si ricordò di Giuseppe e lo
dimenticò.
41
Al termine di due anni, il faraone sognò
di trovarsi presso il Nilo. Ed ecco salirono dal Nilo sette vacche,
belle di aspetto e grasse e si misero a pascolare tra i giunchi. Ed
ecco, dopo quelle, sette altre vacche salirono dal Nilo, brutte di aspetto e
magre, e si fermarono accanto alle prime vacche sulla riva del Nilo. Ma
le vacche brutte di aspetto e magre divorarono le sette vacche belle di aspetto
e grasse. E il faraone si svegliò.
Poi si addormentò e sognò una seconda
volta: ecco sette spighe spuntavano da un unico stelo, grosse e belle. Ma
ecco sette spighe vuote e arse dal vento d'oriente spuntavano dopo quelle. Le
spighe vuote inghiottirono le sette spighe grosse e piene. Poi il faraone si
svegliò: era stato un sogno.
Alla mattina il suo spirito ne era turbato,
perciò convocò tutti gli indovini e tutti i saggi dell'Egitto. Il faraone
raccontò loro il sogno, ma nessuno lo sapeva interpretare al faraone.
Allora il capo dei coppieri parlò al
faraone: "Io devo ricordare oggi le mie colpe. Il faraone si
era adirato contro i suoi servi e li aveva messi in carcere nella casa del capo
delle guardie, me e il capo dei panettieri. Noi facemmo un sogno
nella stessa notte, io e lui; ma avemmo ciascuno un sogno con un significato
particolare. Ora era là con noi un giovane ebreo, schiavo del capo
delle guardie; noi gli raccontammo i nostri sogni ed egli ce li interpretò,
dando a ciascuno spiegazione del suo sogno. Proprio come ci aveva
interpretato, così avvenne: io fui restituito alla mia carica e l'altro fu
impiccato".
Allora il faraone convocò Giuseppe. Lo
fecero uscire in fretta dal sotterraneo ed egli si rase, si cambiò gli abiti e
si presentò al faraone. Il faraone disse a Giuseppe: "Ho
fatto un sogno e nessuno lo sa interpretare; ora io ho sentito dire di te che ti
basta ascoltare un sogno per interpretarlo subito".
Giuseppe rispose al faraone: "Non io,
ma Dio darà la risposta per la salute del faraone!". Allora
il faraone disse a Giuseppe: "Nel mio sogno io mi trovavo sulla riva del
Nilo. Quand'ecco salirono dal Nilo sette vacche grasse e belle di
forma e si misero a pascolare tra i giunchi. Ed ecco sette altre
vacche salirono dopo quelle, deboli, brutte di forma e magre: non ne vidi mai di
così brutte in tutto il paese d'Egitto. Le vacche magre e brutte
divorarono le prime sette vacche, quelle grasse. Queste entrarono
nel loro corpo, ma non si capiva che vi fossero entrate, perché il loro aspetto
era brutto come prima. E mi svegliai.
Poi vidi nel sogno che sette spighe
spuntavano da un solo stelo, piene e belle. Ma ecco sette spighe
secche, vuote e arse dal vento d'oriente, spuntavano dopo quelle. Le
spighe vuote inghiottirono le sette spighe belle. Ora io l'ho detto agli
indovini, ma nessuno mi da' la spiegazione".
Allora Giuseppe disse al faraone: "Il
sogno del faraone è uno solo: quello che Dio sta per fare, lo ha indicato al
faraone. Le sette vacche belle sono sette anni e le sette spighe
belle sono sette anni: è un solo sogno. E le sette vacche magre e
brutte, che salgono dopo quelle, sono sette anni e le sette spighe vuote, arse
dal vento d'oriente, sono sette anni: vi saranno sette anni di carestia. È
appunto ciò che ho detto al faraone: quanto Dio sta per fare, l'ha manifestato
al faraone. Ecco stanno per venire sette anni, in cui sarà grande
abbondanza in tutto il paese d'Egitto. Poi a questi succederanno
sette anni di carestia; si dimenticherà tutta quella abbondanza nel paese
d'Egitto e la carestia consumerà il paese. Si dimenticherà che vi
era stata l'abbondanza nel paese a causa della carestia venuta in seguito, perché
sarà molto dura. Quanto al fatto che il sogno del faraone si è
ripetuto due volte, significa che la cosa è decisa da Dio e che Dio si affretta
ad eseguirla.
Ora il faraone pensi a trovare un uomo
intelligente e saggio e lo metta a capo del paese d'Egitto. Il
faraone inoltre proceda ad istituire funzionari sul paese, per prelevare un
quinto sui prodotti del paese d'Egitto durante i sette anni di abbondanza. Essi
raccoglieranno tutti i viveri di queste annate buone che stanno per venire,
ammasseranno il grano sotto l'autorità del faraone e lo terranno in deposito
nelle città. Questi viveri serviranno al paese di riserva per i
sette anni di carestia che verranno nel paese d'Egitto; così il paese non sarà
distrutto dalla carestia".
La cosa piacque molto al faraone e a tutti i
suoi ministri. Il faraone disse ai ministri: "Potremo trovare un' altro uomo come questo, in cui si manifesti lo Spirito di Dio?". Poi il
faraone si rivolse a Giuseppe: "Dal momento che Dio ti ha mostrato tutto
questo, nessuno è intelligente e saggio come te. Tu solo sarai
il mio maggiordomo e ai tuoi ordini obbedirà tutto il mio popolo: solo per
il trono io sarò al di sopra di te".
Il faraone disse a Giuseppe: "Ecco,
io ti metto a capo di tutto il paese d'Egitto". Il faraone si
sfilò dalla mano l'anello e lo pose sulla mano di Giuseppe; lo rivestì di abiti di
lino finissimo e gli mise al collo un monile d'oro. Poi lo fece
salire sul suo secondo carro e davanti a lui si gridava: "Abrech". E
così lo si stabilì su tutto il paese d'Egitto. Poi il faraone
disse a Giuseppe: "Sono il faraone, ma senza il tuo permesso nessuno potrà
alzare la mano o il piede in tutto il paese d'Egitto". E il
faraone chiamò Giuseppe Zafnat-Paneach e gli diede in moglie Asenat, figlia di
Potifera, sacerdote di On. Giuseppe uscì per tutto il paese d'Egitto. Giuseppe
aveva trent'anni quando si presentò al faraone re d'Egitto.
Poi Giuseppe si allontanò dal faraone e percorse tutto
il paese d'Egitto. Durante i sette anni di abbondanza la terra
produsse a profusione. Egli raccolse tutti i viveri dei sette anni,
nei quali vi era stata l'abbondanza nel paese d'Egitto, e ripose i viveri nelle
città, cioè in ogni città ripose i viveri della campagna circostante. Giuseppe
ammassò il grano come la sabbia del mare, in grandissima quantità, così che
non se ne fece più il computo, perché era incalcolabile.
Intanto nacquero a Giuseppe due figli,
prima che venisse l'anno della carestia; glieli partorì Asenat, figlia di
Potifera, sacerdote di On. Giuseppe chiamò il primogenito Manasse,
"perché - disse - Dio mi ha fatto dimenticare ogni affanno e tutta la casa
di mio padre". E il secondo lo chiamò Efraim, "perché -
disse - Dio mi ha reso fecondo nel paese della mia afflizione".
Poi finirono i sette anni di abbondanza
nel paese d'Egitto e cominciarono i sette anni di carestia, come
aveva detto Giuseppe. Ci fu carestia in tutti i paesi, ma in tutto l'Egitto
c'era il pane.
Poi tutto il paese d'Egitto cominciò a
sentire la fame e il popolo gridò al faraone per avere il pane. Allora il
faraone disse a tutti gli Egiziani: "Andate da Giuseppe; fate quello che vi
dirà". La carestia dominava su tutta la terra. Allora
Giuseppe aprì tutti i depositi in cui vi era grano e vendette il grano agli
Egiziani, mentre la carestia si aggravava in Egitto. E da tutti i
paesi venivano in Egitto per acquistare grano da Giuseppe, perché la carestia
infieriva su tutta la terra.
42Ora Giacobbe seppe che in Egitto c'era il
grano; perciò disse ai figli: "Perché state a guardarvi l'un
l'altro?". E continuò: "Ecco, ho sentito dire che vi è
il grano in Egitto. Andate laggiù e compratene per noi, perché possiamo
conservarci in vita e non morire". Allora i dieci fratelli di
Giuseppe scesero per acquistare il frumento in Egitto. Ma quanto a
Beniamino, fratello di Giuseppe, Giacobbe non lo mandò con i fratelli perché
diceva: "Non gli succeda qualche disgrazia!". Arrivarono
dunque i figli d'Israele per acquistare il grano, in mezzo ad altri che pure
erano venuti, perché nel paese di Canaan c'era la carestia.
Ora Giuseppe aveva autorità sul paese e
vendeva il grano a tutto il popolo del paese. Perciò i fratelli di Giuseppe
vennero da lui e gli si prostrarono davanti con la faccia a terra. Giuseppe
vide i suoi fratelli e li riconobbe, ma fece l'estraneo verso di loro, parlò
duramente e disse: "Di dove siete venuti?". Risposero: "Dal paese
di Canaan per comperare viveri". Giuseppe riconobbe dunque i
fratelli, mentre essi non lo riconobbero. Si ricordò allora
Giuseppe dei sogni che aveva avuti a loro riguardo e disse loro: "Voi siete
spie! Voi siete venuti a vedere i punti scoperti del paese". Gli
risposero: "No, signore mio; i tuoi servi sono venuti per acquistare
viveri. Noi siamo tutti figli di un solo uomo. Noi siamo sinceri. I
tuoi servi non sono spie!". Ma egli disse loro: "No, voi
siete venuti a vedere i punti scoperti del paese!". Allora
essi dissero: "Dodici sono i tuoi servi, siamo fratelli, figli di un solo
uomo, nel paese di Canaan; ecco il più giovane è ora presso nostro padre e uno
non c'è più". Giuseppe disse loro: "Le cose stanno come
vi ho detto: voi siete spie. In questo modo sarete messi alla
prova: per la vita del faraone, non uscirete di qui se non quando vi avrà
raggiunto il vostro fratello più giovane. Mandate uno di voi a
prendere il vostro fratello; voi rimarrete prigionieri. Siano così messe alla
prova le vostre parole, per sapere se la verità è dalla vostra parte. Se no,
per la vita del faraone, voi siete spie!". E li tenne in
carcere per tre giorni.
Al terzo giorno Giuseppe disse loro:
"Fate questo e avrete salva la vita; io temo Dio! Se voi siete
sinceri, uno dei vostri fratelli resti prigioniero nel vostro carcere e voi
andate a portare il grano per la fame delle vostre case. Poi mi
condurrete qui il vostro fratello più giovane. Allora le vostre parole si
dimostreranno vere e non morirete". Essi annuirono. Allora si
dissero l'un l'altro: "Certo su di noi grava la colpa nei riguardi di
nostro fratello, perché abbiamo visto la sua angoscia quando ci supplicava e
non lo abbiamo ascoltato. Per questo ci è venuta addosso quest'angoscia". Ruben
prese a dir loro: "Non ve lo avevo detto io: Non peccate contro il ragazzo?
Ma non mi avete dato ascolto. Ecco ora ci si domanda conto del suo sangue".
Non sapevano che Giuseppe li capiva, perché tra lui e loro vi era
l'interprete.
Allora egli si allontanò da loro e
pianse. Poi tornò e parlò con essi. Scelse tra di loro Simeone e lo fece
incatenare sotto i loro occhi.
Quindi Giuseppe diede ordine che si
riempissero di grano i loro sacchi e si rimettesse il denaro di ciascuno nel suo
sacco e si dessero loro provviste per il viaggio. E così venne loro fatto.
Essi caricarono il grano sugli asini e
partirono di là. Ora in un luogo dove passavano la notte uno di
essi aprì il sacco per dare il foraggio all'asino e vide il proprio denaro alla
bocca del sacco. Disse ai fratelli: "Mi è stato restituito il
denaro: eccolo qui nel mio sacco!". Allora si sentirono mancare il cuore e
tremarono, dicendosi l'un l'altro: "Che è mai questo che Dio ci ha
fatto?".
Arrivati da Giacobbe loro padre, nel paese
di Canaan, gli riferirono tutte le cose che erano loro capitate: "Quell'uomo
che è il signore del paese ci ha parlato duramente e ci ha messi in carcere
come spie del paese. Allora gli abbiamo detto: Noi siamo sinceri;
non siamo spie! Noi siamo dodici fratelli, figli di nostro padre:
uno non c'è più e il più giovane è ora presso nostro padre nel paese di
Canaan. Ma l'uomo, signore del paese, ci ha risposto: In questo
modo io saprò se voi siete sinceri: lasciate qui con me uno dei vostri
fratelli, prendete il grano necessario alle vostre case e andate. Poi
conducetemi il vostro fratello più giovane; così saprò che non siete spie, ma
che siete sinceri; io vi renderò vostro fratello e voi potrete percorrere il
paese in lungo e in largo".
Mentre vuotavano i sacchi, ciascuno si
accorse di avere la sua borsa di denaro nel proprio sacco. Quando essi e il loro
padre videro le borse di denaro, furono presi dal timore. E il
padre loro Giacobbe disse: "Voi mi avete privato dei figli! Giuseppe non c'è
più, Simeone non c'è più e Beniamino me lo volete prendere. Su di me tutto
questo ricade!".
Allora Ruben disse al padre: "Farai
morire i miei due figli, se non te lo ricondurrò. Affidalo a me e io te lo
restituirò". Ma egli rispose: "Il mio figlio non verrà
laggiù con voi, perché suo fratello è morto ed egli è rimasto solo. Se gli
capitasse una disgrazia durante il viaggio che volete fare, voi fareste scendere
con dolore la mia canizie negli inferi".
Immagini elaborate da "Giuseppe" di Roger Young - Ed.
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