La
saggezza
1
Nel secondo anno del regno
del gran re Assuero, il giorno primo di Nisan, Mardocheo figlio di Iair, figlio
di Simei, figlio di Kis, della tribù di Beniamino ebbe un sogno. Era
un Giudeo che abitava nella città di Susa, uomo grande, che prestava servizio
alla corte del re e proveniva dal gruppo degli esuli
che Nabucodònosor re di Babilonia aveva deportato da Gerusalemme con Ieconìa
re della Giudea. Questo era il suo sogno: ecco grida e
tumulto, tuoni e terremoto, agitazione sulla terra. Ecco
due enormi draghi avanzarono, pronti tutti e due alla lotta, e risuonò potente
il loro sibilo. Al loro sibilo ogni nazione si preparò
alla guerra, per combattere contro il popolo dei giusti. Ecco
un giorno di tenebre e di caligine, di tribolazione e angustia, di malessere e
grande agitazione sulla terra. Tutta la nazione dei
giusti fu agitata: essi temevano la propria rovina, si prepararono a perire e
gridarono a Dio.Ma dal loro grido sorse, come da una
piccola fonte, un grande fiume, acque copiose. Spuntò
la luce e il sole: gli umili furono esaltati e divorarono i superbi. Mardocheo
allora si svegliò: aveva visto questo sogno e che cosa Dio aveva deciso di
fare; continuava a ripensarvi entro il suo cuore e cercava di comprenderlo, in
ogni suo particolare, fino a notte.
Mardocheo alloggiava alla
corte con Bigtàn e Tères, i due eunuchi del re che custodivano la corte,
quando
udì i loro ragionamenti e, indagando sui loro disegni, venne a sapere che
quelli si preparavano a mettere le mani sul re Assuero. Allora ne avvertì il
re. Il re sottopose i due eunuchi a un interrogatorio:
essi confessarono e furono tolti di mezzo. Poi il re
fece scrivere queste cose nelle cronache e anche Mardocheo le mise in iscritto.
Il
re costituì Mardocheo funzionario della corte e gli fece regali in compenso di
queste cose. Ma vi era anche Amàn figlio di Hammedàta, l'Agaghita, che era potente davanti al re e cercò il modo di far del male a
Mardocheo e al suo popolo per l'affare dei due eunuchi del re. Al tempo di Assuero, di quell'Assuero che
regnava dall'India fino all'Etiopia sopra centoventisette province, in
quel tempo, dunque, il re Assuero che sedeva sul trono del suo regno nella
cittadella di Susa, l'anno terzo del suo regno fece un banchetto a
tutti i suoi principi e ai suoi ministri. I capi dell'esercito di Persia e di
Media, i nobili e i governatori delle province furono riuniti alla sua presenza.
Dopo aver così mostrato loro le ricchezze e la gloria del suo regno
e il fasto magnifico della sua grandezza per molti giorni, per centottanta
giorni, passati questi giorni il re fece un altro banchetto di sette
giorni, nel cortile del giardino della reggia, per tutto il popolo che si
trovava nella cittadella di Susa, dal più grande al più piccolo. Vi
erano cortine di lino fine e di porpora viola, sospese con cordoni di bisso e di
porpora rossa ad anelli d'argento e a colonne di marmo bianco; divani d'oro e
d'argento sopra un pavimento di marmo verde, bianco e di madreperla e di pietre
a colori. Si porgeva da bere in vasi d'oro di forme svariate e il
vino del re era abbondante, grazie alla liberalità del re. Era dato
l'ordine di non forzare alcuno a bere, poiché il re aveva prescritto a tutti i
maggiordomi che lasciassero fare a ciascuno secondo la propria volontà.
Anche la regina Vasti offrì un banchetto
alle donne nella reggia del re Assuero. Il settimo giorno, il re che aveva il
cuore allegro per il vino, ordinò a Meumàn, a Bizzetà, a Carbonà, a Bigtà,
ad Abagtà, a Zetàr e a Carcàs, i sette eunuchi che servivano alla presenza
del re Assuero, che conducessero davanti a lui la regina Vasti con
la corona reale, per mostrare al popolo e ai capi la sua bellezza; essa infatti
era di aspetto avvenente. Ma la regina Vasti rifiutò di venire,
contro l'ordine che il re aveva dato per mezzo degli eunuchi; il re ne fu assai
irritato e la collera si accese dentro di lui. Allora il re
interrogò i sapienti, conoscitori dei tempi. - Poiché gli affari del re si
trattavano così, alla presenza di quanti conoscevano la legge e il diritto, e
i più vicini a lui erano Carsenà, Setàr, Admàta, Tarsìs, Mères, Marsenà e
Memucàn, sette capi della Persia e della Media che erano suoi consiglieri e
sedevano ai primi posti nel regno. - Domandò dunque: "Secondo
la legge, che cosa si deve fare alla regina Vasti che non ha eseguito l'ordine
datole dal re Assuero per mezzo degli eunuchi?". Memucàn
rispose alla presenza del re e dei principi: "La regina Vasti ha mancato
non solo verso il re, ma anche verso tutti i capi e tutti i popoli che sono
nelle province del re Assuero. Perché quello che la regina ha
fatto si saprà da tutte le donne e le indurrà a disprezzare i propri mariti;
esse diranno: Il re Assuero aveva ordinato che si conducesse alla sua presenza
la regina Vasti ed essa non vi è andata. Da ora innanzi le
principesse di Persia e di Media che sapranno il fatto della regina ne
parleranno a tutti i principi del re e ne verranno insolenze e irritazioni
all'eccesso. Se così sembra bene al re, venga da lui emanato un
editto reale da scriversi fra le leggi di Persia e di Media, sicché diventi
irrevocabile, per il quale Vasti non potrà più comparire alla presenza del re
Assuero e il re conferisca la dignità di regina ad un'altra migliore di lei. Quando
l'editto emanato dal re sarà conosciuto nell'intero suo regno per quanto è
vasto, tutte le donne renderanno onore ai loro mariti dal più grande al più
piccolo". La cosa parve buona al re e ai principi. Il re fece
come aveva detto Memucàn: mandò lettere a tutte le province del
regno, a ogni provincia secondo il suo modo di scrivere e ad ogni popolo secondo
la sua lingua; perché ogni marito fosse padrone in casa sua e potesse parlare a
suo arbitrio.
2
Dopo queste cose, quando la collera del re
si fu calmata, egli si ricordò di Vasti, di ciò che essa aveva fatto e di
quanto era stato deciso a suo riguardo. Allora quelli che stavano al
servizio del re dissero: "Si cerchino per il re fanciulle vergini e
d'aspetto avvenente; stabilisca il re in tutte le province del suo
regno commissari, i quali radunino tutte le fanciulle vergini e belle nella
reggia di Susa, nella casa delle donne, sotto la sorveglianza di Egài, eunuco
del re e guardiano delle donne, che darà loro quanto è necessario per
abbigliarsi; la fanciulla che piacerà al re diventerà regina al
posto di Vasti". La cosa piacque al re e così si fece. Ora
nella cittadella di Susa c'era un Giudeo chiamato Mardocheo, figlio di Iair,
figlio di Simei, figlio di un Beniaminita, che era stato deportato
da Gerusalemme fra quelli condotti in esilio con Ieconìa re di Giuda da Nabucodònosor
re di Babilonia. Egli aveva allevato Hadàssa, cioè Ester, figlia
di un suo zio, perché essa era orfana di padre e di madre. La fanciulla era di
bella presenza e di aspetto avvenente; alla morte del padre e della madre,
Mardocheo l'aveva presa come propria figlia. Quando l'ordine del re
e il suo editto furono divulgati e un gran numero di fanciulle venivano radunate
nella cittadella di Susa sotto la sorveglianza di Egài, anche Ester fu presa e
condotta nella reggia, sotto la sorveglianza di Egài, guardiano delle donne. La
fanciulla piacque a Egài ed entrò nelle buone grazie di lui; egli si preoccupò
di darle il necessario per l'abbigliamento e il vitto; le diede sette ancelle
scelte nella reggia e assegnò a lei e alle sue ancelle l'appartamento migliore
nella casa delle donne. Ester non aveva detto nulla né del suo
popolo né della sua famiglia, perché Mardocheo le aveva proibito di parlarne. Mardocheo
tutti i giorni passeggiava davanti al cortile della casa delle donne per sapere
se Ester stava bene e che cosa succedeva di lei.
Quando veniva il
turno per una fanciulla di andare dal re Assuero alla fine dei dodici mesi
prescritti alle donne per i loro preparativi, sei mesi per profumarsi con olio
di mirra e sei mesi con aromi e altri cosmetici usati dalle donne, la
fanciulla andava dal re e poteva portare con sé dalla casa delle donne alla
reggia quanto chiedeva. Vi andava la sera e la mattina seguente
passava nella seconda casa delle donne, sotto la sorveglianza di Saasgàz,
eunuco del re e guardiano delle concubine. Poi non tornava più dal re a meno
che il re la desiderasse ed essa fosse richiamata per nome.
Quando
arrivò per Ester figlia di Abicàil, zio di Mardocheo, che l'aveva adottata per
figlia, il turno di andare dal re, essa non domandò se non quello che le fu
indicato da Egài, eunuco del re e guardiano delle donne. Ester attirava la
simpatia di quanti la vedevano. Ester fu dunque condotta presso il
re Assuero nella reggia il decimo mese, cioè il mese di Tebèt, il settimo anno
del suo regno. Il re amò Ester più di tutte le altre donne ed
essa trovò grazia e favore agli occhi di lui più di tutte le altre vergini.
Egli le pose in testa la corona regale e la fece regina al posto di Vasti. Poi
il re fece un gran banchetto a tutti i principi e ai ministri, che fu il
banchetto di Ester; concesse un giorno di riposo alle province e fece doni con
munificenza regale. Ora la seconda volta che si radunavano le
fanciulle, Mardocheo aveva stanza alla porta del re. Ester, secondo
l'ordine che Mardocheo le aveva dato, non aveva detto nulla né della sua
famiglia né del suo popolo poiché essa faceva quello che Mardocheo le diceva,
come quando era sotto la sua tutela. In quei giorni, quando
Mardocheo aveva stanza alla porta del re, Bigtàn e Tères, due eunuchi del re e
tra i custodi della soglia, irritati contro il re Assuero, cercarono il modo di
mettere le mani sulla persona del re. La cosa fu risaputa da Mardocheo, che avvertì la regina Ester ed Ester ne parlò al re in nome di
Mardocheo. Fatta investigazione e scoperto il fatto, i due eunuchi
furono impiccati a un palo. E la cosa fu registrata nel libro delle cronache,
alla presenza del re.
3
In seguito, il re Assuero promosse Amàn
figlio di Hammedàta, l'Agaghita, alla più alta dignità e pose il suo seggio
al di sopra di quelli di tutti i prìncipi che erano con lui. Tutti
i ministri del re, che stavano alla porta del re, piegavano il ginocchio e si
prostravano davanti ad Amàn, perché così aveva ordinato il re a suo riguardo.
Ma Mardocheo non piegava il ginocchio né si prostrava. I ministri
del re che stavano alla porta del re dissero a Mardocheo: "Perché
trasgredisci l'ordine del re?". Ma, sebbene glielo ripetessero
tutti i giorni, egli non dava loro ascolto. Allora quelli riferirono la cosa ad
Amàn, per vedere se Mardocheo avrebbe insistito nel suo atteggiamento, perché
aveva detto loro che era un Giudeo. Amàn vide che Mardocheo non
s'inginocchiava né si prostrava davanti a lui e ne fu pieno d'ira; ma
disdegnò di metter le mani addosso soltanto a Mardocheo, poiché gli avevano
detto a quale popolo Mardocheo apparteneva. Egli si propose di distruggere il
popolo di Mardocheo, tutti i Giudei che si trovavano in tutto il regno
d'Assuero. Il primo mese, cioè il mese di Nisan, il dodicesimo anno del re Assuero, si gettò il pur, cioè la sorte, alla
presenza di Amàn, per la scelta del giorno e del mese. La sorte cadde sul
tredici del dodicesimo mese, chiamato Adàr. Allora Amàn disse
al re Assuero: "Vi è un popolo segregato e anche disseminato fra i popoli
di tutte le province del tuo regno, le cui leggi sono diverse da quelle di ogni
altro popolo e che non osserva le leggi del re; non conviene quindi che il re lo
tolleri. Se così piace al re, si ordini che esso sia distrutto; io
farò passare diecimila talenti d'argento in mano agli amministratori del re,
perché siano versati nel tesoro reale". Allora il re si tolse
l'anello di mano e lo diede ad Amàn, l'Agaghita, figlio di Hammedàta e nemico
dei Giudei. Il re disse ad Amàn: "Il denaro sia per te: al
popolo fa' pure quello che ti sembra bene". Il tredici del
primo mese furono chiamati i segretari del re e fu scritto, seguendo in tutto
gli ordini di Amàn, ai satrapi del re e ai governatori di ogni provincia
secondo il loro modo di scrivere e ad ogni popolo nella sua lingua. Lo scritto
fu redatto in nome del re Assuero e sigillato con il sigillo reale. Questi
documenti scritti furono spediti per mezzo di corrieri in tutte le province del
re, perché si distruggessero, si uccidessero, si sterminassero tutti i Giudei,
giovani e vecchi, bambini e donne, in un medesimo giorno, il tredici del dodicesimo
mese, cioè il mese di Adàr, e si saccheggiassero i loro beni.
Questa è la copia della
lettera:
"Il grande re Assuero ai
governatori delle centoventisette province dall'India all'Etiopia e ai
capidistretto loro subordinati scrive quanto segue:
Essendo io alla testa di molte nazioni e avendo l'impero di tutto il mondo, non
esaltato dall'orgoglio del potere, ma governando sempre con moderazione e con
dolcezza, ho deciso di rendere sempre indisturbata la vita dei sudditi, di
assicurare un regno tranquillo e sicuro fino alle frontiere e di far rifiorire
la pace sospirata da tutti gli uomini.
Avendo io chiesto ai miei consiglieri come tutto questo possa essere attuato,
Amàn, distinto presso di noi per prudenza, segnalato per inalterata devozione e
sicura fedeltà ed elevato alla seconda dignità del regno, ci ha avvertiti che in
mezzo a tutte le stirpi che vi sono nel mondo si è mescolato un popolo ostile,
diverso nelle sue leggi da ogni altra nazione, che trascura sempre i decreti del
re, così da impedire l'assetto dell'impero da noi irreprensibilmente diretto.
Considerando dunque che questa nazione è l'unica ad essere in continuo contrasto
con ogni essere umano, differenziandosi per uno strano tenore di leggi, e che,
malintenzionata contro i nostri interessi, compie le peggiori malvagità e riesce
di ostacolo alla stabilità del regno, abbiamo ordinato che le persone a voi
segnalate nei rapporti scritti da Amàn, incaricato dei nostri interessi e per
noi un secondo padre, tutte, con le mogli e i figli, siano radicalmente
sterminate per mezzo della spada dei loro avversari, senz'alcuna pietà né
perdono, il quattordici del dodicesimo mese, cioè Adàr; perché questi nostri
oppositori di ieri e di oggi, precipitando violentemente negli inferi in un sol
giorno, ci assicurino per l'avvenire un governo completamente stabile e
indisturbato".
Una copia dell'editto, che doveva essere promulgato in ogni provincia, fu resa
nota a tutti i popoli, perché si tenessero pronti per quel giorno. I corrieri
partirono in tutta fretta per ordine del re e il decreto fu promulgato subito
nella cittadella di Susa. Mentre il re e Amàn stavano a gozzovigliare, la città
di Susa era costernata.
4
Quando Mardocheo seppe quanto era stato
fatto, si stracciò le vesti, si coprì di sacco e di cenere e uscì in mezzo alla
città, mandando alte e amare grida; venne fin davanti alla porta del re, ma a
nessuno che fosse coperto di sacco era permesso di entrare per la porta del re.
In ogni provincia, dovunque giungevano l'ordine del re e il suo editto, ci fu
gran desolazione fra i Giudei: digiuno, pianto, lutto e a molti servirono di
letto il sacco e la cenere. Le ancelle di Ester e i suoi eunuchi vennero a
riferire la cosa e la regina ne fu molto angosciata; mandò vesti a Mardocheo,
perché se le mettesse e si togliesse di dosso il sacco, ma egli non le accettò.
Allora Ester chiamò Atàch, uno degli eunuchi che il re aveva messo al suo
servizio, e lo incaricò di andare da Mardocheo per domandare che cosa era
avvenuto e perché si comportava così. Atàch si recò da Mardocheo sulla piazza
della città davanti alla porta del re.
Mardocheo gli narrò quanto gli era
accaduto e gli indicò la somma di denaro che Amàn aveva promesso di versare al
tesoro reale per far distruggere i Giudei; gli diede anche una copia dell'editto
promulgato a Susa per il loro sterminio, perché lo mostrasse a Ester, la
informasse di tutto e le ordinasse di presentarsi al re per domandargli grazia e
per intercedere in favore del suo popolo. "Ricordati -le fece dire- dei giorni
della tua povertà, quando eri nutrita dalla mia mano; perché Amàn, secondo in
dignità dopo il re, ha parlato contro di noi per farci mettere a morte. Invoca
il Signore, parla al re in nostro favore e liberaci dalla morte!". Atàch ritornò
da Ester e le riferì le parole di Mardocheo. Ester ordinò ad Atàch di riferire a
Mardocheo: "Tutti i ministri del re e il popolo delle sue province sanno che se
qualcuno, uomo o donna, entra dal re nell'atrio interno, senza essere stato
chiamato, in forza di una legge uguale per tutti, deve essere messo a morte, a
meno che il re non stenda verso di lui il suo scettro d'oro, nel qual caso avrà
salva la vita. Quanto a me, sono già trenta giorni che non sono stata chiamata
per andare dal re". Le parole di Ester furono riferite a Mardocheo e Mardocheo
fece dare questa risposta a Ester: "Non pensare di salvare solo te stessa fra
tutti i Giudei, per il fatto che ti trovi nella reggia. Perché se tu in questo
momento taci, aiuto e liberazione sorgeranno per i Giudei da un altro luogo; ma
tu perirai insieme con la casa di tuo padre. Chi sa che tu non sia stata elevata
a regina proprio in previsione d'una circostanza come questa?". Allora Ester
fece rispondere a Mardocheo: "Va', raduna tutti i Giudei che si trovano a Susa:
digiunate per me, state senza mangiare e senza bere per tre giorni, notte e
giorno; anch'io con le ancelle digiunerò nello stesso modo; dopo entrerò dal re,
sebbene ciò sia contro la legge e, se dovrò perire, perirò!". Mardocheo se ne
andò e fece quanto Ester gli aveva ordinato.
Poi pregò il Signore, ricordando tutte le sue gesta, e disse:
"Signore, Signore re, sovrano
dell'universo, tutte le cose sono sottoposte al tuo potere e nessuno può opporsi
a te nella tua volontà di salvare Israele.
Tu hai fatto il cielo e la terra e tutte le meraviglie che si trovano sotto il
firmamento. Tu sei il Signore di tutte le cose e nessuno può resistere a te,
Signore.
Tu conosci tutto; tu sai, Signore, che non per orgoglio, non per superbia né per
vanagloria ho fatto il gesto di non prostrarmi davanti al superbo Amàn, perché
avrei anche baciato la pianta dei suoi piedi per la salvezza d'Israele.
Ma ho fatto ciò per non porre la gloria di un uomo al di sopra della gloria di
Dio; non mi prostrerò mai davanti a nessuno se non davanti a te, che sei il mio
Signore, e non farò così per superbia.
Ora, Signore Dio, Re, Dio di Abramo, risparmia il tuo popolo! Perché mirano a
distruggerci e bramano di far perire quella che è la tua eredità dai tempi
antichi.
Non trascurare la porzione che per te stesso hai liberato dal paese d'Egitto.
Ascolta la mia preghiera e sii propizio alla tua eredità; cambia il nostro lutto
in gioia, perché vivi possiamo cantare inni al tuo nome, Signore, e non lasciare
scomparire la bocca di quelli che ti lodano".
Tutti gli Israeliti gridavano con tutta la forza, perché la morte stava davanti
ai loro occhi.
Anche la regina Ester cercò rifugio presso il Signore, presa da un'angoscia
mortale. Si tolse le vesti di lusso e indossò gli abiti di miseria e di lutto;
invece dei superbi profumi si riempì la testa di ceneri e di immondizie. Umiliò
molto il suo corpo e con i capelli sconvolti si muoveva dove prima era abituata
agli ornamenti festivi. Poi supplicò il Signore e disse: "Mio Signore, nostro
re, tu sei l'unico! Vieni in aiuto a me che sono sola e non ho altro soccorso se
non te, perché un grande pericolo mi sovrasta.
Io ho sentito fin dalla mia nascita, in
seno alla mia famiglia, che tu, Signore, hai scelto Israele da tutte le nazioni
e i nostri padri da tutti i loro antenati come tua eterna eredità, e hai fatto
loro secondo quanto avevi promesso. Ora abbiamo peccato contro di te e ci hai
messi nelle mani dei nostri nemici, per aver noi dato gloria ai loro dèi. Tu sei
giusto, Signore!
Ma ora non si sono accontentati dell'amarezza della nostra schiavitù, hanno
anche posto le mani sulle mani dei loro idoli, giurando di abolire l'oracolo
della tua bocca, di sterminare la tua eredità, di chiudere la bocca di quelli
che ti lodano e spegnere la gloria del tuo tempio e il tuo altare, di aprire
invece la bocca delle nazioni a lodare gli idoli vani e a proclamare per sempre
la propria ammirazione per un re di carne.
Non consegnare, Signore, il tuo scettro a dèi che neppure esistono. Non abbiano
a ridere della nostra caduta; ma volgi contro di loro questi loro progetti e
colpisci con un castigo esemplare il primo dei nostri persecutori.
Ricordati, Signore; manifèstati nel giorno della
nostra afflizione e a me da' coraggio, o re degli dèi e signore di ogni
autorità. Metti nella mia bocca una parola ben misurata di fronte al leone e
volgi il suo cuore all'odio contro colui che ci combatte, allo sterminio di lui
e di coloro che sono d'accordo con lui.
Quanto a noi, salvaci con la tua mano e vieni in mio aiuto, perché sono sola e
non ho altri che te, Signore!
Tu hai conoscenza di tutto e sai che io odio la gloria degli empi e detesto il
letto dei non circoncisi e di qualunque straniero. Tu sai che mi trovo nella
necessità, che detesto l'emblema della mia fastosa posizione che cinge il mio
capo nei giorni in cui devo fare comparsa; lo detesto come un panno immondo e
non lo porto nei giorni in cui mi tengo appartata. La tua serva non ha mangiato
alla tavola di Amàn né ha onorato il banchetto del re né bevuto il vino delle
libazioni. La tua serva da quando ha cambiato condizione fino ad oggi, non ha
gioito di nulla, se non di te, Signore, Dio di Abramo.
Dio, che su tutti eserciti la forza, ascolta la voce dei disperati e liberaci
dalla mano dei malvagi; libera me dalla mia angoscia!".
5
Il terzo giorno, quando ebbe finito di
pregare, ella si tolse le vesti da schiava e si coprì di tutto il fasto del suo
grado. Divenuta così splendente di bellezza, dopo
aver invocato il Dio che veglia su tutti e li salva, prese con sé due ancelle.
Su di una si appoggiava con apparente mollezza, mentre l'altra la seguiva
tenendo sollevato il mantello di lei. Appariva rosea
nello splendore della sua bellezza e il suo viso era gioioso, come pervaso
d'amore, ma il suo cuore era stretto dalla paura. Attraversate
una dopo l'altra tutte le porte, si trovò alla presenza del re. Egli era seduto
sul trono regale, vestito di tutti gli ornamenti maestosi delle sue comparse,
tutto splendente di oro e di pietre preziose, e aveva un aspetto molto
terribile. Alzò il viso splendente di maestà e guardò
in un accesso di collera. La regina si sentì svenire, mutò il suo colore in
pallore e poggiò la testa sull'ancella che l'accompagnava. Ma
Dio volse a dolcezza lo spirito del re ed egli, fattosi ansioso, balzò dal
trono, la prese fra le braccia, sostenendola finché non si fu ripresa, e andava
confortandola con parole rasserenanti, dicendole: "Che
c'è, Ester? Io sono tuo fratello; fatti coraggio, tu non devi morire. Il nostro
ordine riguarda solo la gente comune. Avvicinati!". Alzato lo
scettro d'oro, lo posò sul collo di lei, la baciò e le disse:
"Parlami!". Gli disse: "Ti ho visto,
signore, come un angelo di Dio e il mio cuore si è agitato davanti alla tua
gloria. Perché tu sei meraviglioso, signore, e il tuo volto è pieno
d'incanto".
Ma mentre parlava, cadde svenuta; il
re s'impressionò e tutta la gente del suo seguito cercava di rianimarla. Allora
il re le disse: "Che vuoi, Ester, qual è la tua richiesta? Fosse pure metà
del mio regno, l'avrai!". Ester rispose: "Se così piace
al re, venga oggi il re con Amàn al banchetto che gli ho preparato". Il
re disse: "Convocate subito Amàn, per far ciò che Ester ha detto".
Il re andò dunque con Amàn al banchetto che Ester aveva preparato.
Il re disse a Ester, mentre si beveva il
vino: "Qual è la tua richiesta? Ti sarà concessa. Che desideri? Fosse
anche la metà del regno, sarà fatto!". Ester rispose:
"Ecco la mia richiesta e quel che desidero: se ho trovato
grazia agli occhi del re e se piace al re di concedermi quello che chiedo e di
soddisfare il mio desiderio, venga il re con Amàn anche domani al banchetto che
io preparerò loro e io risponderò alla domanda del re". Amàn quel giorno uscì lieto e con il
cuore contento, ma quando vide alla porta del re Mardocheo che non si alzava né
si muoveva per lui, fu preso d'ira contro Mardocheo. Tuttavia Amàn
si trattenne, andò a casa e mandò a chiamare i suoi amici e Zeres sua moglie. Amàn
parlò loro della magnificenza delle sue ricchezze, del gran numero dei suoi
figli, di quanto il re aveva fatto per renderlo grande e come l'aveva innalzato
sopra i capi e i ministri del re. Aggiunse: "Anche la regina
Ester non ha invitato con il re nessun altro se non me al banchetto che ha dato;
anche per domani sono invitato da lei con il re. Ma tutto questo
non mi basta, fin quando io vedrò Mardocheo, il Giudeo, restar seduto alla
porta del re". Allora sua moglie Zeres e tutti i suoi amici
gli dissero: "Si prepari un palo alto cinquanta cubiti e tu domani mattina
di' al re che vi sia impiccato Mardocheo; poi va' pure contento al banchetto con
il re". La cosa piacque ad Amàn che fece preparare il palo.
6
Quella notte il re non poteva prendere
sonno. Allora ordinò che gli si portasse il libro delle memorie, le cronache, e
ne fu fatta la lettura alla presenza del re. Vi si trovò scritto
che Mardocheo aveva denunciato Bigtàn e Tères, i due eunuchi del re tra i
custodi della soglia, i quali avevano cercato di porre le mani sulla persona del
re Assuero. Allora il re chiese: "Che si è fatto per dare a
Mardocheo onore e grandezza in premio di questo?". I giovani che servivano
il re risposero: "Non s'è fatto nulla per lui". Il re
disse: "Chi c'è nell'atrio?". Appunto Amàn era venuto nell'atrio
esterno della reggia per dire al re di impiccare Mardocheo al palo che egli
aveva preparato per lui. I giovani servi del re gli risposero:
"Ecco c'è Amàn nell'atrio". Il re disse: "Entri!". Amàn
entrò e il re gli disse: "Che si deve fare a un uomo che il re voglia
onorare?". Amàn pensò: "Chi mai vorrebbe il re onorare, se non
me?". Amàn rispose al re: "Per l'uomo che il re vuole
onorare, si prenda la veste reale che suole indossare il re e il
cavallo che suole cavalcare il re e sulla sua testa sia posta una corona reale; si
consegni la veste e il cavallo a uno dei principi più nobili del re; si rivesta
di quella veste l'uomo che il re vuole onorare, gli si faccia percorrere a
cavallo le vie della città e si gridi davanti a lui: Ciò avviene all'uomo che
il re vuole onorare". Allora il re disse ad Amàn:
"Presto, prendi la veste e il cavallo, come hai detto, e fa' così a
Mardocheo il Giudeo che si trova alla porta del re; non tralasciar nulla di
quello che hai detto". Amàn prese la veste e il cavallo,
rivestì della veste Mardocheo, gli fece percorrere a cavallo le vie della città
e gridava davanti a lui: "Ciò avviene all'uomo che il re vuole
onorare". Poi Mardocheo tornò alla porta del re, ma Amàn andò
subito a casa, tutto aggrondato e con il capo velato. Amàn raccontò
a sua moglie Zeres e a tutti i suoi amici quanto gli era accaduto. I suoi
consiglieri e sua moglie Zeres gli dissero: "Se Mardocheo, davanti al quale
tu hai cominciato a decadere, è della stirpe dei Giudei, tu non potrai nulla
contro di lui, anzi soccomberai del tutto davanti a lui". Essi stavano ancora parlando con lui,
quando giunsero gli eunuchi del re, i quali si affrettarono a condurre Amàn al
banchetto che Ester aveva preparato.
7
Il re e Amàn andarono dunque al banchetto
con la regina Ester. Il re anche questo secondo giorno disse a
Ester, mentre si beveva il vino: "Qual è la tua richiesta, regina Ester?
Ti sarà concessa. Che desideri? Fosse anche la metà del regno, sarà
fatto!". Allora la regina Ester rispose: "Se ho trovato
grazia ai tuoi occhi, o re, e se così piace al re, la mia richiesta è che mi
sia concessa la vita e il mio desiderio è che sia risparmiato il mio popolo. Perché
io e il mio popolo siamo stati venduti per essere distrutti, uccisi, sterminati.
Ora, se fossimo stati venduti per diventare schiavi e schiave, avrei taciuto; ma
il nostro avversario non potrebbe riparare al danno fatto al re con la nostra
morte".
Subito il re Assuero disse alla regina Ester: "Chi
è e dov'è colui che ha pensato di fare una cosa simile?". Ester
rispose: "L'avversario, il nemico, è quel malvagio di Amàn". Allora
Amàn fu preso da terrore alla presenza del re e della regina. Il re
incollerito si alzò dal banchetto e uscì nel giardino della reggia, mentre Amàn
rimase per chiedere la grazia della vita alla regina Ester, perché vedeva bene
che da parte del re la sua rovina era decisa. Poi tornò dal
giardino della reggia nel luogo del banchetto; intanto Amàn si era prostrato
sul divano sul quale si trovava Ester. Allora il re esclamò: "Vuole anche
far violenza alla regina, davanti a me, in casa mia?". Non appena questa
parola fu uscita dalla bocca del re, posero un velo sulla faccia di Amàn. Carbonà,
uno degli eunuchi, disse alla presenza del re: "Ecco, è stato perfino
rizzato in casa di Amàn un palo alto cinquanta cubiti, che Amàn ha fatto
preparare per Mardocheo, il quale aveva parlato per il bene del re". Il re
disse: "Impiccatevi lui!". Così Amàn fu impiccato al
palo che aveva preparato per Mardocheo. E l'ira del re si calmò.
8
In quello stesso giorno il re Assuero diede
alla regina Ester la casa di Amàn, nemico dei Giudei. Mardocheo si presentò al
re, al quale Ester aveva dichiarato il rapporto di parentela che egli aveva con
lei. Il re si tolse l'anello che aveva fatto ritirare ad Amàn e lo
diede a Mardocheo. Ester affidò a Mardocheo l'amministrazione della casa che
era stata di Amàn. Poi Ester parlò di nuovo alla presenza del re,
gli si gettò ai piedi e lo supplicò con le lacrime agli occhi d'impedire gli
effetti della malvagità di Amàn l'Agaghita e l'attuazione dei piani che aveva
preparato contro i Giudei. Allora il re stese lo scettro d'oro verso
Ester; Ester si alzò, rimase in piedi davanti al re e disse:
"Se così piace al re, se io ho trovato grazia ai suoi occhi, se la cosa
gli par giusta e se io gli sono gradita, si scriva per revocare i documenti
scritti, macchinazione di Amàn figlio di Hammedàta, l'Agaghita, in cui si
ordina di far perire i Giudei che sono in tutte le province del re. Perché
come potrei io resistere al vedere la sventura che colpirebbe il mio popolo?
Come potrei resistere al vedere la distruzione della mia stirpe?". Allora
il re Assuero disse alla regina Ester e a Mardocheo, il Giudeo: "Ecco, ho
dato a Ester la casa di Amàn e questi è stato impiccato al palo, perché aveva
voluto stendere la mano sui Giudei. Scrivete dunque come vi parrà
meglio, nel nome del re, e sigillate con l'anello reale, perché ciò che è
scritto in nome del re e sigillato con l'anello reale è irrevocabile". Senza
perdere tempo il ventitrè del terzo mese, cioè il mese di Sivan, furono
convocati i segretari del re e fu scritto, seguendo in tutto l'ordine di
Mardocheo, ai Giudei, ai satrapi, ai governatori e ai capi delle centoventisette
province, dall'India all'Etiopia, a ogni provincia secondo il suo modo di
scrivere, a ogni popolo nella sua lingua e ai Giudei secondo il loro modo di
scrivere e nella loro lingua. Fu dunque scritto in nome del re
Assuero, si sigillarono i documenti con l'anello reale e si mandarono per mezzo
di corrieri a cavallo, che cavalcavano corsieri reali, figli di cavalle di
razza. Con questi scritti il re dava facoltà ai Giudei, in
qualunque città si trovassero, di radunarsi e di difendere la loro vita, di
distruggere, uccidere, sterminare, compresi i bambini e le donne, tutta la gente
armata, di qualunque popolo e di qualunque provincia, che li assalisse, e di
saccheggiare i loro beni; e ciò in un medesimo giorno in tutte le
province del re Assuero: il tredici del dodicesimo mese, cioè il mese di Adàr.
Quanto segue è la copia
della lettera relativa a queste cose:
"Il grande re Assuero ai governatori
delle centoventisette satrapie dall'India all'Etiopia e a quelli che hanno a
cuore i nostri interessi, salute.
Molti uomini, quanto più spesso vengono onorati dalla più larga generosità dei
benefattori, tanto più s'inorgogliscono e non solo cercano di fare il male ai
nostri sudditi, ma incapaci di frenare la loro superbia, tramano insidie anche
contro i loro benefattori. Non solo cancellano la riconoscenza dal cuore degli
uomini, ma esaltati dallo strepito spavaldo di chi ignora il bene, si lusingano
di sfuggire a Dio, che tutto vede, e alla sua giustizia che odia il male.
Spesso poi accadde a molti costituiti in autorità che, per aver affidato a certi
amici la responsabilità degli affari pubblici e per aver subìto la loro
influenza, divennero con essi responsabili del sangue innocente, con disgrazia
senza rimedio; perché i falsi ragionamenti di nature perverse avevano sviato
l'incontaminata buona fede dei governanti.
Questo si può vedere non tanto nelle storie più antiche a cui abbiamo accennato,
quanto piuttosto badando alle iniquità perpetrate da quella peste che sono
coloro i quali senza merito esercitano il potere.
Provvederemo per l'avvenire ad assicurare a tutti gli uomini un regno
indisturbato e pacifico, operando cambiamenti opportuni e giudicando sempre con
la più equa fermezza gli affari che ci vengono posti sotto gli occhi.
Così è il caso di Amàn figlio di Hammedàta, il Macedone, il quale estraneo, per
la verità, al sangue persiano e ben lontano dalla nostra bontà, accolto come
ospite presso di noi, aveva tanto approfittato dell'amicizia che professiamo
verso qualunque nazione, da essere proclamato nostro padre e da costituire la
seconda personalità nel regno, venendo da tutti onorato con la prostrazione. Ma
non reggendo al peso della sua superbia, egli si adoperò per privare noi del
potere e della vita e con falsi e tortuosi argomenti richiese la pena di morte
per il nostro salvatore e in ogni circostanza benefattore Mardocheo, per
l'irreprensibile consorte del nostro regno Ester e per tutto il loro popolo.
Pensava infatti per questa via di sorprenderci nell'isolamento e di trasferire
l'impero dei Persiani ai Macedoni.
Ora noi troviamo che questi Giudei, da quell'uomo tre volte scellerato destinati
allo sterminio, non sono malfattori, ma si reggono con leggi giustissime, sono
figli del Dio altissimo, massimo, vivente, il quale in favore nostro e dei
nostri antenati dirige il regno nella migliore floridezza. Farete dunque bene a
non tener conto delle lettere scritte mandate da Amàn, figlio di Hammedàta,
perché costui, che ha perpetrato tali cose, è stato impiccato ad un palo con
tutta la sua famiglia alle porte di Susa, giusto castigo datogli velocemente da
Dio, signore di tutti gli eventi.
Esposta invece una copia della presente
lettera in ogni luogo, permettete ai Giudei di valersi con tutta sicurezza delle
loro leggi e prestate loro man forte per respingere coloro che volessero
assalirli nel giorno della persecuzione, cioè il tredici del dodicesimo mese
chiamato Adàr.
Infatti questo giorno,
invece di segnare la rovina della stirpe eletta, Dio, signore di ogni cosa, lo
ha loro cambiato in giorno di gioia.
Quanto a voi, Giudei, tra le vostre feste commemorative celebrate questo giorno
insigne con ogni sorta di banchetti, perché, e ora e in avvenire, sia ricordo di
salvezza per noi e per i Persiani benevoli, per quelli invece che ci insidiano
sia ricordo della loro perdizione.
Ogni città e più generalmente ogni località che non agirà secondo queste
disposizioni, sarà inesorabilmente messa a ferro e fuoco; non soltanto agli
uomini sarà resa inaccessibile, ma anche alle fiere e agli uccelli resterà
odiosissima per tutti i tempi".
Una copia dell'editto che doveva essere promulgato in ogni provincia, fu resa
nota a tutti i popoli, perché i Giudei si tenessero pronti per quel giorno a
vendicarsi dei loro nemici. Così i corrieri sui cavalli reali partirono
premurosi e stimolati dal comando del re, mentre il decreto veniva subito
promulgato nella cittadella di Susa. Mardocheo si allontanò dal re con una veste
reale di porpora viola e di lino bianco, con una grande corona d'oro e un manto
di bisso e di porpora rossa; la città di Susa gridava di gioia ed era in festa.
Per i Giudei vi era luce, letizia, esultanza, onore. In ogni provincia, in ogni
città, dovunque giungevano l'ordine del re e il suo decreto, vi era per i Giudei
gioia ed esultanza, banchetti e feste. Molti appartenenti ai popoli del paese si
fecero Giudei, perché il timore dei Giudei era piombato su di loro.
9
Il dodicesimo mese, cioè il mese di Adàr,
il tredici del mese, quando l'ordine del re e il suo decreto dovevano essere
eseguiti, il giorno in cui i nemici dei Giudei speravano di averli in loro
potere, avvenne invece tutto il contrario; poiché i Giudei ebbero in mano i
loro nemici. I Giudei si radunarono nelle loro città, in tutte le
province del re Assuero, per aggredire quelli che cercavano di fare loro del
male; nessuno potè resistere loro, perché il timore dei Giudei era piombato su
tutti i popoli. Tutti i capi delle province, i satrapi, i
governatori e quelli che curavano gli affari del re diedero man forte ai Giudei,
perché il timore di Mardocheo si era impadronito di essi. Perché
Mardocheo era grande nella reggia e per tutte le province si diffondeva la fama
di quest'uomo; Mardocheo cresceva sempre in potere. I Giudei dunque
colpirono tutti i nemici, passandoli a fil di spada, uccidendoli e
sterminandoli; fecero dei nemici quello che vollero. Nella
cittadella di Susa i Giudei uccisero e sterminarono cinquecento uomini e
misero a morte Parsandàta, Dalfòn, Aspàta, Poràta, Adalià, Aridàta, Parmàsta,
Arisài, Aridài e Vaizàta, i dieci figli
di Amàn figlio di Hammedàta, il nemico dei Giudei, ma non si diedero al
saccheggio. Quel giorno stesso il numero di quelli che erano stati
uccisi nella cittadella di Susa fu portato a conoscenza del re. Il
re disse alla regina Ester: "Nella cittadella di Susa i Giudei hanno
ucciso, hanno sterminato cinquecento uomini e i dieci figli di Amàn; che
avranno mai fatto nelle altre province del re? Ora che chiedi di più? Ti sarà
dato. Che altro desideri? Sarà fatto!". Allora Ester disse:
"Se così piace al re, sia permesso ai Giudei che sono a Susa di fare anche
domani quello che era stato decretato per oggi; siano impiccati al palo i dieci
figli di Amàn". Il re ordinò che così fosse fatto. Il
decreto fu promulgato a Susa. I dieci figli di Amàn furono appesi al palo. I
Giudei che erano a Susa si radunarono ancora il quattordici del mese di Adàr e
uccisero a Susa trecento uomini; ma non si diedero al saccheggio. Anche
gli altri Giudei che erano nelle province del re si radunarono, difesero la loro
vita e si misero al sicuro dagli attacchi dei nemici; uccisero
settantacinquemila di quelli che li odiavano, ma non si diedero al saccheggio. Questo
avvenne il tredici del mese di Adàr; il quattordici si riposarono e ne fecero
un giorno di banchetto e di gioia. Ma i Giudei che erano a Susa si
radunarono il tredici e il quattordici di quel mese; il quindici si riposarono e
ne fecero un giorno di banchetto e di gioia. Perciò i Giudei della
campagna, che abitano in città non circondate da mura, fanno del quattordici
del mese di Adàr un giorno di gioia, di banchetto e di festa, nel quale si
mandano regali gli uni gli altri.
Invece gli abitanti delle
grandi città celebrano come giorno di allegra festività il quindici di Adàr,
mandando regali ai vicini.
Mardocheo scrisse questi avvenimenti e
mandò lettere a tutti i Giudei che erano in tutte le province del re Assuero,
vicini e lontani, per stabilire che ogni anno celebrassero il
quattordici e il quindici del mese di Adàr, perché giorni nei
quali i Giudei ebbero tregua dagli attacchi dei nemici e il mese in cui il loro
dolore era stato mutato in gioia, il loro lutto in festa, e perché facessero di
questi giorni giorni di banchetto e di gioia, nei quali si mandassero regali
scambievolmente e si facessero doni ai poveri. I Giudei si
impegnarono a continuare quello che avevano già cominciato a fare e che
Mardocheo aveva loro prescritto. Amàn infatti, il figlio di Hammedàta l'Agaghita, il nemico di tutti i Giudei, aveva tramato contro i Giudei per
distruggerli e aveva gettato il pur, cioè la sorte, per confonderli e
farli perire; ma quando Ester si fu presentata al re, questi ordinò
con documenti scritti che la scellerata trama di Amàn contro i Giudei fosse
fatta ricadere sul capo di lui e che egli e i suoi figli fossero impiccati al
palo. Perciò quei giorni furono chiamati Purim dalla parola
pur. Secondo tutto il contenuto di quella lettera, in seguito a quanto
avevano visto a questo proposito ed era loro avvenuto, i Giudei
stabilirono e presero per sé, per la loro stirpe e per quanti si sarebbero
aggiunti a loro, l'impegno inviolabile di celebrare ogni anno quei due giorni,
secondo le disposizioni di quello scritto e alla data fissata. Questi
giorni devono essere commemorati e celebrati di generazione in generazione, in
ogni famiglia, in ogni provincia, in ogni città; questi giorni di Purim
non devono cessare mai di essere celebrati fra i Giudei e il loro ricordo non
dovrà mai cancellarsi fra i loro discendenti. La regina Ester
figlia di Abicàil e il giudeo Mardocheo scrissero con ogni autorità per dar
valore a questa loro seconda lettera relativa ai Purim. Si
mandarono lettere a tutti i Giudei nelle centoventisette province del regno di
Assuero, con parole di saluto e di fedeltà, per stabilire questi
giorni di Purim nelle loro date precise, come li avevano ordinati il
giudeo Mardocheo e la regina Ester e come essi stessi li avevano stabiliti per sé
e per i loro discendenti, in occasione del loro digiuno e della loro
invocazione. Un ordine di Ester stabilì le circostanze di questi Purim
e fu scritto in un libro.
10
Il re Assuero impose un tributo al
continente e alle isole del mare. Quanto poi a tutti i fatti
concernenti la potenza e il valore di Mardocheo e quanto alla completa
descrizione della sua grandezza e della sua elevazione da parte del re, sono
cose scritte nel libro delle cronache dei re di Media e di Persia. Infatti
il giudeo Mardocheo era il secondo dopo il re Assuero: grande fra i Giudei e
amato dalla moltitudine dei suoi fratelli, cercava il bene del suo popolo e
parlava in favore della prosperità di tutta la sua stirpe. Mardocheo disse: "Queste
cose sono avvenute per opera di Dio. Mi ricordo
infatti del sogno che avevo visto intorno a questi fatti e nessuno di essi è
stato tralasciato: la piccola sorgente che divenne un
fiume, la luce che spuntò, il sole e l'acqua copiosa. Questo fiume è Ester che
il re ha sposata e costituita regina. I due draghi
siamo io e Amàn. Le nazioni sono quelle che si sono
coalizzate per distruggere il nome dei Giudei. La mia
nazione è Israele, quelli cioè che avevano gridato a Dio e furono salvati. Sì,
il Signore ha salvato il suo popolo, ci ha liberato da tutti questi mali e Dio
ha operato segni e prodigi grandi quali mai erano avvenuti tra le nazioni. In
tal modo egli ha stabilito due sorti, una per il popolo di Dio e una per tutte
le nazioni. Queste due sorti si sono realizzate
nell'ora, nel momento e nel giorno stabilito dal giudizio di Dio e in mezzo a
tutte le nazioni. Dio si è allora ricordato del suo
popolo e ha reso giustizia alla sua eredità. Questi
giorni del mese di Adàr, il quattordici e il quindici del mese, saranno
celebrati con adunanza, gioia e letizia davanti a Dio, di generazione in
generazione per sempre nel suo popolo Israele".
Nell'anno quarto di Tolomeo e
di Cleopatra, Dositeo, che diceva di essere sacerdote e levita, e Tolomeo suo
figlio, portarono in Egitto la presente lettera sui Purim, affermando che
si trattava della lettera autentica tradotta da Lisimaco, figlio di Tolomeo, uno
dei residenti in Gerusalemme.
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