Re Geroboamo 12
Roboamo andò in Sichem, perché tutto Israele era convenuto in Sichem per proclamarlo re. Quando lo seppe, Geroboamo figlio di Nebàt, che era ancora in Egitto ove si era rifugiato per paura del re Salomone, tornò dall'Egitto. Lo mandarono a chiamare e Geroboamo venne con tutta l'assemblea di Israele e dissero a Roboamo: "Tuo padre ci ha imposto un pesante giogo; ora tu alleggerisci la dura schiavitù di tuo padre e il giogo pesante che quegli ci ha imposto e noi ti serviremo". Rispose loro: "Ritiratevi per tre giorni; poi tornerete da me". Il popolo se ne andò. Il re Roboamo si consigliò con gli anziani, che erano stati al servizio di Salomone suo padre durante la sua vita, domandando: "Che cosa mi consigliate di rispondere a questo popolo?". Gli dissero: "Se oggi ti mostrerai arrendevole verso questo popolo, se darai loro soddisfazione, se dirai loro parole gentili, essi saranno tuoi servi per sempre". Ma egli trascurò il consiglio che gli anziani gli avevano dato e si consultò con giovani che erano cresciuti con lui ed erano al suo servizio. Domandò loro: "Che cosa mi consigliate di rispondere a questo popolo che mi ha chiesto di alleggerire il giogo imposto loro da mio padre?". I giovani che erano cresciuti con lui gli dissero: "Così risponderai a questo popolo, che ti ha chiesto: Tuo padre ha reso pesante il nostro giogo, tu alleggeriscilo! così dirai loro: Il mio mignolo è più grosso dei fianchi di mio padre. Ora, se mio padre vi caricò di un giogo pesante, io renderò ancora più grave il vostro giogo; mio padre vi castigò con fruste, io vi castigherò con flagelli".
Quando Geroboamo e tutto il popolo si presentarono a Roboamo il terzo giorno, come il re aveva ordinato affermando: "Ritornate da me il terzo giorno", il re rispose duramente al popolo respingendo il consiglio degli anziani; egli disse loro secondo il consiglio dei giovani: "Mio padre vi ha imposto un giogo pesante; io renderò ancora più grave il vostro giogo. Mio padre vi ha castigati con fruste, io vi castigherò con flagelli". Il re non ascoltò il popolo; ciò accadde per disposizione del Signore, perché si attuasse la parola che il Signore aveva rivolta a Geroboamo, figlio di Nebàt, per mezzo di Achia di Silo. Quando compresero che il re non dava loro ascolto, tutti gli Israeliti risposero al re: "Che parte abbiamo con Davide? Israele andò alle sue tende. Sugli Israeliti che abitavano nelle città di Giuda regnò Roboamo.
Il re Roboamo mandò Adoniram, che era sovrintendente ai lavori forzati, ma tutti gli Israeliti lo lapidarono ed egli morì. Allora il re Roboamo salì in fretta sul carro per fuggire in Gerusalemme. Israele si ribellò alla casa di Davide fino ad oggi. Quando tutto Israele seppe che era tornato Geroboamo, lo mandarono a chiamare perché partecipasse all'assemblea; lo proclamarono re di tutto Israele. Nessuno seguì la casa di Davide, se non la tribù di Giuda. Roboamo, giunto in Gerusalemme, convocò tutta la casa di Giuda e la tribù di Beniamino, centottantamila guerrieri scelti, per combattere contro Israele e per restituire il regno a Roboamo, figlio di Salomone. Ma il Signore disse a Semeia, uomo di Dio: "Riferisci a Roboamo figlio di Salomone, re di Giuda, a tutta la casa di Giuda e di Beniamino e al resto del popolo: Dice il Signore: Non marciate per combattere contro i vostri fratelli israeliti; ognuno ritorni a casa, perché questa situazione è stata voluta da me". Ascoltarono la parola del Signore e tornarono indietro come aveva ordinato loro il Signore. Geroboamo fortificò Sichem sulle montagne di Èfraim e vi pose la residenza. Uscito di lì, fortificò Penuèl.
Geroboamo pensò: "In questa situazione il regno potrebbe tornare alla casa di Davide. Se questo popolo verrà a Gerusalemme per compiervi sacrifici nel tempio, il cuore di questo popolo si rivolgerà verso il suo signore, verso Roboamo re di Giuda; mi uccideranno e ritorneranno da Roboamo, re di Giuda". Consigliatosi, il re preparò due vitelli d'oro e disse al popolo: "Siete andati troppo a Gerusalemme! Ecco, Israele, il tuo dio, che ti ha fatto uscire dal paese d'Egitto". Ne collocò uno a Betel e l'altro lo pose in Dan. Questo fatto portò al peccato; il popolo, infatti, andava sino a Dan per prostrarsi davanti a uno di quelli. Egli edificò templi sulle alture e costituì sacerdoti, presi qua e là dal popolo, i quali non erano discendenti di Levi. Geroboamo istituì una festa nell'ottavo mese, il quindici del mese, simile alla festa che si celebrava in Giuda. Egli stesso salì sull'altare; così fece a Betel per sacrificare ai vitelli che aveva eretti; a Betel stabilì sacerdoti dei templi da lui eretti sulle alture. Il quindici dell'ottavo mese salì sull'altare che aveva eretto a Betel; istituì una festa per gli Israeliti e salì sull'altare per offrire incenso.
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Un uomo di Dio, per comando del Signore, si portò da Giuda a Betel, mentre Geroboamo stava sull'altare per offrire incenso. Per comando del Signore, quegli gridò verso l'altare: "Altare, altare, così dice il Signore: Ecco nascerà un figlio nella casa di Davide, chiamato Giosia, il quale immolerà su di te i sacerdoti delle alture che hanno offerto incenso su di te, e brucerà su di te ossa umane". E ne diede una prova, dicendo: "Questa è la prova che il Signore parla: ecco l'altare si spaccherà e si spanderà la cenere che vi è sopra". Appena sentì il messaggio che l'uomo di Dio aveva proferito contro l'altare di Betel, il re Geroboamo tese la mano dall'altare dicendo: "Afferratelo!". Ma la sua mano, tesa contro di quello, gli si paralizzò e non la potè ritirare a sé. L'altare si spaccò e si sparse la cenere dell'altare secondo il segno dato dall'uomo di Dio per comando del Signore. Presa la parola, il re disse all'uomo di Dio: "Placa il volto del Signore tuo Dio e prega per me perché mi sia resa la mia mano". L'uomo di Dio placò il volto del Signore e la mano del re tornò come era prima. All'uomo di Dio il re disse: "Vieni a casa con me per rinfrancarti; ti darò un regalo". L'uomo di Dio rispose al re: "Anche se mi dessi metà della tua casa, non verrei con te e non mangerei né berrei nulla in questo luogo, perché mi è stato ordinato per comando del Signore: Non mangiare e non bere nulla e non tornare per la strada percorsa nell'andata". Se ne andò per un'altra strada e non tornò per quella che aveva percorsa venendo a Betel. Ora viveva a Betel un vecchio profeta, al quale i figli andarono a riferire quanto aveva fatto quel giorno l'uomo di Dio a Betel; essi riferirono al loro padre anche le parole che quegli aveva dette al re. Il vecchio profeta domandò loro: "Quale via ha preso?". I suoi figli gli indicarono la via presa dall'uomo di Dio, che era venuto da Giuda. Ed egli disse ai suoi figli: "Sellatemi l'asino!". Gli sellarono l'asino ed egli vi montò sopra per inseguire l'uomo di Dio che trovò seduto sotto una quercia. Gli domandò: "Sei tu l'uomo di Dio, venuto da Giuda?". Rispose: "Sono io". L'altro gli disse: "Vieni a casa con me per mangiare qualcosa". Egli rispose: "Non posso venire con te né mangiare o bere nulla in questo luogo, perché ho ricevuto questo comando per ordine del Signore: Non mangiare e non bere là nulla e non ritornare per la strada percorsa nell'andata". Quegli disse: "Anch'io sono profeta come te; ora un angelo mi ha detto per ordine di Dio: Fallo tornare con te nella tua casa, perché mangi e beva qualcosa". Egli mentiva a costui, che ritornò con lui, mangiò e bevve nella sua casa.
Mentre essi stavano seduti a tavola, il Signore parlò al profeta che aveva fatto tornare indietro l'altro ed egli gridò all'uomo di Dio che era venuto da Giuda: "Così dice il Signore: Poiché ti sei ribellato all'ordine del Signore, non hai ascoltato il comando che ti ha dato il Signore tuo Dio, sei tornato indietro, hai mangiato e bevuto in questo luogo, sebbene ti fosse stato prescritto di non mangiarvi o bervi nulla, il tuo cadavere non entrerà nel sepolcro dei tuoi padri". Dopo che ebbero mangiato e bevuto, l'altro sellò l'asino per il profeta che aveva fatto ritornare e quegli partì. Un leone lo trovò per strada e l'uccise; il suo cadavere rimase steso sulla strada, mentre l'asino se ne stava là vicino e anche il leone stava vicino al cadavere. Ora alcuni passanti videro il cadavere steso sulla strada e il leone che se ne stava vicino al cadavere. Essi andarono e divulgarono il fatto nella città ove dimorava il vecchio profeta. Avendolo saputo, il profeta che l'aveva fatto ritornare dalla strada disse: "Quello è un uomo di Dio, che si è ribellato all'ordine del Signore; per questo il Signore l'ha consegnato al leone, che l'ha abbattuto e ucciso secondo la parola comunicatagli dal Signore". Egli aggiunse ai figli: "Sellatemi l'asino". Quando l'asino fu sellato, egli andò e trovò il cadavere di lui steso sulla strada con l'asino e il leone accanto. Il leone non aveva mangiato il cadavere né sbranato l'asino. Il profeta prese il cadavere dell'uomo di Dio, lo sistemò sull'asino e se lo portò nella città dove abitava, per piangerlo e seppellirlo. Depose il cadavere nel proprio sepolcro e fece il lamento su di lui: "Ohimè, fratello mio!". Dopo averlo sepolto, disse ai figli: "Alla mia morte mi seppellirete nel sepolcro in cui è stato sepolto l'uomo di Dio; porrete le mie ossa vicino alle sue, poiché certo si avvererà la parola che egli gridò, per ordine del Signore, contro l'altare di Betel e contro tutti i santuari delle alture che sono nelle città di Samaria". Dopo questo fatto, Geroboamo non si convertì dalla sua condotta perversa. Egli continuò a prendere qua e là dal popolo i sacerdoti delle alture e a chiunque lo desiderasse dava l'investitura e quegli diveniva sacerdote delle alture. Tale condotta costituì, per la casa di Geroboamo, il peccato che ne provocò la distruzione e lo sterminio dalla terra. 14
In quel tempo si ammalò Abia, figlio di Geroboamo. Geroboamo disse alla moglie: "Alzati, cambia vestito perché non si sappia che tu sei la moglie di Geroboamo e va' a Silo. Là c'è il profeta Achia, colui che mi disse che avrei regnato su questo popolo. Prendi con te dieci pani, focacce e un vaso di miele; va' da lui. Egli ti rivelerà che cosa avverrà del ragazzo". La moglie di Geroboamo fece così. Si alzò, andò in Silo ed entrò nella casa di Achia, il quale non poteva vedere, perché i suoi occhi erano offuscati per la vecchiaia. Il Signore aveva detto ad Achia: "Ecco, la moglie di Geroboamo viene per chiederti un oracolo sul figlio, che è malato; tu le dirai questo e questo. Arriva travestita". Appena Achia sentì il rumore dei piedi di lei che arrivava alla porta, disse: "Entra, moglie di Geroboamo. Perché ti sei travestita così? Io ho per te cattive notizie. Su, riferisci a Geroboamo: Dice il Signore, Dio di Israele: Io ti ho innalzato dalla turba del popolo costituendoti capo del popolo di Israele, ho strappato il regno dalla casa di Davide e l'ho consegnato a te. Ma tu non ti sei comportato come il mio servo Davide, che osservò i miei comandi e mi seguì con tutto il cuore, facendo solo quanto è giusto davanti ai miei occhi, anzi hai agito peggio di tutti i tuoi predecessori e sei andato a fabbricarti altri dèi e immagini fuse per provocarmi, mentre hai gettato me dietro alle tue spalle. Per questo, ecco, manderò la sventura sulla casa di Geroboamo, distruggerò nella casa di Geroboamo ogni maschio, schiavo o libero in Israele, e spazzerò la casa di Geroboamo come si spazza lo sterco fino alla sua totale scomparsa. I cani divoreranno quanti della casa di Geroboamo moriranno in città; quelli morti in campagna li divoreranno gli uccelli dell'aria, perché il Signore ha parlato. Ma tu alzati, torna a casa; quando i tuoi piedi raggiungeranno la città, il bambino morirà. Ne faranno il lamento tutti gli Israeliti e lo seppelliranno, perché soltanto costui della famiglia di Geroboamo entrerà in un sepolcro, perché in lui solo si è trovato qualcosa di buono da parte del Signore Dio di Israele nella famiglia di Geroboamo. Il Signore stabilirà su Israele un suo re, che distruggerà la famiglia di Geroboamo. Inoltre il Signore percuoterà Israele, il cui agitarsi sarà simile all'agitarsi di una canna sull'acqua. Eliminerà Israele da questo ottimo paese da lui dato ai loro padri e li disperderà oltre il fiume perché si sono eretti i loro pali sacri, provocando così il Signore. Il Signore abbandonerà Israele a causa dei peccati di Geroboamo, commessi da lui e fatti commettere a Israele". La moglie di Geroboamo si alzò e se ne andò a Tirza. Proprio mentre essa entrava nella soglia di casa, il giovinetto morì. Lo seppellirono e tutto Israele ne fece il lamento, secondo la parola del Signore comunicata per mezzo del suo servo, il profeta Achia. Le altre gesta di Geroboamo, le sue guerre e il suo regno, sono descritte nel libro delle Cronache dei re di Israele. La durata del regno di Geroboamo fu di ventidue anni; egli si addormentò con i suoi padri e gli succedette nel regno Nadàb suo figlio. Roboamo, figlio di Salomone, regnò in Giuda. Aveva quarantun anni quando divenne re; regnò diciassette anni in Gerusalemme, città scelta dal Signore fra tutte le tribù di Israele per collocarvi il suo nome. Sua madre, ammonita, si chiamava Naama. Giuda fece ciò che è male agli occhi del Signore; essi provocarono il Signore a gelosia più di quanto non l'avessero fatto tutti i loro padri, con i loro peccati. Anch'essi si costruirono alture, stele e pali sacri su ogni alto colle e sotto ogni albero verde. Inoltre nel paese c'erano prostituti sacri, i quali rinnovarono tutti gli abomini dei popoli che il Signore aveva scacciati davanti agli Israeliti. Nell'anno quinto del re Roboamo, il re di Egitto, Sisach, assalì Gerusalemme. Costui depredò i tesori del tempio e vuotò la reggia dei suoi tesori. Prese anche gli scudi d'oro fatti da Salomone. Roboamo li sostituì con scudi di bronzo, che affidò agli ufficiali delle guardie addette alle porte della reggia. Ogni volta che il re andava nel tempio, le guardie li prendevano, poi li riportavano nella sala delle guardie. Le altre gesta di Roboamo, tutte le sue azioni, sono descritte nel libro delle Cronache dei re di Giuda. Ci fu guerra continua fra Roboamo e Geroboamo. Roboamo si addormentò con i suoi padri e fu sepolto nella città di Davide. Al suo posto divenne re suo figlio Abiam. 15Nell'anno diciottesimo del re
Geroboamo, figlio di Nebàt, divenne re su Giuda Abiam. Egli regnò tre anni in
Gerusalemme. Sua madre si chiamava Maaca, figlia di Assalonne. Egli imitò tutti
i peccati che suo padre aveva commessi prima di lui; il suo cuore non fu
sottomesso al Signore suo Dio, come lo era stato il cuore di Davide suo
antenato. Ma, per amore di Davide, il Signore suo Dio gli concesse una lampada
in Gerusalemme, innalzandone il figlio dopo di lui e rendendo stabile
Gerusalemme, perché Davide aveva fatto ciò che è giusto agli occhi del Signore e
non aveva traviato dai comandi che il Signore gli aveva impartiti, durante tutta
la sua vita, se si eccettua il caso di Uria l'Hittita.
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Elia le disse: "Non temere; su, fa' come hai detto, ma prepara prima una piccola focaccia per me e portamela; quindi ne preparerai per te e per tuo figlio, poiché dice il Signore: La farina della giara non si esaurirà e l'orcio dell'olio non si svuoterà finché il Signore non farà piovere sulla terra". Quella andò e fece come aveva detto Elia. Mangiarono essa, lui e il figlio di lei per diversi giorni. La farina della giara non venne meno e l'orcio dell'olio non diminuì, secondo la parola che il Signore aveva pronunziata per mezzo di Elia.
In seguito il figlio della padrona di casa si ammalò. La sua malattia era molto grave, tanto che rimase senza respiro. Essa allora disse a Elia: "Che c'è fra me e te, o uomo di Dio? Sei venuto da me per rinnovare il ricordo della mia iniquità e per uccidermi il figlio?". Elia le disse: "Dammi tuo figlio". Glielo prese dal seno, lo portò al piano di sopra, dove abitava, e lo stese sul letto. Quindi invocò il Signore:
"Signore mio Dio, forse farai del male a questa vedova che mi ospita, tanto da farle morire il figlio?". Si distese tre volte sul bambino e invocò il Signore: "Signore Dio mio, l'anima del fanciullo torni nel suo corpo". Il Signore ascoltò il grido di Elia; l'anima del bambino tornò nel suo corpo e quegli riprese a vivere. Elia prese il bambino, lo portò al piano terreno e lo consegnò alla madre. Elia disse: "Guarda! Tuo figlio vive". La donna disse a Elia: "Ora so che tu sei uomo di Dio e che la vera parola del Signore è sulla tua bocca".
Dopo molto tempo, il Signore disse a Elia, nell'anno terzo: "Su, mostrati ad Acab; io concederò la pioggia alla terra". Elia andò a farsi vedere da Acab.
In Samaria c'era una grande carestia. Acab convocò Abdia maggiordomo. Abdia temeva molto Dio; quando Gezabele uccideva i profeti del Signore, Abdia prese cento profeti e ne nascose cinquanta alla volta in una caverna e procurò loro pane e acqua. Acab disse ad Abdia: "Va' nel paese verso tutte le sorgenti e tutti i torrenti della regione; forse troveremo erba per tenere in vita cavalli e muli e non dovremo uccidere una parte del bestiame". Si divisero la regione da percorrere; Acab andò per una strada e Abdia per un'altra.
Mentre Abdia era in cammino, ecco farglisi incontro Elia. Quegli lo riconobbe e si prostrò con la faccia a terra dicendo: "Non sei tu il mio signore Elia?". Gli rispose: "Lo sono; su, di' al tuo padrone: C'è qui Elia". Quegli disse: "Che male ho fatto perché tu consegni il tuo servo ad Acab perché egli mi uccida? Per la vita del Signore tuo Dio, non esiste un popolo o un regno in cui il mio padrone non abbia mandato a cercarti. Se gli rispondevano: Non c'è! egli faceva giurare il popolo o il regno di non averti trovato. Ora tu dici: Su, di' al tuo signore: C'è qui Elia! Appena sarò partito da te, lo spirito del Signore ti porterà in un luogo a me ignoto. Se io vado a riferirlo ad Acab egli, non trovandoti, mi ucciderà; ora il tuo servo teme il Signore fin dalla sua giovinezza. Non ti hanno forse riferito, mio signore, ciò che ho fatto quando Gezabele sterminava tutti i profeti del Signore, come io nascosi cento profeti, cinquanta alla volta, in una caverna e procurai loro pane e acqua? E ora tu comandi: Su, di' al tuo signore: C'è qui Elia? Egli mi ucciderà". Elia rispose: "Per la vita del Signore degli eserciti, alla cui presenza io sto, oggi stesso io mi mostrerò a lui".
Abdia andò incontro ad Acab e gli riferì la cosa. Acab si diresse verso Elia. Appena lo vide, Acab disse a Elia: "Sei tu la rovina di Israele!". Quegli rispose: "Io non rovino Israele, ma piuttosto tu insieme con la tua famiglia, perché avete abbandonato i comandi del Signore e tu hai seguito Baal. Su, con un ordine raduna tutto Israele presso di me sul monte Carmelo insieme con i quattrocentocinquanta profeti di Baal e con i quattrocento profeti di Asera, che mangiano alla tavola di Gezabele".
Acab convocò tutti gli Israeliti e radunò i profeti sul monte Carmelo. Elia si accostò a tutto il popolo e disse: "Fino a quando zoppicherete con i due piedi? Se il Signore è Dio, seguitelo! Se invece lo è Baal, seguite lui!". Il popolo non gli rispose nulla. Elia aggiunse al popolo: "Sono rimasto solo, come profeta del Signore, mentre i profeti di Baal sono quattrocentocinquanta. Dateci due giovenchi; essi se ne scelgano uno, lo squartino e lo pongano sulla legna senza appiccarvi il fuoco. Io preparerò l'altro giovenco e lo porrò sulla legna senza appiccarvi il fuoco. Voi invocherete il nome del vostro dio e io invocherò quello del Signore. La divinità che risponderà concedendo il fuoco è Dio!". Tutto il popolo rispose: "La proposta è buona!".
Elia disse ai profeti di Baal: "Sceglietevi il giovenco e cominciate voi perché siete più numerosi. Invocate il nome del vostro Dio, ma senza appiccare il fuoco". Quelli presero il giovenco, lo prepararono e invocarono il nome di Baal dal mattino fino a mezzogiorno, gridando: "Baal, rispondici!". Ma non si sentiva un alito, né una risposta. Quelli continuavano a saltare intorno all'altare che avevano eretto. Essendo già mezzogiorno, Elia cominciò a beffarsi di loro dicendo: "Gridate con voce più alta, perché egli è un dio! Forse è soprappensiero oppure indaffarato o in viaggio; caso mai fosse addormentato, si sveglierà". Gridarono a voce più forte e si fecero incisioni, secondo il loro costume, con spade e lance, fino a bagnarsi tutti di sangue. Passato il mezzogiorno, quelli ancora agivano da invasati ed era venuto il momento in cui si sogliono offrire i sacrifici, ma non si sentiva alcuna voce né una risposta né un segno di attenzione.
Elia disse a tutto il popolo: "Avvicinatevi!". Tutti si avvicinarono. Si sistemò di nuovo l'altare del Signore che era stato demolito. Elia prese dodici pietre, secondo il numero delle tribù dei discendenti di Giacobbe, al quale il Signore aveva detto: "Israele sarà il tuo nome". Con le pietre eresse un altare al Signore; scavò intorno un canaletto, capace di contenere due misure di seme. Dispose la legna, squartò il giovenco e lo pose sulla legna. Quindi disse: "Riempite quattro brocche d'acqua e versatele sull'olocausto e sulla legna!". Ed essi lo fecero. Egli disse: "Fatelo di nuovo!". Ed essi ripeterono il gesto. Disse ancora: "Per la terza volta!". Lo fecero per la terza volta. L'acqua scorreva intorno all'altare; anche il canaletto si riempì d'acqua. Al momento dell'offerta si avvicinò il profeta Elia e disse: "Signore, Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, oggi si sappia che tu sei Dio in Israele e che io sono tuo servo e che ho fatto tutte queste cose per tuo comando. Rispondimi, Signore, rispondimi e questo popolo sappia che tu sei il Signore Dio e che converti il loro cuore!".
Cadde il fuoco del Signore e consumò l'olocausto, la legna, le pietre e la cenere, prosciugando l'acqua del canaletto. A tal vista, tutti si prostrarono a terra ed esclamarono: "Il Signore è Dio! Il Signore è Dio!". Elia disse loro: "Afferrate i profeti di Baal; non ne scappi uno!". Li afferrarono. Elia li fece scendere nel torrente Kison, ove li scannò. Elia disse ad Acab: "Su, mangia e bevi, perché sento un rumore di pioggia torrenziale". Acab andò a mangiare e a bere. Elia si recò alla cima del Carmelo; gettatosi a terra, pose la faccia tra le proprie ginocchia. Quindi disse al suo ragazzo: "Vieni qui, guarda verso il mare". Quegli andò, guardò e disse. "Non c'è nulla!". Elia disse: "Tornaci ancora per sette volte". La settima volta riferì: "Ecco, una nuvoletta, come una mano d'uomo, sale dal mare". Elia gli disse: "Va' a dire ad Acab: Attacca i cavalli al carro e scendi perché non ti sorprenda la pioggia!". Subito il cielo si oscurò per le nubi e per il vento; la pioggia cadde a dirotto. Acab montò sul carro e se ne andò a Izrèel. La mano del Signore fu sopra Elia che, cintosi i fianchi, corse davanti ad Acab finché giunse a Izrèel.
19
Ivi entrò in una caverna per passarvi la notte, quand'ecco il Signore gli disse: "Che fai qui, Elia?". Egli rispose: "Sono pieno di zelo per il Signore degli eserciti, poiché gli Israeliti hanno abbandonato la tua alleanza, hanno demolito i tuoi altari, hanno ucciso di spada i tuoi profeti. Sono rimasto solo ed essi tentano di togliermi la vita". Gli fu detto: "Esci e fermati sul monte alla presenza del Signore". Ecco, il Signore passò. Ci fu un vento impetuoso e gagliardo da spaccare i monti e spezzare le rocce davanti al Signore, ma il Signore non era nel vento. Dopo il vento ci fu un terremoto, ma il Signore non era nel terremoto. Dopo il terremoto ci fu un fuoco, ma il Signore non era nel fuoco.
Dopo il fuoco ci fu il mormorio di un vento leggero. Come l'udì, Elia si coprì il volto con il mantello, uscì e si fermò all'ingresso della caverna. Ed ecco, sentì una voce che gli diceva: "Che fai qui, Elia?". Egli rispose: "Sono pieno di zelo per il Signore, Dio degli eserciti, poiché gli Israeliti hanno abbandonato la tua alleanza, hanno demolito i tuoi altari, hanno ucciso di spada i tuoi profeti. Sono rimasto solo ed essi tentano di togliermi la vita".
Il Signore gli disse: "Su, ritorna sui tuoi passi verso il deserto di Damasco; giunto là, ungerai Hazaèl come re di Aram. Poi ungerai Ieu, figlio di Nimsi, come re di Israele e ungerai Eliseo figlio di Safàt, di Abel-Mecola, come profeta al tuo posto. Se uno scamperà dalla spada di Hazaèl, lo ucciderà Ieu; se uno scamperà dalla spada di Ieu, lo ucciderà Eliseo. Io poi mi sono risparmiato in Israele settemila persone, quanti non hanno piegato le ginocchia a Baal e quanti non l'hanno baciato con la bocca".
Partito di lì, Elia incontrò Eliseo figlio di Safàt. Costui arava con dodici paia di buoi davanti a sé, mentre egli stesso guidava il decimosecondo. Elia, passandogli vicino, gli gettò addosso il suo mantello. Quegli lasciò i buoi e corse dietro a Elia, dicendogli: "Andrò a baciare mio padre e mia madre, poi ti seguirò". Elia disse: "Va' e torna, perché sai bene che cosa ho fatto di te". Allontanatosi da lui, Eliseo prese un paio di buoi e li uccise; con gli attrezzi per arare ne fece cuocere la carne e la diede alla gente, perché la mangiasse. Quindi si alzò e seguì Elia, entrando al suo servizio.
Ben-Hadàd, re di Aram, radunò tutto il suo esercito; con lui c'erano trentadue re con cavalli e carri. Egli marciò contro Samaria per cingerla d'assedio ed espugnarla. Inviò messaggeri in città ad Acab, re di Israele, per dirgli: "Dice Ben-Hadàd: Il tuo argento e il tuo oro appartiene a me e le tue donne e i tuoi figli minori sono per me". Il re di Israele rispose: "Sia come dici tu, signore re; io e quanto ho siamo tuoi". Ma i messaggeri tornarono di nuovo e dissero: "Dice Ben-Hadàd, il quale ci manda a te: Mi consegnerai il tuo argento, il tuo oro, le tue donne e i tuoi figli. Domani, dunque, a quest'ora, manderò i miei servi che perquisiranno la tua casa e le case dei tuoi servi; essi prenderanno e asporteranno quanto sarà prezioso ai loro occhi". Il re di Israele convocò tutti gli anziani della regione, ai quali disse: "Sappiate e vedete come costui ci voglia far del male. Difatti mi ha mandato a chiedere anche le mie donne e i miei figli, dopo che io non gli avevo rifiutato il mio argento e il mio oro". Tutti gli anziani e tutto il popolo dissero: "Non ascoltarlo e non consentire!". Egli disse ai messaggeri di Ben-Hadàd: "Dite al re vostro signore: Quanto hai imposto prima al tuo servo lo farò, ma la nuova richiesta non posso soddisfarla". I messaggeri andarono a riferire la risposta. Ben-Hadàd allora gli mandò a dire: "Gli dèi mi facciano questo e anche di peggio, se la polvere di Samaria basterà per riempire il pugno di coloro che mi seguono". Il re di Israele rispose: "Riferitegli: Chi cinge le armi non si vanti come chi le depone". Nell'udire questa risposta - egli stava insieme con i re a bere sotto le tende - disse ai suoi ufficiali: "Circondate la città!". Ed essi la circondarono.
Ed ecco un profeta si avvicinò ad Acab, re di Israele, per dirgli: "Così dice il Signore: Vedi tutta questa moltitudine immensa? Ebbene oggi la metto in tuo potere; saprai che io sono il Signore". Acab disse: "Per mezzo di chi?". Quegli rispose: "Così dice il Signore: Per mezzo dei giovani dei capi delle province". Domandò: "Chi attaccherà la battaglia?". Rispose: "Tu!". Acab ispezionò i giovani dei capi delle province; erano duecentotrentadue. Dopo di loro ispezionò tutto il popolo, tutti gli Israeliti: erano settemila. A mezzogiorno fecero una sortita. Ben-Hadàd stava bevendo sotto le tende insieme con i trentadue re suoi alleati. Per primi uscirono i giovani dei capi delle province. Fu mandato ad avvertire Ben-Hadàd: "Alcuni uomini sono usciti da Samaria!". Quegli disse: "Se sono usciti con intenzioni pacifiche, catturateli vivi; se sono usciti per combattere, catturateli ugualmente vivi". Usciti dunque quelli dalla città, cioè i giovani dei capi delle province e l'esercito che li seguiva, ognuno di loro uccise chi gli si fece davanti. Gli Aramei fuggirono, inseguiti da Israele. Ben-Hadàd, re di Aram, scampò a cavallo insieme con alcuni cavalieri. Uscì quindi il re di Israele, che si impadronì dei cavalli e dei carri e inflisse ad Aram una grande sconfitta.
Allora il profeta si avvicinò al re di Israele e gli disse: "Su, sii forte; sappi e vedi quanto dovrai fare, perché l'anno prossimo il re di Aram muoverà contro di te".
Ma i servi del re di Aram dissero a lui: "Il loro Dio è un Dio dei monti; per questo ci sono stati superiori; forse se li attaccassimo in pianura, saremmo superiori a loro. Eseguisci questo progetto: ritira i re, ognuno dal suo luogo, e sostituiscili con governatori. Tu prepara un esercito come quello che hai perduto: cavalli come quei cavalli e carri come quei carri; quindi li attaccheremo in pianura e senza dubbio li batteremo". Egli ascoltò la loro proposta e agì in tal modo.
L'anno dopo, Ben-Hadàd ispezionò gli Aramei, quindi andò ad Afek per attaccare gli Israeliti. Gli Israeliti, organizzati e approvvigionati, mossero loro incontro, accampandosi di fronte; sembravano due greggi di capre, mentre gli Aramei inondavano il paese.
Un uomo di Dio si avvicinò al re d'Israele e gli disse: "Così dice il Signore: Poiché gli Aramei hanno affermato: Il Signore è Dio dei monti e non Dio delle valli, io metterò in tuo potere tutta questa moltitudine immensa; così saprai che io sono il Signore". Per sette giorni stettero accampati gli uni di fronte agli altri. Al settimo giorno si attaccò battaglia. Gli Israeliti in un giorno uccisero centomila fanti aramei. I superstiti fuggirono in Afek, nella città, le cui mura caddero sui ventisettemila superstiti.
Ben-Hadàd fuggì; entrato in una casa, per nascondersi passava da una stanza all'altra. I suoi ministri gli dissero: "Ecco, abbiamo sentito che i re di Israele sono re clementi. Indossiamo sacchi ai fianchi e mettiamoci corde sulla testa e usciamo incontro al re di Israele. Forse ti lascerà in vita". Si legarono sacchi ai fianchi e corde sulla testa, quindi si presentarono al re di Israele e dissero: "Il tuo servo Ben-Hadàd dice: Su, lasciami in vita!". Quegli domandò: "È ancora vivo? Egli è mio fratello!". Gli uomini vi scorsero un buon auspicio, si affrettarono a cercarne una conferma da lui. Dissero: "Ben-Hadàd è tuo fratello!". Quegli soggiunse: "Andate a prenderlo". Ben-Hadàd si recò da lui, che lo fece salire sul carro. Ben-Hadàd gli disse: "Restituirò le città che mio padre ha prese a tuo padre; tu potrai disporre di mercati in Damasco come mio padre ne aveva in Samaria". Ed egli: "Io a questo patto ti lascerò andare". E concluse con lui l'alleanza e lo lasciò andare.
Allora uno dei figli dei profeti disse al compagno per ordine del Signore: "Picchiami!". L'uomo si rifiutò di picchiarlo. Quegli disse: "Poiché non hai obbedito alla voce del Signore, appena ti sarai separato da me, un leone ti ucciderà". Mentre si allontanava, incontrò un leone che l'uccise. Quegli, incontrato un altro uomo, gli disse: "Picchiami!". E quegli lo percosse a sangue. Il profeta andò ad attendere il re sulla strada, dopo essersi reso irriconoscibile con una benda agli occhi. Quando passò il re, gli gridò: "Il tuo servo era nel cuore della battaglia, quando un uomo si staccò e mi portò un individuo dicendomi: Fa' la guardia a quest'uomo! Se ti scappa, la tua vita pagherà per la sua oppure dovrai sborsare un talento d'argento. Mentre il tuo servo era occupato qua e là, quegli scomparve". Il re di Israele disse a lui: "La tua condanna è giusta; l'hai proferita tu stesso!". Ma quegli immediatamente si tolse la benda dagli occhi e il re di Israele riconobbe che era uno dei profeti. Costui gli disse: "Così dice il Signore: Perché hai lasciato andare libero quell'uomo da me votato allo sterminio, la tua vita pagherà per la sua, il tuo popolo per il suo popolo". Il re di Israele se ne andò a casa amareggiato e irritato ed entrò in Samaria.
In seguito avvenne il seguente episodio. Nabot di Izreèl possedeva una vigna vicino al palazzo di Acab re di Samaria. Acab disse a Nabot: "Cedimi la tua vigna; siccome è vicina alla mia casa, ne farei un orto. In cambio ti darò una vigna migliore oppure, se preferisci, te la pagherò in denaro al prezzo che vale". Nabot rispose ad Acab: "Mi guardi il Signore dal cederti l'eredità dei miei padri".
Acab se ne andò a casa amareggiato e sdegnato per le parole dettegli da Nabot di Izreèl, che aveva affermato: "Non ti cederò l'eredità dei miei padri". Si coricò sul letto, si girò verso la parete e non volle mangiare. Entrò da lui la moglie Gezabele e gli domandò: "Perché mai il tuo spirito è tanto amareggiato e perché non vuoi mangiare?". Le rispose: "Perché ho detto a Nabot di Izreèl: Cedimi la tua vigna per denaro o, se preferisci, te la cambierò con un'altra vigna ed egli mi ha risposto: Non cederò la mia vigna!". Allora sua moglie Gezabele gli disse: "Tu ora eserciti il regno su Israele? Alzati, mangia e il tuo cuore gioisca. Te la darò io la vigna di Nabot di Izreèl!".
Essa scrisse lettere con il nome di Acab, le sigillò con il suo sigillo, quindi le spedì agli anziani e ai capi, che abitavano nella città di Nabot. Nelle lettere scrisse: "Bandite un digiuno e fate sedere Nabot in prima fila tra il popolo. Di fronte a lui fate sedere due uomini iniqui, i quali l'accusino: Hai maledetto Dio e il re! Quindi conducetelo fuori e lapidatelo ed egli muoia". Gli uomini della città di Nabot, gli anziani e i capi che abitavano nella sua città, fecero come aveva ordinato loro Gezabele, ossia come era scritto nelle lettere che aveva loro spedite. Bandirono il digiuno e fecero sedere Nabot in prima fila tra il popolo. Vennero due uomini iniqui, che si sedettero di fronte a lui. Costoro accusarono Nabot davanti al popolo affermando: "Nabot ha maledetto Dio e il re". Lo condussero fuori della città e lo uccisero lapidandolo. Quindi mandarono a dire a Gezabele: "Nabot è stato lapidato ed è morto". Appena sentì che Nabot era stato lapidato e che era morto, disse ad Acab: "Su, impadronisciti della vigna di Nabot di Izreèl, il quale ha rifiutato di vendertela, perché Nabot non vive più, è morto". Quando sentì che Nabot era morto, Acab si mosse per scendere nella vigna di Nabot di Izreèl a prenderla in possesso.
Allora il Signore disse a Elia il Tisbita: "Su, recati da Acab, re di Israele, che abita in Samaria; ecco è nella vigna di Nabot, ove è sceso a prenderla in possesso. Gli riferirai: Così dice il Signore: Hai assassinato e ora usurpi! Per questo dice il Signore: Nel punto ove lambirono il sangue di Nabot, i cani lambiranno anche il tuo sangue". Acab disse a Elia: "Mi hai dunque colto in fallo, o mio nemico!". Quegli soggiunse: "Sì, perché ti sei venduto per fare ciò che è male agli occhi del Signore. Ecco ti farò piombare addosso una sciagura; ti spazzerò via. Sterminerò, nella casa di Acab, ogni maschio, schiavo o libero in Israele. Renderò la tua casa come la casa di Geroboamo, figlio di Nebàt, e come la casa di Baasa, figlio di Achia, perché tu mi hai irritato e hai fatto peccare Israele. Riguardo poi a Gezabele il Signore dice: I cani divoreranno Gezabele nel campo di Izreèl. Quanti della famiglia di Acab moriranno in città li divoreranno i cani; quanti moriranno in campagna li divoreranno gli uccelli dell'aria".
In realtà nessuno si è mai venduto a fare il male agli occhi del Signore come Acab, istigato dalla propria moglie Gezabele. Commise molti abomini, seguendo gli idoli, come avevano fatto gli Amorrei, che il Signore aveva distrutto davanti ai figli d'Israele. Quando sentì tali parole, Acab si strappò le vesti, indossò un sacco sulla carne e digiunò; si coricava con il sacco e camminava a testa bassa. Il Signore disse a Elia, il Tisbita: "Hai visto come Acab si è umiliato davanti a me? Poiché si è umiliato davanti a me, non farò piombare la sciagura durante la sua vita, ma la farò scendere sulla sua casa durante la vita del figlio".
Passarono tre anni di pace fra Aram e Israele. Nel terzo anno Giòsafat re di Giuda andò dal re di Israele. Ora il re di Israele aveva detto ai suoi ufficiali: "Non sapete che Ramot di Gàlaad è nostra? Eppure noi ce ne stiamo senza far nulla, senza riconquistarla dalle mani di Aram". Disse a Giòsafat: "Verresti con me a combattere per Ramot di Gàlaad?". Giòsafat rispose: "Conta su di me come su te stesso, sul mio popolo come sul tuo, sui miei cavalli come sui tuoi".
Giòsafat disse al re di Israele: "Va a consultare oggi stesso la parola del Signore". Il re di Israele riunì i profeti, circa quattrocento, e domandò loro: "Devo muovere contro Ramot di Gàlaad oppure devo farne a meno?". Risposero: "Attaccala; il Signore la metterà nelle mani del re". Giòsafat disse: "Non c'è più nessun altro profeta del Signore da consultare?". Il re di Israele rispose a Giòsafat: "Ci sarebbe ancora un uomo, attraverso il quale si potrebbe consultare il Signore, ma io lo detesto perché non mi predice altro che male, mai qualcosa di buono. Si tratta di Michea, figlio di Imla". Giòsafat disse: "Il re non parli così!". Il re di Israele, chiamato un eunuco, gli ordinò: "Convoca subito Michea, figlio di Imla".
Il re di Israele e Giòsafat re di Giuda sedevano ognuno sul suo trono, vestiti dei loro mantelli, nell'aia di fronte alla porta di Samaria; tutti i profeti predicevano davanti a loro. Sedecìa, figlio di Chenaana, che si era fatte corna di ferro, affermava: "Dice il Signore: Con queste cozzerai contro gli Aramei fino al loro sterminio". Tutti i profeti predicevano allo stesso modo: "Assali Ramot di Gàlaad, riuscirai. Il Signore la metterà nelle mani del re".
Il messaggero, che era andato a chiamare Michea, gli disse: "Ecco, le parole dei profeti sono concordi nel predire il successo del re; ora la tua parola sia identica alla loro; preannunzia il successo". Michea rispose: "Per la vita del Signore, comunicherò quanto il Signore mi dirà". Si presentò al re che gli domandò: "Michea, dobbiamo muovere contro Ramot di Gàlaad oppure dobbiamo rinunziarvi?". Gli rispose: "Attaccala, riuscirai; il Signore la metterà nelle mani del re". Il re gli disse: "Quante volte ti devo scongiurare di non dirmi se non la verità nel nome del Signore?". Quegli disse:
"Vedo tutti gli Israeliti
vagare sui monti
come pecore senza pastore.
Il Signore dice: Non hanno padroni; ognuno torni a casa in pace".
Il re di Israele disse a Giòsafat: "Non te l'avevo forse detto che non mi avrebbe profetizzato nulla di buono, ma solo il male?". Michea disse: "Per questo, ascolta la parola del Signore. Io ho visto il Signore seduto sul trono; tutto l'esercito del cielo gli stava intorno, a destra e a sinistra. Il Signore ha domandato: Chi ingannerà Acab perché muova contro Ramot di Gàlaad e vi perisca? Chi ha risposto in un modo e chi in un altro. Si è fatto avanti uno spirito che - postosi davanti al Signore - ha detto: Lo ingannerò io. Il Signore gli ha domandato: Come? Ha risposto: Andrò e diventerò spirito di menzogna sulla bocca di tutti i suoi profeti. Quegli ha detto: Lo ingannerai senz'altro; ci riuscirai; va' e fa' così. Ecco, dunque, il Signore ha messo uno spirito di menzogna sulla bocca di tutti questi tuoi profeti; ma il Signore a tuo riguardo preannunzia una sciagura".
Allora Sedecìa, figlio di Chenaana, si avvicinò e percosse Michea sulla guancia dicendo: "Per quale via lo spirito del Signore è passato quando è uscito da me per parlare a te?". Michea rispose: "Ecco, lo vedrai quando passerai di stanza in stanza per nasconderti". Il re di Israele disse: "Prendi Michea e conducilo da Amon governatore della città e da Ioas figlio del re. Dirai loro: Il re ordina: Mettetelo in prigione e mantenetelo con il minimo indispensabile di pane e di acqua finché tornerò sano e salvo". Michea disse: "Se tornerai in pace, il Signore non ha parlato per mio mezzo".
Il re di Israele marciò, insieme con Giòsafat re di Giuda, contro Ramot di Gàlaad. Il re di Israele disse a Giòsafat: "Io per combattere mi travestirò: tu resta con i tuoi abiti". Il re di Israele si travestì ed entrò in battaglia. Il re di Aram aveva ordinato ai capi dei suoi carri - erano trentadue -: "Non combattete contro nessuno, piccolo o grande, se non contro il re di Israele". Appena videro Giòsafat, i capi dei carri dissero: "Certo, questi è il re di Israele". Si volsero contro di lui per investirlo. Giòsafat lanciò un grido e allora i capi dei carri si accorsero che egli non era il re di Israele e si allontanarono da lui.
Ma un uomo tese a caso l'arco e colpì il re di Israele fra le maglie dell'armatura e la corazza. Il re disse al suo cocchiere: "Gira, portami fuori della mischia, perché sono ferito". La battaglia infuriò per tutto quel giorno; il re se ne stava sul suo carro di fronte agli Aramei. Alla sera morì; il sangue della sua ferita era colato sul fondo del carro. Al tramonto un grido si diffuse per l'accampamento: "Ognuno alla sua città e ognuno alla sua tenda! Il re è morto!". Lo portarono in Samaria e là lo seppellirono. Il carro fu lavato nella piscina di Samaria dove si lavavano le prostitute e i cani leccarono il suo sangue, secondo la parola pronunziata dal Signore.
Le altre gesta di Acab, tutte le sue azioni, la costruzione della casa d'avorio e delle città da lui erette, sono descritte nel libro delle Cronache dei re di Israele. Acab si addormentò con i suoi padri. Al suo posto divenne re suo figlio Acazia.
Giòsafat figlio di Asa divenne re su Giuda l'anno quarto di Acab, re di Israele. Quando divenne re, Giòsafat aveva trentacinque anni; regnò venticinque anni in Gerusalemme. Sua madre si chiamava Azuba figlia di Silchi. Imitò in tutto la condotta di Asa suo padre, senza deviazioni, facendo ciò che è giusto agli occhi del Signore. Ma non scomparvero le alture; il popolo ancora sacrificava e offriva incenso sulle alture. Giòsafat fu in pace con il re di Israele. Le altre gesta di Giòsafat, le prodezze compiute da lui e le sue guerre sono descritte nel libro delle Cronache dei re di Giuda. Egli spazzò via dalla regione il resto dei prostituti sacri, che esistevano al tempo di suo padre Asa.
Allora non c'era re in Edom; lo sostituiva un governatore. Giòsafat costruì navi di Tarsis per andare a cercare l'oro in Ofir; ma non ci andò, perché le navi si sfasciarono in Ezion-Gheber. Allora Acazia, figlio di Acab, disse a Giòsafat: "I miei servi si uniscano ai tuoi per costituire gli equipaggi delle navi". Ma Giòsafat non accettò. Giòsafat si addormentò con i suoi padri, con i quali fu sepolto nella città di Davide suo antenato e al suo posto divenne re suo figlio Ioram.
Acazia, figlio di Acab, divenne re d'Israele in Samaria nell'anno diciassette di Giòsafat, re di Giuda; regnò due anni su Israele. Fece ciò che è male agli occhi del Signore; imitò la condotta di suo padre, quella di sua madre e quella di Geroboamo, figlio di Nebàt, che aveva fatto peccare Israele. Venerò Baal e si prostrò davanti a lui irritando il Signore, Dio di Israele, proprio come aveva fatto suo padre.