Nella
fornace ardente 1
L'anno terzo del regno di Ioiakìm re di
Giuda, Nabucodònosor re di Babilonia marciò su Gerusalemme e la cinse d'assedio.
Il Signore mise Ioiakìm re di Giuda nelle sue mani, insieme con una parte degli
arredi del tempio di Dio, ed egli li trasportò in Sennaàr e depositò gli arredi
nel tesoro del tempio del suo dio.
Il re ordinò ad Asfenàz, capo dei suoi funzionari di corte, di condurgli giovani
israeliti di stirpe reale o di famiglia nobile, senza difetti, di bell'aspetto,
dotati di ogni scienza, educati, intelligenti e tali da poter stare nella
reggia, per essere istruiti nella scrittura e nella lingua dei Caldei.
Il re assegnò loro una razione giornaliera di vivande e di vino della sua
tavola; dovevano esser educati per tre anni, al termine dei quali sarebbero
entrati al servizio del re. Fra di loro vi erano alcuni Giudei: Daniele, Anania,
Misaele e Azaria; però il capo dei funzionari di corte chiamò Daniele Baltazzàr;
Anania Sadràch; Misaele Mesàch e Azaria Abdènego.
Ma Daniele decise in cuor suo di non contaminarsi con le vivande del re e con il
vino dei suoi banchetti e chiese al capo dei funzionari di non farlo
contaminare.
Dio fece sì che Daniele incontrasse la benevolenza e la
simpatia del capo dei funzionari. Però egli disse a
Daniele: "Io temo che il re mio signore, che ha stabilito quello
che dovete mangiare e bere, trovi le vostre facce più magre di quelle
degli altri giovani della vostra età e io così mi renda colpevole
davanti al re". Ma Daniele disse al custode, al quale
il capo dei funzionari aveva affidato Daniele, Anania, Misaele e Azaria:
"Mettici alla prova per dieci giorni, dandoci da
mangiare legumi e da bere acqua, poi si confrontino, alla
tua presenza, le nostre facce con quelle dei giovani che mangiano le
vivande del re; quindi deciderai di fare con noi tuoi servi come avrai
constatato". Egli acconsentì e fece la prova per
dieci giorni; terminati questi, si vide che le loro facce
erano più belle e più floride di quelle di tutti gli altri giovani che
mangiavano le vivande del re. D'allora in poi il
sovrintendente fece togliere l'assegnazione delle vivande e del vino e
diede loro soltanto legumi.
Dio concesse a questi quattro giovani di conoscere e
comprendere ogni scrittura e ogni sapienza e rese Daniele interprete di
visioni e di sogni. Terminato il tempo stabilito dal re entro il quale i
giovani dovevano essergli presentati, il capo dei funzionari li portò a
Nabucodònosor. Il re parlò con loro, ma fra tutti non si
trovò nessuno pari a Daniele, Anania, Misaele e Azaria, i quali
rimasero al servizio del re; in qualunque affare di
sapienza e intelligenza su cui il re li interrogasse, li trovò dieci
volte superiori a tutti i maghi e astrologi che c'erano in tutto il suo
regno. Così Daniele vi rimase fino al primo anno del re
Ciro.
2
Nel secondo anno del suo regno, Nabucodònosor fece un
sogno e il suo animo ne fu tanto agitato da non poter più dormire. Allora
il re ordinò che fossero chiamati i maghi, gli astrologi, gli
incantatori e i caldei a spiegargli i sogni. Questi vennero e si
presentarono al re. Egli disse loro: "Ho fatto un sogno
e il mio animo si è tormentato per trovarne la spiegazione". I
caldei risposero al re: "Re, vivi per sempre. Racconta il sogno ai
tuoi servi e noi te ne daremo la spiegazione". Rispose
il re ai caldei: "Questa è la mia decisione: se voi non mi
rivelate il sogno e la sua spiegazione sarete fatti a pezzi e le vostre
case saranno ridotte in letamai. Se invece mi rivelerete il
sogno e me ne darete la spiegazione, riceverete da me doni, regali e
grandi onori. Ditemi dunque il sogno e la sua spiegazione". Essi
replicarono: "Esponga il re il sogno ai suoi servi e noi ne daremo
la spiegazione". Rispose il re: "Comprendo bene
che voi volete guadagnar tempo, perché avete inteso la mia decisione. Se
non mi dite qual era il mio sogno, una sola sarà la vostra sorte. Vi
siete messi d'accordo per darmi risposte astute e false in attesa che le
circostanze si mutino. Perciò ditemi il sogno e io saprò che voi siete
in grado di darmene anche la spiegazione". I caldei
risposero davanti al re: "Non c'è nessuno al mondo che possa
soddisfare la richiesa del re: difatti nessun re, per quanto potente e
grande, ha mai domandato una cosa simile ad un mago, indovino o caldeo. La
richiesta del re è tanto difficile, che nessuno ne può dare al re la
risposta, se non gli dèi la cui dimora è lontano dagli uomini".
Allora il re, acceso di furore, ordinò che tutti i
saggi di Babilonia fossero messi a morte. Il decreto fu
pubblicato e già i saggi venivano uccisi; anche Daniele e i suoi
compagni erano ricercati per essere messi a morte.
Ma Daniele rivolse parole piene di saggezza e di
prudenza ad Ariòch, capo delle guardie del re, che stava per uccidere i
saggi di Babilonia, e disse ad Ariòch, ufficiale del re:
"Perché il re ha emanato un decreto così severo?". Ariòch
ne spiegò il motivo a Daniele. Egli allora entrò dal re e
pregò che gli si concedesse tempo: egli avrebbe dato la spiegazione dei
sogni al re. Poi Daniele andò a casa e narrò la cosa ai
suoi compagni, Anania, Misaele e Azaria, ed essi
implorarono misericordia dal Dio del cielo riguardo a questo mistero,
perché Daniele e i suoi compagni non fossero messi a morte insieme con
tutti gli altri saggi di Babilonia.
Allora il mistero fu svelato a Daniele in una visione
notturna; perciò Daniele benedisse il Dio del cielo:
"Sia benedetto il nome di Dio di
secolo in secolo,
perché a lui appartengono la sapienza e la potenza.
Egli alterna tempi e stagioni, depone i re e li innalza,
concede la sapienza ai saggi,
agli intelligenti il sapere.
Svela cose profonde e occulte
e sa quel che è celato nelle tenebre
e presso di lui è la luce.
Gloria e lode a te, Dio dei miei padri,
che mi hai concesso la sapienza e la forza,
mi hai manifestato ciò che ti abbiamo domandato
e ci hai illustrato la richiesta del re".
Allora Daniele si recò da Ariòch, al quale il re aveva
affidato l'incarico di uccidere i saggi di Babilonia, e presentatosi gli
disse: "Non uccidere i saggi di Babilonia, ma conducimi dal re e io
gli farò conoscere la spiegazione del sogno". Ariòch
condusse in fretta Daniele alla presenza del re e gli disse: "Ho
trovato un uomo fra i Giudei deportati, il quale farà conoscere al re
la spiegazione del sogno". Il re disse allora a
Daniele, chiamato Baltazzàr: "Puoi tu davvero rivelarmi il sogno
che ho fatto e darmene la spiegazione?". Daniele,
davanti al re, rispose: "Il mistero di cui il re chiede la
spiegazione non può essere spiegato né da saggi, né da astrologi, né
da maghi, né da indovini; ma c'è un Dio nel cielo che
svela i misteri ed egli ha rivelato al re Nabucodònosor quel che
avverrà al finire dei giorni. Ecco dunque qual era il tuo sogno e le
visioni che sono passate per la tua mente, mentre dormivi nel tuo letto.
O re, i pensieri che ti sono venuti mentre eri a letto
riguardano il futuro; colui che svela i misteri ha voluto svelarti ciò
che dovrà avvenire. Se a me è stato svelato questo
mistero, non è perché io possieda una sapienza superiore a tutti i
viventi, ma perché ne sia data la spiegazione al re e tu possa
conoscere i pensieri del tuo cuore. Tu stavi osservando, o
re, ed ecco una statua, una statua enorme, di straordinario splendore,
si ergeva davanti a te con terribile aspetto. Aveva la
testa d'oro puro, il petto e le braccia d'argento, il ventre e le cosce
di bronzo, le gambe di ferro e i piedi in parte di ferro e
in parte di creta. Mentre stavi guardando, una pietra si
staccò dal monte, ma non per mano di uomo, e andò a battere contro i
piedi della statua, che erano di ferro e di argilla, e li frantumò. Allora
si frantumarono anche il ferro, l'argilla, il bronzo, l'argento e l'oro
e divennero come la pula sulle aie d'estate; il vento li portò via
senza lasciar traccia, mentre la pietra, che aveva colpito la statua,
divenne una grande montagna che riempì tutta quella regione.
Questo è il sogno: ora ne daremo la spiegazione al re.
Tu
o re, sei il re dei re; a te il Dio del cielo ha concesso il regno, la
potenza, la forza e la gloria. A te ha concesso il dominio
sui figli dell'uomo, sugli animali selvatici, sugli uccelli del cielo;
tu li domini tutti: tu sei la testa d'oro. Dopo di te
sorgerà un altro regno, inferiore al tuo; poi un terzo regno, quello di
bronzo, che dominerà su tutta la terra. Vi sarà poi un
quarto regno, duro come il ferro. Come il ferro spezza e frantuma tutto,
così quel regno spezzerà e frantumerà tutto. Come hai
visto, i piedi e le dita erano in parte di argilla da vasaio e in parte
di ferro: ciò significa che il regno sarà diviso, ma avrà la durezza
del ferro unito all'argilla. Se le dita dei piedi erano in
parte di ferro e in parte di argilla, ciò significa che una parte del
regno sarà forte e l'altra fragile. Il fatto d'aver visto
il ferro mescolato all'argilla significa che le due parti si uniranno
per via di matrimoni, ma non potranno diventare una cosa sola, come il
ferro non si amalgama con l'argilla.
Al tempo di questi re,
il Dio del cielo farà sorgere un regno che non sarà mai distrutto e
non sarà trasmesso ad altro popolo: stritolerà e annienterà tutti gli
altri regni, mentre esso durerà per sempre. Questo
significa quella pietra che tu hai visto staccarsi dal monte, non per
mano di uomo, e che ha stritolato il ferro, il bronzo, l'argilla,
l'argento e l'oro. Il Dio grande ha rivelato al re quello che avverrà
da questo tempo in poi. Il sogno è vero e degna di fede ne è la
spiegazione". Allora il re Nabucodònosor piegò
la faccia a terra, si prostrò davanti a Daniele e ordinò che gli si
offrissero sacrifici e
incensi. Quindi rivolto a Daniele gli disse: "Certo,
il vostro Dio è il Dio degli dèi, il Signore dei re e il rivelatore
dei misteri, poiché tu hai potuto svelare questo mistero". Il
re esaltò Daniele e gli fece molti preziosi regali, lo costituì
governatore di tutta la provincia di Babilonia e capo di tutti i saggi
di Babilonia; su richiesta di Daniele, il re fece
amministratori della provincia di Babilonia, Sadràch, Mesàch e
Abdènego. Daniele rimase alla corte del re.
3
Il re Nabucodònosor aveva fatto
costruire una statua d'oro, alta sessanta cubiti e larga sei, e l'aveva
fatta erigere nella pianura di Dura, nella provincia di Babilonia.
Quindi il re Nabucodònosor aveva convocato i sàtrapi, i prefetti, i
governatori, i consiglieri, i tesorieri, i giudici, i questori e tutte
le alte autorità delle province, perché presenziassero all'inaugurazione
della statua che il re Nabucodònosor aveva fatto erigere.
I sàtrapi, i prefetti, i governatori, i consiglieri, i tesorieri, i
giudici, i questori e tutte le alte autorità delle province vennero
all'inaugurazione della statua. Essi si disposero davanti alla statua
fatta erigere dal re.
Un banditore gridò ad alta voce: "Popoli, nazioni e lingue, a voi è
rivolto questo proclama:
Quando voi udirete il suono del corno, del flauto, della cetra,
dell'arpicordo, del salterio, della zampogna, e d'ogni specie di
strumenti musicali, vi prostrerete e adorerete la statua d'oro, che il
re Nabucodònosor ha fatto innalzare.
Chiunque non si prostrerà alla statua, in quel medesimo istante sarà
gettato in mezzo ad una fornace di fuoco ardente".
Perciò tutti i popoli, nazioni e lingue, in quell'istante che ebbero
udito il suono del corno, del flauto, dell'arpicordo, del salterio e di
ogni specie di strumenti musicali, si prostrarono e adorarono la statua
d'oro, che il re Nabucodònosor aveva fatto innalzare.Però in quel momento alcuni Caldei si fecero avanti per
accusare i Giudei e andarono a dire al re Nabucodònosor:
"Re, vivi per sempre! Tu hai decretato, o re, che
chiunque avrà udito il suono del corno, del flauto, della cetra,
dell'arpicordo, del salterio, della zampogna e d'ogni specie di
strumenti musicali, si deve prostrare e adorare la statua d'oro: chiunque
non si prostrerà per adorarla, sia gettato in mezzo ad una fornace con
il fuoco acceso.
Ora, ci sono alcuni Giudei, ai quali hai affidato gli
affari della provincia di Babilonia, cioè Sadràch, Mesàch e Abdènego,
che non ti obbediscono, re: non servono i tuoi dèi e non adorano la
statua d'oro che tu hai fatto innalzare". Allora Nabucodònosor, sdegnato, comandò che gli si
conducessero Sadràch, Mesàch e Abdènego, e questi comparvero alla
presenza del re. Nabucodònosor disse loro: "È vero, Sadràch, Mesàch e
Abdènego, che voi non servite i miei dèi e non
adorate la statua d'oro che io ho fatto innalzare? Ora, se
voi sarete pronti, quando udirete il suono del corno, del flauto, della
cetra, dell'arpicordo, del salterio, della zampogna e d'ogni specie di
strumenti musicali, a prostrarvi e adorare la statua che io ho fatta,
bene; altrimenti in quel medesimo istante sarete gettati in mezzo ad una
fornace dal fuoco ardente. Qual Dio vi potrà liberare dalla mia
mano?".
Ma Sadràch, Mesàch e Abdènego risposero al re
Nabucodònosor: "Re, noi non abbiamo bisogno di darti alcuna
risposta in proposito; sappi però che il nostro Dio, che
serviamo, può liberarci dalla fornace con il fuoco acceso e dalla tua
mano, o re. Ma anche se non ci liberasse, sappi, o re, che
noi non serviremo mai i tuoi dèi e non adoreremo la statua d'oro che tu
hai eretto". Allora Nabucodònosor, acceso d'ira e con
aspetto minaccioso contro Sadràch, Mesàch e Abdènego, ordinò che si
aumentasse il fuoco della fornace sette volte più del solito. Poi,
ad alcuni uomini fra i più forti del suo esercito, comandò di legare
Sadràch, Mesàch e Abdènego e gettarli nella fornace con il fuoco
acceso. Furono infatti legati, vestiti come erano, con i
mantelli, calzari, turbanti e tutti i loro abiti e gettati in mezzo alla
fornace con il fuoco acceso.
Ma quegli uomini, che dietro il severo comando del re
avevano acceso al massimo la fornace per gettarvi Sadràch, Mesàch e
Abdènego, rimasero uccisi dalle fiamme, nel momento stesso
che i tre giovani Sadràch, Mesàch e Abdènego cadevano legati nella
fornace con il fuoco acceso. Essi passeggiavano in mezzo alle fiamme, lodavano Dio e
benedicevano il Signore. Azaria, alzatosi, fece questa preghiera in mezzo al
fuoco e aprendo la bocca disse:
"Benedetto sei tu, Signore Dio
dei nostri padri;
degno di lode e glorioso è il tuo nome per sempre.
Tu sei giusto in tutto ciò che hai fatto;
tutte le tue opere sono vere,
rette le tue vie e giusti tutti i tuoi giudizi.
Giusto è stato il tuo giudizio
per quanto hai fatto ricadere su di noi
e sulla città santa dei nostri padri, Gerusalemme.
Con verità e giustizia tu ci hai inflitto tutto questo
a causa dei nostri peccati,
poiché noi abbiamo peccato, abbiamo agito da iniqui,
allontanandoci da te, abbiamo mancato in ogni modo.
Non abbiamo obbedito ai tuoi comandamenti,
non li abbiamo osservati, non abbiamo fatto
quanto ci avevi ordinato per il nostro bene.
Ora quanto hai fatto ricadere su di noi,
tutto ciò che ci hai fatto, l'hai fatto con retto giudizioci hai dato in potere dei nostri nemici,
ingiusti, i peggiori fra gli empi,
e di un re iniquo, il più malvagio su tutta la terra.
Ora non osiamo aprire la bocca:
disonore e disprezzo sono toccati ai tuoi servi,
ai tuoi adoratori.
Non ci abbandonare fino in fondo,
per amore del tuo nome, non rompere la tua alleanza;
non ritirare da noi la tua misericordia,
per amore di Abramo tuo amico,
di Isacco tuo servo, d'Israele tuo santo,
ai quali hai parlato, promettendo di moltiplicare
la loro stirpe come le stelle del cielo,
come la sabbia sulla spiaggia del mare.
Ora invece, Signore,
noi siamo diventati più piccoli
di qualunque altra nazione,
ora siamo umiliati per tutta la terra
a causa dei nostri peccati.
Ora non abbiamo più né principe,
né capo, né profeta, né olocausto,
né sacrificio, né oblazione, né incenso,
né luogo per presentarti le primizie
e trovar misericordia.
Potessimo esser accolti con il cuore contrito
e con lo spirito umiliato,
come olocausti di montoni e di tori,
come migliaia di grassi agnelli.
Tale sia oggi il nostro sacrificio davanti a te
e ti sia gradito,
perché non c'è confusione per coloro che confidano in te.
Ora ti seguiamo con tutto il cuore,
ti temiamo e cerchiamo il tuo volto.
Fa' con noi secondo la tua clemenza,
trattaci secondo la tua benevolenza,
secondo la grandezza della tua misericordia.
Salvaci con i tuoi prodigi,
da' gloria, Signore, al tuo nome.
Siano invece confusi quanti fanno il male ai tuoi servi,
siano coperti di vergogna con tutta la loro potenza;
e sia infranta la loro forza!
Sappiano che tu sei il Signore,
il Dio unico e glorioso su tutta la terra".
I servi del re, che li avevano gettati dentro, non
cessarono di aumentare il fuoco nella fornace, con bitume, stoppa, pece
e sarmenti. La fiamma si alzava quarantanove cubiti sopra
la fornace e uscendo bruciò quei Caldei che si trovavano
vicino alla fornace. Ma l'angelo del Signore, che era sceso
con Azaria e con i suoi compagni nella fornace, allontanò da loro la
fiamma del fuoco e rese l'interno della fornace come un
luogo dove soffiasse un vento pieno di rugiada. Così il fuoco non li
toccò affatto, non fece loro alcun male, non diede loro alcuna
molestia.
Allora quei tre giovani, a una sola voce, si misero a
lodare, a glorificare, a benedire Dio nella fornace dicendo:
"Benedetto sei tu, Signore, Dio
dei padri nostri,
degno di lode e di gloria nei secoli.
Benedetto il tuo nome glorioso e santo,
degno di lode e di gloria nei secoli.
Benedetto sei tu nel tuo tempio santo glorioso,
degno di lode e di gloria nei secoli.
Benedetto sei tu nel trono del tuo regno,
degno di lode e di gloria nei secoli.
Benedetto sei tu che penetri con lo sguardo gli abissi
e siedi sui cherubini,
degno di lode e di gloria nei secoli.
Benedetto sei tu nel firmamento del cielo,
degno di lode e di gloria nei secoli.
Benedite, opere tutte del Signore, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
Benedite, angeli del Signore, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
Benedite, cieli, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
Benedite, acque tutte, che siete sopra i cieli, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
Benedite, potenze tutte del Signore, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
Benedite, sole e luna, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
Benedite, stelle del cielo, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
Benedite, piogge e rugiade, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
Benedite, o venti tutti, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
Benedite, fuoco e calore, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
Benedite, freddo e caldo, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
Benedite, rugiada e brina, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
Benedite, gelo e freddo, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
Benedite, ghiacci e nevi, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
Benedite, notti e giorni, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
Benedite, luce e tenebre, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
Benedite, folgori e nubi, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
Benedica la terra il Signore,
lo lodi e lo esalti nei secoli.
Benedite, monti e colline, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
Benedite, creature tutte
che germinate sulla terra, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
Benedite, sorgenti, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
Benedite, mari e fiumi, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
Benedite, mostri marini
e quanto si muove nell'acqua, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
Benedite, uccelli tutti dell'aria, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
Benedite, animali tutti, selvaggi e domestici, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
Benedite, figli dell'uomo, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
Benedica Israele il Signore,
lo lodi e lo esalti nei secoli.
Benedite, sacerdoti del Signore, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
Benedite, o servi del Signore, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
Benedite, spiriti e anime dei giusti, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
Benedite, pii e umili di cuore, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
Benedite, Anania, Azaria e Misaele, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli,
perché ci ha liberati dagl'inferi,
e salvati dalla mano della morte,
ci ha scampati di mezzo alla fiamma ardente,
ci ha liberati dal fuoco.
Lodate il Signore, perché egli è buono,
perché la sua grazia dura sempre.
Benedite, fedeli tutti, il Dio degli dèi,
lodatelo e celebratelo, perché la sua grazia dura sempre".
Allora il re
Nabucodònosor rimase stupito e alzatosi in fretta si rivolse ai suoi
ministri: "Non abbiamo noi gettato tre uomini legati in mezzo al
fuoco?". "Certo, o re", risposero.
Egli soggiunse: "Ecco, io vedo quattro uomini sciolti, i quali camminano
in mezzo al fuoco, senza subirne alcun danno; anzi il quarto è simile
nell'aspetto a un figlio di dèi".
Allora Nabucodònosor si accostò alla bocca della fornace con il fuoco
acceso e prese a dire: "Sadràch, Mesàch, Abdènego, servi del Dio
altissimo, uscite, venite fuori". Allora Sadràch, Mesàch e Abdènego
uscirono dal fuoco.
Quindi i satrapi, i prefetti, i governatori e i ministri del re si
radunarono e, guardando quegli uomini, videro che sopra i loro corpi il
fuoco non aveva avuto nessun potere; che neppure un capello del loro
capo era stato bruciato e i loro mantelli non erano stati toccati e
neppure l'odore del fuoco era penetrato in essi.
Nabucodònosor prese a dire: "Benedetto il Dio di Sadràch, Mesàch e
Abdènego, il quale ha mandato il suo angelo e ha liberato i servi che
hanno confidato in lui; hanno trasgredito il comando del re e hanno
esposto i loro corpi per non servire e per non adorare alcun altro dio
che il loro Dio.
Perciò io decreto che chiunque, a qualsiasi popolo, nazione o lingua
appartenga, proferirà offesa contro il Dio di Sadràch, Mesàch e Abdènego,
sia tagliato a pezzi e la sua casa sia ridotta a un mucchio di rovine,
poiché nessun altro dio può in tal maniera liberare".
Da allora il re promosse Sadràch, Mesàch e Abdènego a cariche pubbliche
nella provincia di Babilonia.
Il re Nabucodònosor a tutti i popoli, nazioni e lingue, che abitano in
tutta la terra: Pace e prosperità! M'è parso opportuno rendervi noti i prodigi e le meraviglie che il Dio
altissimo ha fatto per me.
Quanto sono grandi i suoi prodigi
e quanto straordinarie le sue meraviglie!
Il suo regno è un regno eterno
e il suo dominio di generazione in generazione.
4
Io Nabucodònosor ero tranquillo in casa e felice nella
reggia, quando ebbi un sogno che mi spaventò. Le
immaginazioni che mi vennero mentre ero nel mio letto e le visioni che
mi passarono per la mente mi turbarono. Feci un decreto con
cui ordinavo che tutti i saggi di Babilonia fossero condotti davanti a
me, per farmi conoscere la spiegazione del sogno. Allora vennero i maghi, gli astrologi, i caldei e gli
indovini, ai quali esposi il sogno, ma non me ne potevano dare la
spiegazione. Infine mi si presentò Daniele, chiamato
Baltazzàr dal nome del mio dio, un uomo in cui è lo spirito degli dèi
santi, e gli raccontai il sogno dicendo: "Baltazzàr,
principe dei maghi, poiché io so che lo spirito degli dèi santi è in
te e che nessun segreto ti è difficile, ecco le visioni che ho avuto in
sogno: tu dammene la spiegazione".
Le visioni che mi passarono per la mente, mentre stavo a
letto, erano queste:
Io stavo guardando
ed ecco un albero di grande altezza in mezzo alla terra.
Quell'albero era grande, robusto,
la sua cima giungeva al cielo
e si poteva vedere fin dall'estremità della terra.
I suoi rami erano belli e i suoi frutti abbondanti
e vi era in esso da mangiare per tutti.
Le bestie della terra si riparavano alla sua ombra
e gli uccelli del cielo facevano il nido fra i suoi rami;
di lui si nutriva ogni vivente.
Mentre nel mio letto stavo osservando
le visioni che mi passavano per la mente,
ecco un vigilante, un santo, scese dal cielo
e gridò a voce alta:
"Tagliate l'albero e stroncate i suoi rami:
scuotete le foglie, disperdetene i frutti:
fuggano le bestie di sotto e gli uccelli dai suoi rami.
Lasciate però nella terra il ceppo con le radici,
legato con catene di ferro e di bronzo
fra l'erba della campagna.
Sia bagnato dalla rugiada del cielo
e la sua sorte sia insieme con le bestie sui prati.
Si muti il suo cuore e invece di un cuore umano
gli sia dato un cuore di bestia:
sette tempi passeranno su di lui.
Così è deciso per sentenza dei vigilanti
e secondo la parola dei santi.
Così i viventi sappiano che l'Altissimo domina sul regno degli
uomini e che egli lo può dare a chi vuole e insediarvi anche il più
piccolo degli uomini". Questo è il sogno, che io, re Nabucodònosor, ho fatto.
Ora tu, Baltazzàr, dammene la spiegazione. Tu puoi darmela, perché,
mentre fra tutti i saggi del mio regno nessuno me ne spiega il
significato, in te è lo spirito degli dèi santi.
Allora Daniele, chiamato Baltazzàr, rimase per qualche
tempo confuso e turbato dai suoi pensieri. Ma il re gli si rivolse:
"Baltazzàr, il sogno non ti turbi e neppure la sua
spiegazione". Rispose Baltazzàr: "Signor mio, valga il sogno
per i tuoi nemici e la sua spiegazione per i tuoi avversari. L'albero
che tu hai visto, grande e robusto, la cui cima giungeva fino al cielo e
si poteva vedere da tutta la terra e le cui foglie erano
belle e i suoi frutti abbondanti e in cui c'era da mangiare per tutti e
sotto il quale dimoravano le bestie della terra e sui cui rami facevano
il nido gli uccelli del cielo, sei tu, re, che sei
diventato grande e forte; la tua grandezza è cresciuta, è giunta al
cielo e il tuo dominio si è esteso sino ai confini della terra.
Che il re abbia visto un vigilante, un santo che
scendeva dal cielo e diceva: Tagliate l'albero, spezzatelo, però
lasciate nella terra il ceppo delle sue radici legato con catene di
ferro e di bronzo fra l'erba della campagna e sia bagnato dalla rugiada
del cielo e abbia sorte comune con le bestie della terra, finché sette
tempi siano passati su di lui, questa, o re, ne è la
spiegazione e questo è il decreto dell'Altissimo, che deve essere
eseguito sopra il re, mio signore: Tu sarai cacciato dal
consorzio umano e la tua dimora sarà con le bestie della terra; ti
pascerai d'erba come i buoi e sarai bagnato dalla rugiada del cielo;
sette tempi passeranno su di te, finché tu riconosca che l'Altissimo
domina sul regno degli uomini e che egli lo da' a chi vuole.
L'ordine che è stato dato di lasciare il ceppo con le
radici dell'albero significa che il tuo regno ti sarà ristabilito,
quando avrai riconosciuto che al Cielo appartiene il dominio. Perciò,
re, accetta il mio consiglio: sconta i tuoi peccati con l'elemosina e le
tue iniquità con atti di misericordia verso gli afflitti, perché tu
possa godere lunga prosperità". Tutte queste cose avvennero al re
Nabucodònosor.
Dodici mesi dopo, passeggiando
sopra la terrazza della reggia di Babilonia, il re prese a dire: "Non è
questa la grande Babilonia che io ho costruito come reggia per la gloria
della mia maestà, con la forza della mia potenza?".
Queste parole erano ancora sulle labbra del re, quando
una voce venne dal cielo:
"A te io parlo, re Nabucodònosor: il
regno ti è tolto! Sarai cacciato dal consorzio umano e la
tua dimora sarà con le bestie della terra; ti pascerai d'erba come i
buoi e passeranno sette tempi su di te, finché tu riconosca che
l'Altissimo domina sul regno degli uomini e che egli lo da' a chi
vuole".
In quel momento stesso si adempì la parola sopra
Nabucodònosor. Egli fu cacciato dal consorzio umano, mangiò l'erba
come i buoi e il suo corpo fu bagnato dalla rugiada del cielo: il pelo
gli crebbe come le penne alle aquile e le unghie come agli uccelli. "Ma finito quel tempo, io Nabucodònosor alzai gli
occhi al cielo e la ragione tornò in me e benedissi l'Altissimo; lodai
e glorificai colui che vive in eterno,
la cui potenza è potenza eterna
e il cui regno è di generazione in generazione.
Tutti gli abitanti della terra
sono, davanti a lui, come un nulla;
egli dispone come gli piace delle schiere del cielo
e degli abitanti della terra.
Nessuno può fermargli la mano e dirgli: Che cosa fai?
In quel tempo tornò in me la conoscenza e con la gloria
del regno mi fu restituita la mia maestà e il mio splendore: i miei
ministri e i miei principi mi ricercarono e io fui ristabilito nel mio
regno e mi fu concesso un potere anche più grande. Ora io,
Nabucodònosor, lodo, esalto e glorifico il Re del cielo: tutte le sue
opere sono verità e le sue vie giustizia; egli può umiliare coloro che
camminano nella superbia".
Nella fossa dei leoni
5
Il re Baldassàr imbandì un gran banchetto a mille dei
suoi dignitari e insieme con loro si diede a bere vino. Quando
Baldassàr ebbe molto bevuto comandò che fossero portati i vasi d'oro e
d'argento che Nabucodònosor suo padre aveva asportati dal tempio, che
era in Gerusalemme, perché vi bevessero il re e i suoi grandi, le sue
mogli e le sue concubine. Furono quindi portati i vasi
d'oro, che erano stati asportati dal tempio di Gerusalemme, e il re, i
suoi grandi, le sue mogli e le sue concubine li usarono per bere; mentre
bevevano il vino, lodavano gli dèi d'oro, d'argento, di bronzo, di
ferro, di legno e di pietra. In quel momento apparvero le
dita di una mano d'uomo, le quali scrivevano sulla parete della sala
reale, di fronte al candelabro. Nel vedere quelle dita che scrivevano, il
re cambiò d'aspetto: spaventosi pensieri lo assalirono, le giunture dei
suoi fianchi si allentarono, i ginocchi gli battevano l'uno contro
l'altro.Allora il re si mise a gridare,
ordinando che si convocassero gli astrologi, i caldei e gli indovini.
Appena vennero, il re disse ai saggi di Babilonia: "Chiunque leggerà
quella scrittura e me ne darà la spiegazione sarà vestito di porpora,
porterà una collana d'oro al collo e sarà il terzo signore del regno".
Allora entrarono nella sala tutti i saggi del re, ma non poterono
leggere quella scrittura né darne al re la spiegazione.
Il re Baldassàr rimase molto turbato e cambiò colore; anche i suoi
grandi restarono sconcertati. La regina, alle parole del re e dei suoi grandi, entrò
nella sala del banchetto e, rivolta al re, gli disse: "Re, vivi per
sempre! I tuoi pensieri non ti spaventino né si cambi il colore del tuo
volto. C'è nel tuo regno un uomo, in cui è lo spirito
degli dèi santi. Al tempo di tuo padre si trovò in lui luce,
intelligenza e sapienza pari alla sapienza degli dèi. Il re Nabucodònosor tuo padre lo aveva fatto capo dei maghi, degli astrologi,
dei caldei e degli indovini. Fu riscontrato in questo
Daniele, che il re aveva chiamato Baltazzàr, uno spirito superiore e
tanto accorgimento da interpretare sogni, spiegare detti oscuri,
sciogliere enigmi. Si convochi dunque Daniele ed egli darà la
spiegazione".
Fu quindi introdotto Daniele alla presenza del re ed
egli gli disse: "Sei tu Daniele un deportato dei Giudei, che il re
mio padre ha condotto qua dalla Giudea? Ho inteso dire che
tu possiedi lo spirito degli dèi santi e che si trova in te luce,
intelligenza e sapienza straordinaria. Poco fa sono stati
condotti alla mia presenza i saggi e gli astrologi per leggere questa
scrittura e darmene la spiegazione, ma non sono stati capaci. Ora,
mi è stato detto che tu sei esperto nel dare spiegazioni e sciogliere
enigmi. Se quindi potrai leggermi questa scrittura e darmene la
spiegazione, tu sarai vestito di porpora, porterai al collo una collana
d'oro e sarai il terzo signore del regno". Daniele rispose al re: "Tieni pure i tuoi doni per
te e da' ad altri i tuoi regali: tuttavia io leggerò la scrittura al re
e gliene darò la spiegazione.
O re, il Dio altissimo aveva dato a Nabucodònosor tuo padre regno,
grandezza, gloria e magnificenza. Per questa grandezza che aveva
ricevuto, tutti i popoli, nazioni e lingue lo temevano e tremavano
davanti a lui: egli uccideva chi voleva, innalzava chi gli piaceva e
abbassava chi gli pareva.
Ma, quando il suo cuore si insuperbì e il suo spirito si ostinò
nell'alterigia, fu deposto dal trono e gli fu tolta la sua gloria. Fu cacciato dal consorzio umano e il suo cuore divenne
simile a quello delle bestie; la sua dimora fu con gli ònagri e mangiò
l'erba come i buoi; il suo corpo fu bagnato dalla rugiada del cielo,
finché riconobbe che il Dio altissimo domina sul regno degli uomini,
sul quale innalza chi gli piace. Tu, Baldassàr suo figlio,
non hai umiliato il tuo cuore, sebbene tu fossi a conoscenza di tutto
questo. Anzi tu hai insolentito contro il Signore del cielo
e sono stati portati davanti a te i vasi del suo tempio e in essi avete
bevuto tu, i tuoi dignitari, le tue mogli, le tue concubine: tu hai reso
lode agli dèi d'oro, d'argento, di bronzo, di ferro, di legno, di
pietra, i quali non vedono, non odono e non comprendono e non hai
glorificato Dio, nelle cui mani è la tua vita e a cui appartengono
tutte le tue vie. Da lui fu allora mandata quella mano che
ha tracciato quello scritto, di cui questa è la lettura:
MENE, TEKEL, PERES, e questa ne è l'interpretazione: Mene:
Dio ha computato il tuo regno e gli ha posto fine. Tekel:
tu sei stato pesato sulle bilance e sei stato trovato mancante. Peres:
il tuo regno è diviso e dato ai Medi e ai Persiani". Allora,
per ordine di Baldassàr, Daniele fu vestito di porpora, ebbe una
collana d'oro al collo e con bando pubblico fu dichiarato terzo signore
del regno.
In quella stessa notte Baldassàr re dei Caldei fu
ucciso: Dario il Medo ricevette il regno, all'età di circa
sessantadue anni.
6
Volle Dario costituire nel suo regno centoventi sàtrapi
e ripartirli per tutte le province. A capo dei sàtrapi mise
tre governatori, di cui uno fu Daniele, ai quali i sàtrapi dovevano
render conto perché nessun danno ne soffrisse il re. Ora
Daniele era superiore agli altri governatori e ai sàtrapi, perché
possedeva uno spirito eccezionale, tanto che il re pensava di metterlo a
capo di tutto il suo regno. Perciò tanto i governatori che
i sàtrapi cercavano il modo di trovar qualche pretesto contro Daniele
nell'amministrazione del regno. Ma non potendo trovare
nessun motivo di accusa né colpa, perché egli era fedele e non aveva
niente da farsi rimproverare, quegli uomini allora
pensarono: "Non possiamo trovare altro pretesto per accusare
Daniele, se non nella legge del suo Dio". Perciò quei governatori e i sàtrapi si radunarono
presso il re e gli dissero: "Re Dario, vivi per sempre! Tutti
i governatori del regno, i magistrati, i sàtrapi, i consiglieri e i
capi sono del parere che venga pubblicato un severo decreto del re
secondo il quale chiunque, da ora a trenta giorni, rivolga supplica
alcuna a qualsiasi dio o uomo all'infuori di te, o re, sia gettato nella
fossa dei leoni. Ora, o re, emana il decreto e fallo mettere
per iscritto, perché sia irrevocabile, come sono le leggi di Media e di
Persia, che non si possono mutare". Allora il re Dario
fece scrivere il decreto. Daniele, quando venne a sapere del decreto del re, si
ritirò in casa. Le finestre della sua stanza si aprivano verso
Gerusalemme e tre volte al giorno si metteva in ginocchio a pregare e
lodava il suo Dio, come era solito fare anche prima. Allora quegli uomini accorsero e trovarono Daniele
che stava pregando e supplicando il suo Dio.
Subito si recarono dal re e
gli dissero riguardo al divieto del re: "Non hai tu scritto un decreto
che chiunque, da ora a trenta giorni, rivolga supplica a qualsiasi dio o
uomo, all'infuori di te, re, sia gettato nella fossa dei leoni?". Il re
rispose: "Sì. Il decreto è irrevocabile come lo sono le leggi dei Medi e
dei Persiani".
"Ebbene - replicarono al re - Daniele, quel deportato dalla Giudea, non
ha alcun rispetto né di te, re, né del tuo decreto: tre volte al giorno
fa le sue preghiere".
Il re, all'udir queste parole, ne fu molto addolorato e si mise in animo
di salvare Daniele e fino al tramonto del sole fece ogni sforzo per
liberarlo.
Ma quegli uomini si riunirono di nuovo presso il re e gli dissero:
"Sappi, re, che i Medi e i Persiani hanno per legge che qualunque
decreto firmato dal re è irrevocabile".
Allora il re ordinò che si prendesse Daniele e si
gettasse nella fossa dei leoni. Il re, rivolto a Daniele, gli disse:
"Quel Dio, che tu servi con perseveranza, ti possa salvare!". Poi
fu portata una pietra e fu posta sopra la bocca della fossa: il re la
sigillò con il suo anello e con l'anello dei suoi grandi, perché
niente fosse mutato sulla sorte di Daniele. Quindi il re
ritornò alla reggia, passò la notte digiuno, non gli fu introdotta
alcuna donna e anche il sonno lo abbandonò. La mattina
dopo il re si alzò di buon'ora e sullo spuntar del giorno andò in
fretta alla fossa dei leoni. Quando fu vicino, chiamò:
"Daniele, servo del Dio vivente, il tuo Dio che tu servi con
perseveranza ti ha potuto salvare dai leoni?".
Daniele
rispose: "Re, vivi per sempre. Il mio Dio ha mandato
il suo angelo che ha chiuso le fauci dei leoni ed essi non mi hanno
fatto alcun male, perché sono stato trovato innocente davanti a lui; ma
neppure contro di te, o re, ho commesso alcun male". Il re fu pieno di gioia e comandò che Daniele fosse
tirato fuori dalla fossa. Appena uscito, non si riscontrò in lui
lesione alcuna, poiché egli aveva confidato nel suo Dio. Quindi,
per ordine del re, fatti venire quegli uomini che avevano accusato
Daniele, furono gettati nella fossa dei leoni insieme con i figli e le
mogli. Non erano ancor giunti al fondo della fossa, che i leoni furono
loro addosso e stritolarono tutte le loro ossa.
Allora il re Dario scrisse a tutti i popoli, nazioni e
lingue, che abitano tutta la terra: "Pace e prosperità. Per
mio comando viene promulgato questo decreto: In tutto l'impero a me
soggetto si onori e si tema il Dio di Daniele,
perché egli è il Dio vivente,
che dura in eterno;
il suo regno è tale che non sarà mai distrutto
e il suo dominio non conosce fine.
Egli salva e libera,
fa prodigi e miracoli in cielo e in terra:
egli ha liberato Daniele dalle fauci dei leoni".
Questo Daniele prosperò durante il regno di Dario e il
regno di Ciro il Persiano.
7
Nel primo anno di Baldassàr re di Babilonia, Daniele,
mentre era a letto, ebbe un sogno e visioni nella sua mente. Egli
scrisse il sogno e ne fece la relazione che dice:
Io, Daniele, guardavo nella mia visione notturna ed ecco,
i quattro venti del cielo si abbattevano impetuosamente sul Mar
Mediterraneo e quattro grandi bestie, differenti l'una
dall'altra, salivano dal mare. La prima era simile ad un
leone e aveva ali di aquila. Mentre io stavo guardando, le furono tolte
le ali e fu sollevata da terra e fatta stare su due piedi come un uomo e
le fu dato un cuore d'uomo.
Poi ecco una seconda bestia, simile ad un orso, la
quale stava alzata da un lato e aveva tre costole in bocca, fra i denti,
e le fu detto: "Su, divora molta carne".
Mentre stavo guardando, eccone un'altra simile a un leopardo, la quale
aveva quattro ali d'uccello sul dorso; quella bestia aveva quattro teste
e le fu dato il dominio.
Stavo ancora guardando nelle visioni notturne ed ecco una quarta bestia,
spaventosa, terribile, d'una forza eccezionale, con denti di ferro;
divorava, stritolava e il rimanente se lo metteva sotto i piedi e lo
calpestava: era diversa da tutte le altre bestie precedenti e aveva
dieci corna.
Stavo osservando queste corna, quand'ecco spuntare in mezzo a quelle un
altro corno più piccolo, davanti al quale tre delle prime corna furono
divelte: vidi che quel corno aveva occhi simili a quelli di un uomo e
una bocca che parlava con alterigia.
Io continuavo a guardare,
quand'ecco furono collocati troni
e un vegliardo si assise.
La sua veste era candida come la neve
e i capelli del suo capo erano candidi come la lana;
il suo trono era come vampe di fuoco
con le ruote come fuoco ardente.
Un fiume di fuoco scendeva dinanzi a lui,
mille migliaia lo servivano
e diecimila miriadi lo assistevano.
La corte sedette e i libri furono aperti.
Continuai a guardare a causa delle parole superbe che
quel corno proferiva, e vidi che la bestia fu uccisa e il suo corpo
distrutto e gettato a bruciare sul fuoco.
Alle altre bestie fu tolto il potere e fu loro concesso
di prolungare la vita fino a un termine stabilito di tempo.
Guardando ancora nelle visioni
notturne,
ecco apparire, sulle nubi del cielo,
uno, simile ad un figlio di uomo;
giunse fino al vegliardo e fu presentato a lui,
che gli diede potere, gloria e regno;
tutti i popoli, nazioni e lingue lo servivano;
il suo potere è un potere eterno,
che non tramonta mai, e il suo regno è tale
che non sarà mai distrutto.
Io, Daniele, mi sentii venir meno le
forze, tanto le visioni della mia mente mi avevano turbato; mi accostai
ad uno dei vicini e gli domandai il vero significato di tutte queste
cose ed egli me ne diede questa spiegazione: "Le quattro grandi bestie
rappresentano quattro re, che sorgeranno dalla terra; ma i santi
dell'Altissimo riceveranno il regno e lo possederanno per secoli e
secoli".
Volli poi sapere la verità intorno alla quarta bestia, che era diversa
da tutte le altre e molto terribile, che aveva denti di ferro e artigli
di bronzo e che mangiava e stritolava e il rimanente se lo metteva sotto
i piedi e lo calpestava; intorno alle dieci corna che aveva sulla testa
e intorno a quell'ultimo corno che era spuntato e davanti al quale erano
cadute tre corna e del perché quel corno aveva occhi e una bocca che
parlava con alterigia e appariva maggiore delle altre corna. Io intanto
stavo guardando e quel corno muoveva guerra ai santi e li vinceva,
finché venne il vegliardo e fu resa giustizia ai santi dell'Altissimo e
giunse il tempo in cui i santi dovevano possedere il regno.
Egli dunque mi disse: "La quarta bestia significa che ci sarà sulla
terra un quarto regno diverso da tutti gli altri e divorerà tutta la
terra, la stritolerà e la calpesterà.
Le dieci corna significano che dieci re sorgeranno da quel regno e dopo
di loro ne seguirà un altro, diverso dai precedenti: abbatterà tre re e
proferirà insulti contro l'Altissimo e distruggerà i santi
dell'Altissimo; penserà di mutare i tempi e la legge; i santi gli
saranno dati in mano per un tempo, più tempi e la metà di un tempo. Si
terrà poi il giudizio e gli sarà tolto il potere, quindi verrà
sterminato e distrutto completamente. Allora il regno, il potere e la
grandezza di tutti i regni che sono sotto il cielo saranno dati al
popolo dei santi dell'Altissimo, il cui regno sarà eterno e tutti gli
imperi lo serviranno e obbediranno.
Qui finisce la relazione. Io, Daniele, rimasi molto turbato nei
pensieri, il colore del mio volto si cambiò e conservai tutto questo nel
cuore.
8
Il terzo anno del regno del re Baldassàr, io
Daniele ebbi un'altra visione dopo quella che mi era apparsa prima.
Quand'ebbi questa visione, mi trovavo nella cittadella di Susa, che è
nella provincia dell'Elam, e mi sembrava, in visione, di essere presso
il fiume Ulai.
Alzai gli occhi e guardai; ecco un montone, in piedi, stava di fronte al
fiume. Aveva due corna alte, ma un corno era più alto dell'altro,
sebbene fosse spuntato dopo. Io vidi che quel montone cozzava verso
l'occidente, il settentrione e il mezzogiorno e nessuna bestia gli
poteva resistere, né alcuno era in grado di liberare dal suo potere:
faceva quel che gli pareva e divenne grande.
Io stavo attento ed ecco un capro venire da occidente, sulla terra,
senza toccarne il suolo: aveva fra gli occhi un grosso corno. Si
avvicinò al montone dalle due corna, che avevo visto in piedi di fronte
al fiume, e gli si scagliò contro con tutta la forza. Dopo averlo
assalito, lo vidi imbizzarrirsi e cozzare contro di lui e spezzargli le
due corna, senza che il montone avesse la forza di resistergli; poi lo
gettò a terra e lo calpestò e nessuno liberava il montone dal suo
potere.
Il capro divenne molto potente; ma quando fu diventato grande, quel suo
gran corno si spezzò e al posto di quello sorsero altre quattro corna,
verso i quattro venti del cielo.
Da uno di quelli uscì un piccolo corno, che crebbe molto verso il
mezzogiorno, l'oriente e verso la Palestina: s'innalzò fin contro la
milizia celeste e gettò a terra una parte di quella schiera e delle
stelle e le calpestò. S'innalzò fino al capo
della milizia e gli tolse il sacrificio quotidiano e fu profanata la
santa dimora.
In luogo del sacrificio quotidiano fu posto il peccato e fu gettata a
terra la verità; ciò esso fece e vi riuscì.
Udii un santo parlare e un altro santo dire a quello che parlava: "Fino
a quando durerà questa visione: il sacrificio quotidiano abolito, la
desolazione dell'iniquità, il santuario e la milizia calpestati?". Gli
rispose: "Fino a duemilatrecento sere e mattine: poi il santuario sarà
rivendicato".
Mentre io, Daniele, consideravo la visione e cercavo di comprenderla,
ecco davanti a me uno in piedi, dall'aspetto d'uomo; intesi la voce di
un uomo, in mezzo all'Ulai, che gridava e diceva: "Gabriele, spiega a
lui la visione". Egli venne dove io ero e quando giunse, io ebbi paura e
caddi con la faccia a terra. Egli mi disse: "Figlio dell'uomo, comprendi
bene, questa visione riguarda il tempo della fine". Mentre egli parlava
con me, caddi svenuto con la faccia a terra; ma egli mi toccò e mi fece
alzare.
Egli disse: "Ecco io ti rivelo ciò che avverrà al termine dell'ira,
perché la visione riguarda il tempo della fine. Il montone con due
corna, che tu hai visto, significa il re di Media e di Persia; il capro
è il re della Grecia; il gran corno, che era in mezzo ai suoi occhi, è
il primo re. Che quello sia stato spezzato e quattro ne siano sorti al
posto di uno, significa che quattro regni sorgeranno dalla medesima
nazione, ma non con la medesima potenza di lui.
Alla fine del loro regno, quando l'empietà avrà raggiunto il colmo,
sorgerà un re audace, sfacciato e intrigante. La sua potenza si
rafforzerà, ma non per potenza propria; causerà inaudite rovine, avrà
successo nelle imprese, distruggerà i potenti e il popolo dei santi. Per
la sua astuzia, la frode prospererà nelle sue mani, si insuperbirà in
cuor suo e con inganno farà perire molti: insorgerà contro il principe
dei prìncipi, ma verrà spezzato senza intervento di mano d'uomo. La
visione di sere e mattine, che è stata spiegata, è vera. Ora tu tieni
segreta la visione, perché riguarda cose che avverranno fra molti
giorni".
Io, Daniele, rimasi sfinito e mi sentii male per vari giorni: poi mi
alzai e sbrigai gli affari del re: ma ero stupefatto della visione
perché non la potevo comprendere.
9
Nell'anno primo di Dario figlio di Serse, della progenie
dei Medi, il quale era stato costituito re sopra il regno dei Caldei, nel
primo anno del suo regno, io Daniele tentavo di comprendere nei libri il
numero degli anni di cui il Signore aveva parlato al profeta Geremia e
nei quali si dovevano compiere le desolazioni di Gerusalemme, cioè
settant'anni. Mi rivolsi al Signore Dio per pregarlo e
supplicarlo con il digiuno, veste di sacco e cenere e feci
la mia preghiera e la mia confessione al Signore mio Dio: "Signore
Dio, grande e tremendo, che osservi l'alleanza e la benevolenza verso
coloro che ti amano e osservano i tuoi comandamenti, abbiamo
peccato e abbiamo operato da malvagi e da empi, siamo stati ribelli, ci
siamo allontanati dai tuoi comandamenti e dalle tue leggi! Non
abbiamo obbedito ai tuoi servi, i profeti, i quali hanno in tuo nome
parlato ai nostri re, ai nostri prìncipi, ai nostri padri e a tutto il
popolo del paese. A te conviene la giustizia, o Signore, a
noi la vergogna sul volto, come avviene ancor oggi per gli uomini di
Giuda, per gli abitanti di Gerusalemme e per tutto Israele, vicini e
lontani, in tutti i paesi dove tu li hai dispersi per i misfatti che
hanno commesso contro di te. Signore, la vergogna sul volto
a noi, ai nostri re, ai nostri prìncipi, ai nostri padri, perché
abbiamo peccato contro di te; al Signore Dio nostro la
misericordia e il perdono, perché ci siamo ribellati contro di lui, non
abbiamo ascoltato la voce del Signore Dio nostro, né seguito quelle
leggi che egli ci aveva date per mezzo dei suoi servi, i profeti. Tutto
Israele ha trasgredito la tua legge, s'è allontanato per non ascoltare
la tua voce; così si è riversata su di noi l'esecrazione scritta nella
legge di Mosè, servo di Dio, perché abbiamo peccato contro di lui.
Egli ha messo in atto quelle parole che aveva
pronunziate contro di noi e i nostri governanti, mandando su di noi un
male così grande quale mai, sotto il cielo, era venuto a Gerusalemme.
Tutto questo male è venuto su di noi, proprio come sta scritto nella
legge di Mosè. Tuttavia noi non abbiamo supplicato il Signore Dio
nostro, convertendoci dalle nostre iniquità e seguendo la tua verità. Il
Signore ha vegliato sopra questo male, l'ha mandato su di noi, poiché il
Signore Dio nostro è giusto in tutte le cose che fa, mentre noi non
abbiamo ascoltato la sua voce. Signore Dio nostro, che hai fatto uscire
il tuo popolo dall'Egitto con mano forte e ti sei fatto un nome, come è
oggi, noi abbiamo peccato, abbiamo agito da empi. Signore, secondo la
tua misericordia, si plachi la tua ira e il tuo sdegno verso
Gerusalemme, tua città, verso il tuo monte santo, poiché per i nostri
peccati e per l'iniquità dei nostri padri Gerusalemme e il tuo popolo
sono oggetto di vituperio presso quanti ci stanno intorno.
Ora ascolta, Dio nostro, la preghiera del tuo servo e le sue suppliche e
per amor tuo, o Signore, fa' risplendere il tuo volto sopra il tuo
santuario, che è desolato. Porgi l'orecchio, mio Dio, e ascolta: apri
gli occhi e guarda le nostre desolazioni e la città sulla quale è stato
invocato il tuo nome! Non presentiamo le nostre suppliche davanti a te,
basate sulla nostra giustizia, ma sulla tua grande misericordia.
Signore, ascolta; Signore, perdona; Signore, guarda e agisci senza
indugio, per amore di te stesso, mio Dio, poiché il tuo nome è stato
invocato sulla tua città e sul tuo popolo".
Mentre io stavo ancora parlando e pregavo e confessavo
il mio peccato e quello del mio popolo Israele e presentavo la supplica
al Signore Dio mio per il monte santo del mio Dio, mentre
dunque parlavo e pregavo, Gabriele, che io avevo visto prima in visione,
volò veloce verso di me: era l'ora dell'offerta della sera.
Egli mi rivolse questo discorso: "Daniele, sono
venuto per istruirti e farti comprendere. Fin dall'inizio delle tue suppliche è uscita una parola
e io sono venuto per annunziartela, poiché tu sei un uomo prediletto.
Ora sta' attento alla parola e comprendi la visione:
Settanta settimane sono fissate
per il tuo popolo e per la tua santa città
per mettere fine all'empietà,
mettere i sigilli ai peccati, espiare l'iniquità,
portare una giustizia eterna,
suggellare visione e profezia e ungere il Santo dei santi.
Sappi e intendi bene,
da quando uscì la parola
sul ritorno e la ricostruzione di Gerusalemme
fino a un principe consacrato,
vi saranno sette settimane.
Durante sessantadue settimane
saranno restaurati, riedificati piazze e fossati,
e ciò in tempi angosciosi.
Dopo sessantadue settimane,
un consacrato sarà soppresso senza colpa in lui;
il popolo di un principe che verrà
distruggerà la città e il santuario;
la sua fine sarà un'inondazione e, fino alla fine,
guerra e desolazioni decretate.
Egli stringerà una forte alleanza con molti
per una settimana e, nello spazio di metà settimana,
farà cessare il sacrificio e l'offerta;
sull'ala del tempio porrà l'abominio della
desolazione
e ciò sarà sino alla fine,
fino al termine segnato sul devastatore".
10
L'anno terzo di Ciro re dei
Persiani, fu rivelata una parola a Daniele, chiamato Baltazzàr. Vera è
la parola e la lotta è grande. Egli comprese la parola e gli fu dato
d'intendere la visione.
In quel tempo io, Daniele, feci penitenza per tre settimane, non mangiai
cibo prelibato, non mi entrò in bocca né carne né vino e non mi unsi
d'unguento finché non furono compiute tre settimane. Il giorno
ventiquattro del primo mese, mentre stavo sulla sponda del gran fiume,
cioè il Tigri, alzai gli occhi e guardai ed ecco un uomo vestito di
lino, con ai fianchi una cintura d'oro di Ufàz; il suo corpo somigliava
a topazio, la sua faccia aveva l'aspetto della folgore, i suoi occhi
erano come fiamme di fuoco, le sue braccia e le gambe somigliavano a
bronzo lucente e il suono delle sue parole pareva il clamore di una
moltitudine.
Soltanto io, Daniele, vidi la visione, mentre gli uomini che erano con
me non la videro, ma un gran terrore si impadronì di loro e fuggirono a
nascondersi. Io rimasi solo a contemplare quella grande visione, mentre
mi sentivo senza forze; il mio colorito si fece smorto e mi vennero meno
le forze.
Udii il suono delle sue parole, ma, appena udito il suono delle sue
parole, caddi stordito con la faccia a terra.
Ed ecco, una mano mi toccò e tutto tremante mi fece alzare sulle
ginocchia, appoggiato sulla palma delle mani. Poi egli mi disse:
"Daniele, uomo prediletto, intendi le parole che io ti rivolgo, alzati
in piedi, poiché ora sono stato mandato a te". Quando mi ebbe detto
questo, io mi alzai in piedi tutto tremante.
Egli mi disse: "Non temere, Daniele, poiché fin
dal primo giorno in cui ti sei sforzato di intendere, umiliandoti
davanti a Dio, le tue parole sono state ascoltate e io sono venuto per
le tue parole. Ma il principe del regno di Persia mi si è
opposto per ventun giorni: però Michele, uno dei primi principi, mi è
venuto in aiuto e io l'ho lasciato là presso il principe del re di
Persia; ora sono venuto per farti intendere ciò che
avverrà al tuo popolo alla fine dei giorni, poiché c'è ancora una
visione per quei giorni". Mentre egli parlava con me
in questa maniera, chinai la faccia a terra e ammutolii.
Ed ecco uno con sembianze di uomo mi toccò le labbra:
io aprii la bocca e parlai e dissi a colui che era in piedi davanti a
me: "Signor mio, nella visione i miei dolori sono tornati su di me
e ho perduto tutte le energie. Come potrebbe questo servo
del mio signore parlare con il mio signore, dal momento che non è
rimasto in me alcun vigore e mi manca anche il respiro?". Allora
di nuovo quella figura d'uomo mi toccò, mi rese le forze e
mi disse: "Non temere, uomo prediletto, pace a te, riprendi forza,
rinfrancati". Mentre egli parlava con me, io mi sentii ritornare le
forze e dissi: "Parli il mio signore perché tu mi hai ridato
forza". Allora mi disse: "Sai tu perché io sono venuto da
te? Ora tornerò di nuovo a lottare con il principe di Persia, poi
uscirò ed ecco verrà il principe di Grecia. Io ti
dichiarerò ciò che è scritto nel libro della verità. Nessuno mi
aiuta in questo se non Michele, il vostro principe, e io, nell'anno primo di Dario, mi tenni presso di lui
per dargli rinforzo e sostegno.
11
Ed ora io ti manifesterò la verità. Ecco, vi saranno
ancora tre re in Persia: poi il quarto acquisterà ricchezze superiori a
tutti gli altri e dopo essersi reso potente con le ricchezze, muoverà
con tutti i suoi contro il regno di Grecia. Sorgerà quindi
un re potente e valoroso, il quale dominerà sopra un grande impero e
farà ciò che vuole; ma appena si sarà affermato, il suo
regno verrà smembrato e diviso ai quattro venti del cielo, ma non fra i
suoi discendenti né con la stessa forza che egli possedeva; il suo
regno sarà infatti smembrato e dato ad altri anziché ai suoi
discendenti.
Il re del mezzogiorno diverrà potente e uno dei suoi
capitani sarà più forte di lui e il suo impero sarà grande. Dopo
qualche anno faranno alleanza e la figlia del re del mezzogiorno verrà
al re del settentrione per fare la pace, ma non potrà mantenere la
forza del suo braccio e non resisterà né lei né la sua discendenza e
sarà condannata a morte insieme con i suoi seguaci, il figlio e il
marito. In quel tempo, da un germoglio delle sue radici
sorgerà uno, al posto di costui, e verrà con un esercito e avanzerà
contro le fortezze del re del settentrione, le assalirà e se ne
impadronirà. Condurrà in Egitto i loro dèi con le loro
immagini e i loro preziosi oggetti d'oro e d'argento, come preda di
guerra, poi per qualche anno si asterrà dal contendere con il re del
settentrione. Questi muoverà contro il re del mezzogiorno,
ma se ne ritornerà nel suo paese.
Poi suo figlio si preparerà alla guerra, raccogliendo
una moltitudine di grandi eserciti, con i quali avanzerà come una
inondazione: attraverserà il paese per attaccare di nuovo battaglia e
giungere sino alla sua fortezza. Il re del mezzogiorno,
inasprito, uscirà per combattere con il re del settentrione, che si
muoverà con un grande esercito, ma questo cadrà in potere del re del
mezzogiorno, il quale dopo aver disfatto quell'esercito si
gonfierà d'orgoglio, ma pur avendo abbattuto decine di migliaia, non
per questo sarà più forte. Il re del settentrione di
nuovo metterà insieme un grande esercito, più grande di quello di
prima, e dopo qualche anno avanzerà con un grande esercito e con grande
apparato. In quel tempo molti si alzeranno contro il re del
mezzogiorno e uomini violenti del tuo popolo insorgeranno per adempiere
la visione, ma cadranno. Il re del settentrione verrà,
costruirà terrapieni e occuperà una città ben fortificata. Le forze
del mezzogiorno, con truppe scelte, non potranno resistere, mancherà
loro la forza per opporre resistenza. L'invasore farà ciò
che vuole e nessuno gli si potrà opporre; si stabilirà in quella
magnifica terra e la distruzione sarà nelle sue mani. Quindi
si proporrà di occupare tutto il regno del re del mezzogiorno,
stipulerà un'alleanza con lui e gli darà sua figlia per rovinarlo, ma
ciò non riuscirà e non raggiungerà il suo scopo.
Poi volgerà le mire alle isole e ne prenderà molte, ma
un comandante straniero farà cessare la sua arroganza, facendola
ricadere sopra di lui. Si volgerà poi verso le fortezze
del proprio paese, ma inciamperà, cadrà, scomparirà. Sorgerà
quindi al suo posto uno che manderà esattori nella terra perla del suo
regno, ma in pochi giorni sarà stroncato, non nel furore di una rivolta
né in battaglia.
Gli succederà poi un uomo abbietto, privo di dignità
regale: verrà di nascosto e occuperà il regno con la frode. Le
forze armate saranno annientate davanti a lui e sarà stroncato anche il
capo dell'alleanza. Non appena sarà stata stipulata
un'alleanza con lui, egli agirà con la frode, crescerà e si
consoliderà con poca gente. Entrerà di nascosto nei
luoghi più fertili della provincia e farà cose che né i suoi padri
né i padri dei suoi padri osarono fare; distribuirà alla sua gente
preda, spoglie e ricchezze e ordirà progetti contro le fortezze, ma
ciò fino ad un certo tempo.
La sua potenza e il suo ardire lo spingeranno contro il
re del mezzogiorno con un grande esercito e il re del mezzogiorno verrà
a battaglia con un grande e potente esercito, ma non potrà resistere,
perché si ordiranno congiure contro di lui: i suoi stessi
commensali saranno causa della sua rovina; il suo esercito sarà
travolto e molti cadranno uccisi. I due re non penseranno
che a farsi del male a vicenda e seduti alla stessa tavola parleranno
con finzione, ma senza riuscire nei reciproci intenti, perché li
attenderà la fine, al tempo stabilito. Egli ritornerà nel
suo paese con grandi ricchezze e con in cuore l'avversione alla santa
alleanza: agirà secondo i suoi piani e poi ritornerà nel suo paese. Al
tempo determinato verrà di nuovo contro il paese del mezzogiorno, ma
quest'ultima impresa non riuscirà come la prima. Verranno
contro lui navi dei Kittìm ed egli si sentirà scoraggiato e tornerà
indietro. Si volgerà infuriato e agirà contro la santa alleanza, e nel
suo ritorno se la intenderà con coloro che avranno abbandonato la santa
alleanza. Forze da lui armate si muoveranno a profanare il
santuario della cittadella, aboliranno il sacrificio quotidiano e vi
metteranno l'abominio della desolazione.
Con lusinghe egli sedurrà coloro che avranno apostatato
dall'alleanza, ma quanti riconoscono il proprio Dio si fortificheranno e
agiranno. I più saggi tra il popolo ammaestreranno molti,
ma cadranno di spada, saranno dati alle fiamme, condotti in schiavitù e
saccheggiati per molti giorni. Mentre così cadranno,
riceveranno un po' di aiuto: molti però si uniranno a loro ma senza
sincerità. Alcuni saggi cadranno perché fra di loro ve ne
siano di quelli purificati, lavati, resi candidi fino al tempo della
fine, che dovrà venire al tempo stabilito. Il re dunque farà ciò che vuole, s'innalzerà, si
magnificherà sopra ogni dio e proferirà cose inaudite contro il Dio
degli dèi e avrà successo finché non sarà colma l'ira; poiché ciò
che è stato determinato si compirà. Egli non si curerà
neppure delle divinità dei suoi padri né del dio amato dalle donne,
né di altro dio, poiché egli si esalterà sopra tutti. Onorerà
invece il dio delle fortezze: onorerà, con oro e argento, con gemme e
con cose preziose, un dio che i suoi padri non hanno mai conosciuto. Nel
nome di quel dio straniero attaccherà le fortezze e colmerà di onori
coloro che lo riconosceranno: darà loro il potere su molti e
distribuirà loro terre in ricompensa.
Al tempo della fine il re del mezzogiorno si scontrerà
con lui e il re del settentrione gli piomberà addosso, come turbine,
con carri, con cavalieri e molte navi; entrerà nel suo territorio
invadendolo. Entrerà anche in quella magnifica terra e
molti paesi soccomberanno. Questi però scamperanno dalla sua mano: Edom, Moab e gran parte degli Ammoniti.
Metterà così la
mano su molti paesi; neppure l'Egitto scamperà. S'impadronirà
di tesori d'oro e d'argento e di tutte le cose preziose d'Egitto: i Libi
e gli Etiopi saranno al suo seguito. Ma notizie
dall'oriente e dal settentrione lo turberanno: egli partirà con grande
ira per distruggere e disperdere molti. Pianterà le tende
del suo palazzo fra il mare e il bel monte santo: poi giungerà alla
fine e nessuno verrà in suo aiuto.
12
Or in quel tempo sorgerà Michele, il gran principe, che
vigila sui figli del tuo popolo. Vi sarà un tempo di angoscia, come non
c'era mai stato dal sorgere delle nazioni fino a quel tempo; in quel
tempo sarà salvato il tuo popolo, chiunque si troverà scritto nel
libro. Molti di quelli che dormono nella polvere della terra si
risveglieranno: gli uni alla vita eterna e gli altri alla vergogna e per
l'infamia eterna. I saggi risplenderanno come lo splendore
del firmamento; coloro che avranno indotto molti alla giustizia
risplenderanno come le stelle per sempre.
Ora tu, Daniele, chiudi queste parole e sigilla questo
libro, fino al tempo della fine: allora molti lo scorreranno e la loro
conoscenza sarà accresciuta".
Io, Daniele, stavo guardando ed ecco altri due che
stavano in piedi, uno di qua sulla sponda del fiume, l'altro di là
sull'altra sponda. Uno disse all'uomo vestito di lino, che
era sulle acque del fiume: "Quando si compiranno queste cose
meravigliose?". Udii l'uomo vestito di lino, che era
sulle acque del fiume, il quale, alzate la destra e la sinistra al
cielo, giurò per colui che vive in eterno che tutte queste cose si
sarebbero compiute fra un tempo, tempi e la metà di un tempo, quando
sarebbe finito colui che dissipa le forze del popolo santo. Io udii bene, ma non compresi, e dissi: "Mio
Signore, quale sarà la fine di queste cose?". Egli mi
rispose: "Va', Daniele, queste parole sono nascoste e sigillate
fino al tempo della fine. Molti saranno purificati, resi
candidi, integri, ma gli empi agiranno empiamente: nessuno degli empi
intenderà queste cose, ma i saggi le intenderanno. Ora,
dal tempo in cui sarà abolito il sacrificio quotidiano e sarà eretto
l'abominio della desolazione, ci saranno milleduecentonovanta giorni. Beato
chi aspetterà con pazienza e giungerà a milletrecentotrentacinque
giorni. Tu, va' pure alla tua fine e riposa: ti alzerai per
la tua sorte alla fine dei giorni".
13
Abitava in Babilonia un uomo chiamato Ioakìm, il
quale aveva sposato una donna chiamata Susanna, figlia di Chelkìa, di
rara bellezza e timorata di Dio. I suoi genitori, che erano
giusti, avevano educato la figlia secondo la legge di Mosè. Ioakìm
era molto ricco e possedeva un giardino vicino a casa ed essendo stimato
più di ogni altro i Giudei andavano da lui. In quell'anno
erano stati eletti giudici del popolo due anziani: erano di quelli di
cui il Signore ha detto: "L'iniquità è uscita da Babilonia per
opera di anziani e di giudici, che solo in apparenza sono guide del
popolo". Questi frequentavano la casa di Ioakìm e
tutti quelli che avevano qualche lite da risolvere si recavano da loro. Quando
il popolo, verso il mezzogiorno, se ne andava, Susanna era solita
recarsi a passeggiare nel giardino del marito. I due anziani
che ogni giorno la vedevano andare a passeggiare, furono presi da
un'ardente passione per lei: persero il lume della ragione,
distolsero gli occhi per non vedere il Cielo e non ricordare i giusti
giudizi. Eran colpiti tutt'e due dalla passione per lei, ma
l'uno nascondeva all'altro la sua pena, perché si vergognavano di
rivelare la brama che avevano di unirsi a lei. Ogni giorno
con maggior desiderio cercavano di vederla. Un giorno uno disse
all'altro: "Andiamo pure a casa: è l'ora di
desinare" e usciti se ne andarono. Ma ritornati
indietro, si ritrovarono di nuovo insieme e, domandandosi a vicenda il
motivo, confessarono la propria passione. Allora studiarono il momento
opportuno di poterla sorprendere sola.
Mentre aspettavano l'occasione favorevole, Susanna
entrò, come al solito, con due sole ancelle, nel giardino per fare il
bagno, poiché faceva caldo. Non c'era nessun altro al di
fuori dei due anziani nascosti a spiarla. Susanna disse
alle ancelle: "Portatemi l'unguento e i profumi, poi chiudete la
porta, perché voglio fare il bagno". Esse fecero come
aveva ordinato: chiusero le porte del giardino ed entrarono in casa
dalla porta laterale per portare ciò che Susanna chiedeva, senza
accorgersi degli anziani poiché si erano nascosti. Appena
partite le ancelle, i due anziani uscirono dal nascondiglio, corsero da
lei e le dissero: "Ecco, le porte del giardino sono
chiuse, nessuno ci vede e noi bruciamo di passione per te; acconsenti e
datti a noi. In caso contrario ti accuseremo; diremo che un
giovane era con te e perciò hai fatto uscire le ancelle". Susanna,
piangendo, esclamò: "Sono alle strette da ogni parte. Se cedo, è
la morte per me; se rifiuto, non potrò scampare dalle vostre mani. Meglio
però per me cadere innocente nelle vostre mani che peccare davanti al
Signore!". Susanna gridò a gran voce. Anche i due
anziani gridarono contro di lei e uno di loro corse alle
porte del giardino e le aprì.
I servi di casa, all'udire tale rumore in giardino, si
precipitarono dalla porta laterale per vedere che cosa stava accadendo. Quando
gli anziani ebbero fatto il loro racconto, i servi si sentirono molto
confusi, perché mai era stata detta una simile cosa di Susanna.
Il giorno dopo, tutto il popolo si adunò nella casa di
Ioakìm, suo marito e andarono là anche i due anziani pieni di perverse
intenzioni per condannare a morte Susanna. Rivolti al
popolo dissero: "Si faccia venire Susanna figlia di Chelkìa,
moglie di Ioakìm". Mandarono a chiamarla ed essa
venne con i genitori, i figli e tutti i suoi parenti. Susanna
era assai delicata d'aspetto e molto bella di forme; aveva
il velo e quei perversi ordinarono che le fosse tolto per godere almeno
così della sua bellezza. Tutti i suoi familiari e amici
piangevano.
I due anziani si alzarono in mezzo al popolo e posero le
mani sulla sua testa. Essa piangendo alzò gli occhi al
cielo, con il cuore pieno di fiducia nel Signore. Gli
anziani dissero: "Mentre noi stavamo passeggiando soli nel
giardino, è venuta con due ancelle, ha chiuse le porte del giardino e
poi ha licenziato le ancelle. Quindi è entrato da lei un
giovane che era nascosto, e si è unito a lei. Noi che
eravamo in un angolo del giardino, vedendo una tale nefandezza, ci siamo
precipitati su di loro e li abbiamo sorpresi insieme. Non
abbiamo potuto prendere il giovane perché, più forte di noi, ha aperto
la porta ed è fuggito. Abbiamo preso lei e le abbiamo
domandato chi era quel giovane, ma lei non ce l'ha voluto dire. Di
questo noi siamo testimoni". La moltitudine prestò
loro fede poiché erano anziani e giudici del popolo e la condannò a
morte. Allora Susanna ad alta voce esclamò: "Dio
eterno, che conosci i segreti, che conosci le cose prima che accadano, tu
lo sai che hanno deposto il falso contro di me! Io muoio innocente di
quanto essi iniquamente hanno tramato contro di me". E
il Signore ascoltò la sua voce.
Mentre Susanna era condotta a morte, il Signore
suscitò il santo spirito di un giovanetto, chiamato Daniele, il quale si
mise a gridare: "Io sono innocente del sangue di lei!".
Tutti si voltarono verso di lui dicendo: "Che vuoi dire con le tue
parole?". Allora Daniele, stando in mezzo a loro, disse: "Siete così
stolti, Israeliti? Avete condannato a morte una figlia d'Israele senza
indagare la verità! Tornate al tribunale, perché costoro hanno deposto
il falso contro di lei".
Il popolo tornò subito indietro e gli anziani dissero a Daniele: "Vieni,
siedi in mezzo a noi e facci da maestro, poiché Dio ti ha dato il dono
dell'anzianità". Daniele esclamò: "Separateli bene l'uno dall'altro e io
li giudicherò". Separati che furono, Daniele disse al primo: "O
invecchiato nel male! Ecco, i tuoi peccati commessi in passato vengono
alla luce, quando davi sentenze ingiuste opprimendo gli innocenti e
assolvendo i malvagi, mentre il Signore ha detto: Non ucciderai il
giusto e l'innocente. Ora dunque, se tu hai visto costei, di': sotto
quale albero tu li hai visti stare insieme?". Rispose: "Sotto un
lentisco". Disse Daniele: "In verità, la tua menzogna ricadrà sulla tua
testa. Già l'angelo di Dio ha ricevuto da Dio la sentenza e ti spaccherà
in due". Allontanato questo, fece venire l'altro e gli disse: "Razza di
Canaan e non di Giuda, la bellezza ti ha sedotto, la passione ti ha
pervertito il cuore! Così facevate con le donne d'Israele ed esse per
paura si univano a voi. Ma una figlia di Giuda non ha potuto sopportare
la vostra iniquità. Dimmi dunque, sotto quale albero li hai trovati
insieme?". Rispose: "Sotto un leccio". Disse Daniele: "In verità anche
la tua menzogna ti ricadrà sulla testa. Ecco l'angelo di Dio ti aspetta
con la spada in mano per spaccarti in due e così farti morire".
Allora tutta l'assemblea diede in grida di gioia e
benedisse Dio che salva coloro che sperano in lui. Poi
insorgendo contro i due anziani, ai quali Daniele aveva fatto confessare
con la loro bocca di aver deposto il falso, fece loro subire la medesima
pena alla quale volevano assoggettare il prossimo e
applicando la legge di Mosè li fece morire. In quel giorno fu salvato
il sangue innocente. Chelkìa e sua moglie resero grazie a
Dio per la figlia Susanna insieme con il marito Ioakìm e tutti i suoi
parenti, per non aver trovato in lei nulla di men che onesto. Da
quel giorno in poi Daniele divenne grande di fronte al popolo.
14
Il re Astiage si riunì ai suoi padri e gli succedette
nel regno Ciro il Persiano. Ora Daniele viveva accanto al
re, ed era il più onorato di tutti gli amici del re. I
Babilonesi avevano un idolo chiamato Bel, al quale offrivano ogni giorno
dodici sacchi di fior di farina, quaranta pecore e sei barili di vino. Anche
il re venerava questo idolo e andava ogni giorno ad adorarlo. Daniele
però adorava il suo Dio e perciò il re gli disse: "Perché non
adori Bel?". Daniele rispose: "Io non adoro idoli
fatti da mani d'uomo, ma soltanto il Dio vivo che ha fatto il cielo e la
terra e che è signore di ogni essere vivente". "Non
credi tu - aggiunse il re - che Bel sia un dio vivo? Non vedi quanto
beve e mangia ogni giorno?". Rispose Daniele ridendo:
"Non t'ingannare, o re: quell'idolo di dentro è d'argilla e di
fuori è di bronzo e non ha mai mangiato né bevuto". Il
re s'indignò e convocati i sacerdoti di Bel, disse loro: "Se voi
non mi dite chi è che mangia tutto questo cibo, morirete; se invece mi
proverete che è Bel che lo mangia, morirà Daniele, perché ha
insultato Bel".
Daniele disse al re: "Sia fatto
come tu hai detto". I sacerdoti di Bel erano settanta, senza contare
le mogli e i figli. Il re si recò insieme con Daniele al
tempio di Bel e i sacerdoti di Bel gli dissero: "Ecco,
noi usciamo di qui e tu, re, disponi le vivande e mesci il vino
temperato; poi chiudi la porta e sigillala con il tuo anello. Se domani
mattina, venendo, tu riscontrerai che tutto non è stato mangiato da
Bel, moriremo noi, altrimenti morirà Daniele che ci ha
calunniati". Essi però non se ne preoccuparono
perché avevano praticato un passaggio segreto sotto la tavola per il
quale passavano abitualmente e consumavano tutto.
Dopo che essi se ne furono andati, il re fece porre i
cibi davanti a Bel: Daniele ordinò ai servi del re di
portare un po' di cenere e la sparsero su tutto il pavimento del tempio
alla presenza soltanto del re; poi uscirono, chiusero la porta, la
sigillarono con l'anello del re e se ne andarono. I
sacerdoti vennero di notte, secondo il loro consueto, con le mogli, i
figli, e mangiarono e bevvero tutto. Di buon mattino il re
si alzò, come anche Daniele. Il re domandò: "Sono
intatti i sigilli, Daniele?". "Intatti, re" rispose. Aperta
la porta, il re guardò la tavola ed esclamò: "Tu sei grande, Bel,
e nessun inganno è in te!". Daniele sorrise e,
trattenendo il re perché non entrasse, disse: "Guarda il pavimento
ed esamina di chi sono quelle orme". Il re disse:
"Vedo orme d'uomini, di donne e di ragazzi!". Acceso
d'ira, fece arrestare i sacerdoti con le mogli e i figli; gli furono
mostrate le porte segrete per le quali entravano a consumare quanto si
trovava sulla tavola. Quindi il re li fece mettere a morte,
consegnò Bel in potere di Daniele che lo distrusse insieme con il
tempio.
Vi era un gran drago e i Babilonesi lo veneravano.
Il
re disse a Daniele: "Non potrai dire che questo non è un dio
vivente; adoralo, dunque". Daniele rispose: "Io
adoro il Signore mio Dio, perché egli è il Dio vivente; se tu me lo
permetti, o re, io, senza spada e senza bastone, ucciderò il
drago". Soggiunse il re: "Te lo permetto". Daniele
prese allora pece, grasso e peli e li fece cuocere insieme, poi ne
preparò focacce e le gettò in bocca al drago che le inghiottì e
scoppiò; quindi soggiunse: "Ecco che cosa adoravate!".
Quando i Babilonesi lo seppero, ne furono molto
indignati e insorsero contro il re, dicendo: "Il re è diventato
Giudeo: ha distrutto Bel, ha ucciso il drago, ha messo a morte i
sacerdoti". Andarono da lui dicendo: "Consegnaci
Daniele, altrimenti uccidiamo te e la tua famiglia!". Quando
il re vide che lo assalivano con violenza, costretto dalla necessità
consegnò loro Daniele. Ed essi lo gettarono nella fossa dei leoni, dove rimase
sei giorni. Nella fossa vi erano sette leoni, ai quali
venivano dati ogni giorno due cadaveri e due pecore: ma quella volta non
fu dato loro niente perché divorassero Daniele. Si trovava allora in
Giudea il profeta Àbacuc
il quale
aveva fatto una minestra e spezzettato il pane in un recipiente e andava
a portarlo nel campo ai mietitori. L'angelo del Signore gli
disse: "Porta questo cibo a Daniele in Babilonia nella fossa dei
leoni".
Ma Àbacuc rispose: "Signore, Babilonia
non l'ho mai vista e la fossa non la conosco". Allora
l'angelo del Signore lo prese per i capelli e con la velocità del vento
lo trasportò in Babilonia e lo posò sull'orlo della fossa dei leoni. Gridò
Àbacuc: "Daniele, Daniele, prendi il cibo che Dio ti ha
mandato". Daniele esclamò: "Dio, ti sei
ricordato di me e non hai abbandonato coloro che ti amano". Alzatosi,
Daniele si mise a mangiare, mentre l'angelo di Dio riportava subito
Àbacuc nel luogo di prima. Il settimo giorno il re andò per piangere Daniele e
giunto alla fossa guardò e vide Daniele seduto. Allora
esclamò ad alta voce: "Grande tu sei, Signore Dio di Daniele, e
non c'è altro dio all'infuori di te!". Poi fece
uscire Daniele dalla fossa e vi fece gettare coloro che volevano la sua
rovina ed essi furono subito divorati sotto i suoi occhi.
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